Parole e culture in movimento: convegno in onore di Laura Di Michele
Parole e culture in movimento: convegno in onore di Laura Di Michele
L’Orientale, palazzo Giusso - Giovedì 6 e venerdì 7 dicembre si è svolto il convegno ‘Parole e culture in movimento. La città e le tecnologie mobili della comunicazione’. Il convegno, organizzato da Rossella Ciocca e C. Maria Laudando, è stato realizzato in onore della collega Laura Di Michele
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Studiosa e docente appassionata, Laura Di Michele ha insegnato presso l’allora Istituto Universitario Orientale dal 1970 al 1998 apportando un contributo significativo sia con il proprio lavoro di ricerca che con l’attività di insegnamento. A caratterizzare il percorso della docente è stato il suo duplice impegno che l’ha vista dedicarsi ad attività di ricerca e di promulgazione scientifica e, al tempo stesso, alla sperimentazione nell’ambito dell’applicazione di apparati audiovisivi alla didattica. Di questo secondo impegno è testimonianza la sua intensa collaborazione con il CILA. Di lei il Prorettore Elda Morlicchio, il cui intervento ha aperto la due giorni di studi, ha detto che “non ha mai lavorato solo per se stessa ma ha fatto rete, ha sempre cercato di condividere”. Ciò non solo ha caratterizzato il suo rapporto con colleghi e studenti negli anni di insegnamento presso L’Orientale, ma ha anche determinato l’intensificarsi dei rapporti tra l’Università napoletana e L’Università dell’Aquila in cui Laura Di Michele si è trasferita nel 1998 e dove ha insegnato fino al gennaio 2012.
Molti i docenti, provenienti da diverse Università italiane, e gli studenti che hanno partecipato al convegno, inteso come un momento in cui festeggiare la professoressa e la sua attività universitaria. L’incontro si è tenuto, non a caso, nell’aula intitolata al professore Fernando Ferrara i cui insegnamenti hanno avuto un ruolo importante nella sua formazione.
Tra le tematiche di studio approfondite di Laura Di Michele c’è la città. Ispirandosi ad un suo progetto del 2007, le organizzatrici hanno deciso di dedicare il convegno al rapporto tra la città e le tecnologie mobili della comunicazione. Attraverso gli interventi che si sono susseguiti è emersa la città raccontata, la città come luogo di comunicazione culturale fluida, come vetrina, come scrittura. Il susseguirsi degli interventi ha generato una analisi diacronica che ha permesso di seguire come il modo di vivere la città, di rapportarsi ad essa e di comunicarla siano mutati, in relazione sia ai cambiamenti sociali e culturali che alle innovazioni tecnologiche. Dalla rappresentazione shakespeariana della città al modo in cui l’arte si rapporta alle rovine di Kabul, dalla megalopoli contemporanea di Mumbai alla Londra del Settecento e dell’Ottocento, attraverso i romanzi, la stampa, la pubblicità, il cinema, il disegno, il suono, emerge la città attraversata da flussi molteplici.
Giovedì 6 dicembre si sono svolte le prime due sessioni del convegno. La prima, intitolata “La comunicazione mobile del teatro cinque e seicentesco”, ha visto l’intervento di tre docenti. Lo studio della professoressa Simonetta De Filippis è stato dedicato alla analisi del modo in cui le città italiane sono rappresentate nel teatro shakespeariano e alla funzione culturale che tali rappresentazioni svolgono nell’Inghilterra del Cinquento che ha rafforzato le sue posizioni politiche ed economiche in Europa e guarda con interesse alla cultura italiana. Delle trasformazioni che i testi shakespeariani hanno subito nel loro passaggio dalla versione dedicata alla rappresentazione a quella pensata per la lettura ha parlato il professore Michele Stanco. La natura ibrida e molteplice della Celestina è stato il tema affrontato nell’intervento “Lettura e oralità: tra la Celestina e il Quijote” del professore Augusto Guarino.
La seconda sessione, “Flussi e traffici della comunicazione culturale nella città del Settecento”, strutturata mediante gli interventi delle docenti Claudia Corti, Carmela Formisano e Bruna Mancini, è stata incentrata sul modo in cui nel XVIII secolo la città è cambiata ed è cambiato il modo di viverla e rappresentarla. Si è discusso della funzione rivestita dai “giardini del piacere” londinesi, dai periodici e dalle “coffee-houses”.
Venerdì 7 dicembre la giornata di studi si è aperta con una sessione intitolata “Dalle esposizioni universali agli scenari decadenti della ‘fin-de-siècle’” dedicata alla città dell’Ottocento e del primo Novecento. Questi i temi discussi dalle relatrici Maria Teresa Chialant, Caterina De Caprio, Marina Lops, Marilena Parlati e Vittoriana Villa: la narrazione dickensiana della città nella stampa periodica, la figura del flaneur, l’esperimento culturale e imprenditoriale della biblioteca del Vieusseux a Firenze, le impressioni della città negli scritti di Ford e Symons, la Wasted City di Wells e il flusso delle cose, il cinema di inizio Novecento e la comparsa della flaneury femminile nella letteratura di Virginia Woolf e di Dorothy Richardson.
Di “Forme mutanti: le reti connettive della megalopoli virtuali” si è discusso nella sessione successiva. Ne ha parlato Oriana Palusci, con il suo intervento sulla rappresentazione di Toronto in un film di ispirazione bollywoodiana sulla comunità indiana in Canada. Lucia Esposito ha presentato poi il rapporto di fascino e paura che caratterizza la relazione con il Web, per la possibilità che esso offre di collegamenti potenzialmente infiniti e di connessioni tra mondi diversi e da cui, tuttavia, è scaturito una reazione opposta, quella del ritorno alla fisicità del testo per cui, contro l’immaterialità del Web, molti testi mettono chiaramente in mostra la propria fisicità. Delle città “spiegate” dal tratto semplice del disegno di Matteo Pericoli ha discusso Anna Notaro, mentre Alessandra Ruggiero è intervenuta su “Cartografie digitali e mappe narrative nella città-mondo contemporanea”.
Nell’ultima sessione, “Il palinsesto urbano tra ‘locative media’ e cartografie migranti”, sono intervenuti Iain Chambers, Rossella Ciocca, Silvana Carotenuto e Francesco Minetti. Al centro delle loro analisi la città postcoloniale e ibrida: i suoni che nel nuovo “spazio spaesato” hanno la possibilità di andare lontano senza avere bisogno di essere sdoganati; Mumbai, la megalopoli che oppone resistenza ai tentativi di opprimerne la naturale vocazione globale; il modo in cui Lida Abdul affronta con la sua arte le rovine con cui la guerra ha riempito Kabul; l’India di Salman Rushdie, Shylock e il declino coloniale del pepe in The Moor’s Last Sigh.
Nel chiudere il convegno la professoressa Di Michele, che nel corso degli anni si è dedicata più volte allo studio della città e che ha in programma progetti sulle smart cities e sulle città fluviali d’Europa, ne ha sottolineato la centralità nella vita di ciascuno. La città, riemersa in varie in varie forme durante il convegno, ha detto la docente, è importante per ciascuno di noi per diverse ragioni ma lo è, innanzitutto, perché siamo soggetti sociali e politici e, quindi, cittadini.
Daniela Vitolo - Direttore: Alberto Manco