L'Orientale per Mario Agrimi

 

L'Orientale per Mario Agrimi

un momento della giornata

L’Orientale ha ricordato l'illustre studioso con una giornata in memoria alla presenza della moglie Laura. Commossa partecipazione della Comunità universitaria

“Se n’è andato in silenzio, con garbo come suo solito”, ha ricordato in apertura il Rettore Lida Viganoni, che ha sottolineato come Mario Agrimi fosse “ammirato per le sue qualità accademiche e amato per quelle umane”. La sua passione per l’Università, considerata “sede di valori e virtù civili essenziali”, e quella per l’Orientale in particolar modo, lo ha portato a ricoprire con il suo usuale entusiasmo numerosi ruoli all’interno di questo Ateneo: prima come docente di Filosofia della Storia e Filosofia Morale, in seguito come Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e dal 1998 come Rettore. In chiusura Lida Viganoni ricorderà anche l'ultima telefonata scambiata con il suo collega: "Mario, come stai?", e lui a risponderle che non era il caso di parlare della sua salute: "Parlami piuttosto dell'Orientale!". Ancora pochi, pochissimi giorni e se ne sarebbe andato. Questo era Agrimi. Gli anni del suo rettorato sono stati caratterizzati da due diverse tendenze: da una parte la rottura dei vecchi schemi conoscitivi in favore di nuovi approcci, dall’altra l’unificazione e la coesione, per sanare la distanza internamente avvertita tra la Facoltà di Lettere e Filosofia e quella di Lingue e Letterature Straniere. “Mi piace ricordarlo così: con la sua straordinaria statura di studioso e la sua umanità fuori dal comune, qualità difficili da trovare riunite in una sola persona”: questa la conclusione dell'intervento del Rettore Viganoni, comprensibilmente emozionato. Un intervento nel quale è emerso con chiarezza, al di là delle parole stesse del Rettore, che non occorreva ad Agrimi proteggersi nella torre eburnea della costruzione artificiosa della personalità per essere un grande: l'umanità prima di tutto, e dimostrata senza avarizia, complessi, presunzioni, paraventi, doppi livelli, esclusioni, richieste padronesche di riguardo non sempre propriamente necessario. Insomma, un uomo con la iniziale maiuscola (come preciserà di lì a poco Rossella Bonito Oliva in un breve e intenso intervento, molto significativo), che non aveva bisogno di rifugiarsi dietro i titoli o il curriculum e che all'occorrenza sapeva tuttavia ascoltare chiunque. Senza preclusioni, senza timore di doversi proteggere dietro i canoni stucchevoli di una visione dell'università ormai superata, e capace di confrontarsi con le intelligenze prima che con le medagliette o i titoli. Valorizzando, portando in alto, ma anche tuonando quando necessario. Straordinaria, a questo proposito, la testimonianza offerta dal professore Fabio Amato, che durante il rettorato di Mario Agrimi fu addetto stampa. Amneris Roselli, che ricopre attualmente la carica di Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia che fu anche di Agrimi, ha ricordato di essere arrivata all’Orientale solo dopo alcune fondamentali vicende che avevano reso Agrimi "connaturato" alla storia dell'ateneo. Ha raccontato però come, sfogliando i verbali di Facoltà sia stato possibile rendersi conto delle difficoltà che l’allora Preside Agrimi dovette affrontare, trovandosi a gestire una Facoltà in crescita e che necessitava di un riassetto dei corsi e di una sostanziale riorganizzazione. Compito portato avanti con passione, con intelligenza e con l’aspirazione a rendere sempre più L’Orientale un ambiente congeniale all’innovazione e alla creazione. In quegli anni, l'antico Ateneo campano era “un cantiere aperto”, tutto da ricreare, anche a causa delle incertezze e delle novità che la riforma universitaria introdotta in quegli anni causava. Alberto Postigliola, attualmente Direttore del Dipartimento di Filosofia e Politica, ha voluto ricordare il suo primo incontro con Mario Agrimi nel 1978, quando fu da lui individuato per l’assegnazione di un incarico come docente. Il professor Postigliola ha rievocato questo episodio come una “sorta di iniziazione ad un impegno personale e pubblico, in cui l’aspetto didattico, scientifico e istituzionale erano interconnessi”. Ha inoltre riconosciuto l’enorme contributo alla fondazione e all'attività del Dipartimento di Filosofia e Politica, una creatura di Agrimi e di De Giovanni che diedero a questo organismo uno stampo di estrema apertura, pur mantenendo negli studi filosofici il suo nucleo centrale. Con la sua solita “generosa irruenza”, continua a ricordare Postigliola, Agrimi si è dedicato a una profonda ricomposizione dell’Orientale, un’istituzione che lui concepiva come aperta a tutte le culture del mondo. Il successivo intervento del professore Ciriello – prorettore con Agrimi e poi Rettore egli stesso - ha dipinto un ritratto peculiare del suo predecessore, esprimendo il suo “disagio nel ricordare in occasione della scomparsa una persona il cui tratto fondamentale era proprio un’esuberante vitalità”. Ha evidenziato la sua acutezza nel leggere “politicamente” tutto il mondo circostante, qualità che lo caratterizzava sia nella sua vita privata sia in quella professionale. Agrimi riconosceva in pieno che il principale tratto distintivo dell’Ateneo risiedeva negli studi orientalistici e nelle innumerevoli strade che era possibile intraprendere in questo campo, e il suo punto di vista da occidentalista garantiva il giusto distacco per evidenziare luci e ombre dell’orientalistica. Lidia Curti, nominata Prorettore durante il mandato di Agrimi, ha di nuovo sottolineato il carattere di mediazione e conciliazione fra le varie Facoltà dell’Ateneo dell’operato di Agrimi, il quale non a caso innovò nominando due Prorettori per rappresentare le due anime degli studi che si conducono all’Orientale, quella orientalistica e quella occidentalistica. La professoressa Curti ha impreziosito il suo intervento col ricordo della natura profondamente umana di Mario Agrimi, un “carattere estroverso e impetuoso dall’entusiasmo sempre temperato dall’intelligenza”. Biagio De Giovanni ha poi centrato il suo intervento soprattutto sull’aspetto umano del professore Agrimi, ricordando il già citato attaccamento all’Orientale, la sua propensione a mettere sempre al primo posto la sfera pubblica rispetto a quella privata, la capacità del suo pensiero di unire teoresi e pragmatismo, associato a un incrollabile ottimismo come uomo e come intellettuale, tutti tasselli di una personalità complessa. Secondo Domenico Silvestri, l’indole esuberante di Agrimi veniva fuori anche negli accadimenti quotidiani, come quando proponeva di dividere e condividere una semplice pizza alle riunioni, un “segmento, questo, pertinente a dipingere un intero modo di vivere in nome della condivisione”. Ha voluto ricordare l’amico e collega attraverso quelli che ha definito due “poeti dell’allontanamento”: Giacomo da Lentini e la sua idea di contemplazione e allo stesso tempo negazione nel sonetto Eo viso, e son diviso da lo viso, assieme al Montale che scriveva “Visione, una distanza ci divide”. Ha citato, poi, il De amicitia di Cicerone, paragonando la concezione dell’amicizia espressavi a quella di Agrimi che “voleva che tutte le persone care potessero attraverso di lui crescere” – niente di più lontano dalla temperie sociale e politica attuale, in cui si cerca di crescere/accrescersi a scapito degli altri, ha osservato Silvestri. E ancora: un uomo sanguigno che amava il dialogo, con una grande “passione per la ragione” e che faceva un “uso eccellente della mente”, senza però salire sul piedistallo dell’accademico. Agrimi era, nelle parole di Silvestri, “campione di un agonismo che non cessava mai di essere solidale”. Numerose sono state le altre testimonianze cariche di emozione, i ricordi sinceri e talvolta inaspettati, offerti nel corso del tributo a questa personalità che mai ha smesso di essere persona vera e vitale, come emerge dalla presenza sorprendentemente trasversale di coloro che hanno condiviso con Agrimi parte della vita, professionale o privata che fosse. Dopo gli interventi dei relatori previsti nel programma sono stati infatti in tanti ad avvicinarsi al microfono per commemorare, ringraziare o semplicemente raccontare un episodio anche scherzoso che contribuisse con una pennellata a tinteggiare il ritratto di Mario Agrimi. Agrimi uomo, Agrimi Rettore, Agrimi docente e maestro di vita. Significativa la testimonianza offerta da Umberto Cinque, che ha parlato a nome del personale tecnico ed amministrativo. Più volte citate anche le parole che l’amico e collega Francesco De Sio Lazzari ha scritto nel volumetto Un umanista leccese. Ricordo di Mario Agrimi: “In Mario Agrimi c’era un intenso amore per la vita. Non un amore impulsivo e sfrenato. Era un amore più sottile, educato a essere anche politico. Nel senso che l’amore per la vita è diventato, in lui, amore per gli altri, e dunque passione politica. Agrimi era molto convinto che ogni cosa avesse un valore politico, ma la sua umanità emergeva sempre. Può sembrare una contraddizione, ma chi l’ha conosciuto può comprenderla molto bene.”
“Si può andare avanti?”, si chiede Lazzari sul finire del suo personale contributo alla memoria dell’amico Agrimi. Se i presenti riuscivano ancora a sorridere al ricordo del gioioso “Evviva!” pronunciato così spesso dal compianto Mario Agrimi, ebbene, gli insegnamenti di questo uomo straordinario, il suo “invito alla vita e alla reciproca solidarietà” non perderanno certamente vigore neanche negli anni a venire.

Mariavittoria Petrella, Michele Trocchia

> È morto Mario Agrimi
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