Magia nel Medioevo: una ricerca filologica su tre testi di grande rilievo

 

Magia nel Medioevo: una ricerca filologica su tre testi di grande rilievo

Presso la sede di Palazzo Giusso la professoressa Antonella Sannino dell’Orientale tiene una lezione sulla magia naturale in età medioevale

Napoli, L’Orientale, 4 maggio 2010 - Nell’ambito di un ciclo seminariale a cura dei proff. Lorenzo Bianchi e Antonella Sannino, docenti rispettivamente di Storia della filosofia rinascimentale e Filosofia medioevale, si è svolta la seconda lezione dal titolo "Dal Liber Vaccae a Picatrix: una «nigromantia» senza demoni in un fortunato apocrifo di Alberto Magno", tenuta dalla stessa Sannino.
La docente chiarisce innanzitutto il problema teorico del quid sit magia? (cos’è la magia?), mai ritenuta una vera e propria disciplina d’insegnamento nei dieci secoli del Medioevo, ma sicuramente presa in considerazione in maniera diversa a partire dalla secondametà del XII secolo, quando iniziano a circolare traduzioni latine di testi appartenenti a quest’ambito.
Così, sottolineato il carattere bifronte della magia medioevale, improntata tanto alla scienza quanto alla religione, è con estrema accuratezza che la Sannino ricostruisce l’itinerario filologico e l’apporto contenutistico di tre testi di grande influenza nell’età media: il Liber Aneguemis, il De mirabilibus mundi o De secretis naturae e il Picatrix.

Il primo, conosciuto anche col titolo di Liber Vaccae, denominazione più tarda che è più propriamente riferiribile solo al primo libro, fu tradotto in latino tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII da un originale arabo dal titolo Kitâb al- Nawâmîs, non pervenuto se non in un frammento. L’opera consisteva in una raccolta di experimenta pratici di vario tipo, tanto magico-terapeutici quanto con il solo scopo di sconfiggere un nemico e, sebbene bollato dal vescovo parigino Guglielmo d’Alvernia come praeter naturam ("al di fuori della natura"), ebbe grande successo, come testimoniano autori tedeschi e francesi e lo stesso De secretis naturae, la cui seconda parte è interamente copiata dal Liber Aneguemis Minor.
Altro testo fondamentale, il cui titolo latino è stato a lungo dibattuto, è il Picatrix, tradotto dall’arabo Ghâyat al- Hakîm presso la corte di Alfonso il Saggio, nel secolo XIII (1256). La magia presentata in questo scritto ha un tono più elevato e filosofico rispetto a quello del Liber Aneguemis e, piuttosto che sugli esperimenti pratici, che pure non mancano, si concentra sulla teoria degli influssi e delle corrispondenze cosmiche, attraverso un impianto astrologico che studia l’influenza degli "spiriti" e degli astri sugli eventi e il modo in cui il mago può catturare lo spiritus in un talismano da lui stesso prodotto.

Ultimo testo discusso, il De secretis naturae, falsamente attribuito al filosofo della scolastica Alberto Magno, il quale si fonda su due parti contrapposte: una teorica, come il Picatrix, e l’altra operativa, che riprende le “ricette” e gli experimenta del Liber Aneguemis. Oggetto d’attenzione di questo testo è soprattutto il secretum, tutto ciò che è occulto e "fuoriesce" dal mondo della natura, indagando il quale il mago riesce ad ottenere il dominio su di essa.
La docente conclude con una riflessione finale sul concetto di nigromantia, definita come lo studio degli elementi immateriali che amministrano e dispensano il bene e il male, quegli spiriti (e non demoni) occulti al mondo ma manifestabili attraverso l’esperienza. Si propone infine una differenza tra magia popolare e magia colta, laddove il mago con la sua virtus verborum suscita la meraviglia del volgo ma non del saggio.

Luisa Lupoli

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