Luisa Villanova: Erasmus Placement? Un’esperienza unica per crescere
Luisa Villanova: Erasmus Placement? Un’esperienza unica per crescere
Il Web Magazine d'ateneo ha incontrato Luisa Villanova, iscritta al secondo anno della laurea magistrale in Lingue e letterature europee e americane (percorso spagnolo). Rientrata pochi mesi fa dalla Spagna, dove ha svolto un tirocinio presso la rivista culturale Intramuros, ci ha raccontato la sua esperienza
Cominciamo con un bilancio. Progetto Erasmus Placement, ne vale la pena? Se sì, perché?
“Assolutamente sì! Rinunciare a questa grossa possibilità che l’università ci offre è da pazzi: è un’occasione per crescere, migliorarsi, mettersi in gioco, conoscere il mondo ma soprattutto se stessi.”
Perché ha scelto il Placement e non l’Erasmus studio?
“È stato per caso. In realtà avevo presentato domanda per entrambi i progetti ma rimasi fuori dalla graduatoria dell’Erasmus studio.”
Per quale paese ha presentato domanda?
“Ho scelto la Spagna perché ho studiato spagnolo già durante il percorso della laurea triennale e sto continuando a farlo con la laurea magistrale in Lingue e letterature europee e americane. Nello specifico ho fatto domanda per Madrid perché ho pensato che nessun’altra città potesse farmi assaporare l’idea della vita e della cultura spagnola meglio della capitale.”
Quando ha deciso di partire quali erano le sue aspettative?
“A dire la verità feci richiesta, nel periodo di marzo dello scorso anno, senza troppe aspettative ma con molta curiosità e voglia di imparare.”
Per quale azienda ha svolto lo stage e di cosa si è occupata?
“Ho svolto lo stage presso la rivista letteraria del gruppo Intramuros. Ho lavorato principalmente come assistente dell’editrice Maria Sheila Cremaschi contribuendo alla realizzazione dell’Hay Festival Segovia di cui la Cremaschi è anche direttrice. In particolare mi sono occupata della postproduzione dell’Hay Festival 2010 soprattutto dal punto di vista organizzativo-promozionale e amministrativo. Inoltre ho collaborato alla realizzazione del n°32 della rivista Intramuros dedicato allo scrittore Francisco Umbral e di quello successivo sulle autobiografie minime. Infine ho svolto compiti di segreteria entrando in contatto con enti pubblici, privati e fondazioni culturali e mi sono occupata dell’aggiornamento dei contatti con Ambasciate, Ministeri, istituti di cultura, biblioteche e case editrici.”
Come era la sua giornata tipo?
“Svolgevo turni di cinque ore così avevo il resto della giornata a disposizione per scoprire le tante bellezze che la città offre: dai mercati tipici come quello del Rastro alle passeggiate tra i locali caratteristici in cerca delle famose 'tapas' e, siccome sono appassionata d’arte, ovviamente il Museo del Prado, il Reina Sofia e il Thyssen-Bornemisza non potevano mancare. Infine lo splendido Parque del Retiro era la mia tappa quotidiana.”
Quali sono stati secondo lei i pregi di questa esperienza fuori dall’Italia?
“Senza dubbio quello di migliorare nella pratica della lingua insieme con la possibilità di entrare in contatto con la cultura spagnola sempre più da vicino e non più solo attraverso i libri.”
Qualcosa che invece cambierebbe?
“Sinceramente nulla. Ogni cosa, anche le difficoltà, ti spingono a cercare una soluzione e a sviluppare la cosiddetta capacità di problem solving tanto richiesta in ambito lavorativo. Forse cambierei solo la durata: tre mesi sono stati pochi, mi sarebbe piaciuto rimanerci di più.”
Come si è organizzata per l’alloggio, è stato difficile?
“La ricerca di un alloggio non è stata semplice anche perché non si sa mai con chi puoi capitare; magari vorresti incontrare coetanei con cui poter condividere questa esperienza. Dopo lunghe ricerche fortunatamente sono riuscita a trovare una bella stanza tutta per me, una cucina in versione miniatura ma soprattutto dei coinquilini meravigliosi. Ho condiviso l’appartamento con altri tre ragazzi: un dominicano, un galiziano ed una ragazza di Tenerife.”
Cosa le ha lasciato questa esperienza?
“Direi un bellissimo ricordo ma forse è troppo riduttivo considerando che spero di ritornarci il più presto possibile.”
Crede che le sia servita di più per i suoi studi e per l’apprendimento della lingua o piuttosto come esperienza di vita?
“Confesso che all’inizio ero scettica. Quando si presentò l’occasione dell’Erasmus, pensavo di non riuscire a stare tanto tempo fuori casa e lontano da famiglia e amici ma ora, a distanza di cinque mesi, sono sempre più convinta dell’utilità di questo progetto. Un’utilità non solo professionale, perché ti permette di acquisire un’idea concreta di come sia il mondo del lavoro facendoti esercitare quotidianamente con la lingua ma anche come esperienza di vita perché ti ritrovi a dover fare tutto da sola, dalla semplice spesa all’organizzazione della tua giornata. La cosa davvero bella è che ogni giorno è diverso, ogni giorno impari una cosa nuova.”
Lo rifarebbe?
“Senza ombra di dubbio.”
Che consigli si sente di dare ai futuri partecipanti?
“Di vivere quest’esperienza con serenità, di impegnarsi a fondo, cercando di imparare il più possibile da ogni persona che si incontra, e di non scoraggiarsi alle prime difficoltà perché ne vale davvero la pena.”
Chiara Pasquinucci