Quando l’amore è il ceco
Quando l’amore è il ceco
Inizia il secondo ciclo di lezioni di linguistica ceca nell’ambito del Dottorato in Culture dell’Europa Orientale. Ne parliamo con François Esvan
Di cosa si occupa esattamente il Dottorato di ricerca nell’ambito del quale si inserisce questo ciclo di lezioni?
“Il Dottorato riguarda lo studio delle lingue, e rispettive culture, dell’Europa orientale offerte dal nostro Ateneo presso il Dipartimento di Studi dell’Europa Orientale: all’interno di queste aree culturali, poi, la ricerca può svilupparsi in merito alla lingua, la linguistica, la storia, la storia dell’arte e, non di minore importanza, la letteratura.”
Quali sono le aree linguistiche e culturali d’interesse?
“Dodici in totale. Le lingue di studio comprendono tutta la zona dell’Est europeo, quindi, per citarne solo alcune, albanese, bulgaro, ceco, slovacco, polacco, russo, sloveno, serbo e croato.”
C’è affluenza di dottorandi stranieri?
“È un elemento importante ai fini dello spirito stesso per cui nasce il Dottorato. Abbiamo avuto un dottorando albanese, una delle stesse dottorande cui è indirizzato questo ciclo di lezioni è ceca e inoltre abbiamo, dall’Università Masaryk di Brno in Repubblica Ceca, un dottorando in cotutela contemporaneamente presso il nostro Ateneo e quello ceco, i cui due tutor siamo il professor Petr Karlik ed io. Questo sistema che stiamo cercando di sviluppare, il quale consente il raggiungimento di un doppio titolo presso entrambi gli Atenei, assicura una migliore formazione e fornisce la possibilità di una più lunga permanenza di studio all’estero nonché un’offerta maggiore per quanto riguarda gli insegnamenti.”
Ha rilevato ambiti di ricerca particolarmente privilegiati?
“Le aree di interesse sono svariate, dalla letteratura delle minoranze in Serbia alla storia dell’arte medievale in Boemia al mito di Faust nella letteratura russa, ognuna con i propri stimoli e le proprie peculiarità.”
Crede che ci siano una o più lingue che riscuotono maggiore riscontro rispetto ad altre?
“Non c’è alcun tipo di gerarchia: per quanto concerne il Dottorato si alternano in egual modo; il corso di laurea triennale, invece, vede un maggiore successo del russo rispetto a tutte le altre lingue.”
Dove si colloca questo ciclo di lezioni di linguistica ceca, la disciplina da lei insegnata?
“Nell’ambito degli accordi Erasmus fra l'Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e l'Università Masaryk di Brno, e prevede la partecipazione del già citato professor Petr Karlik come docente e di due dottorande in qualità di studentesse di lingua ceca”.
Lei è docente di Lingua e linguistica ceca, ma il suo nome suggerisce una lingua materna che non è il ceco. Come mai si è accostato a questa lingua, per lei all’inizio nuova?
“Sono francese, e ho scelto di studiare il ceco perché mi appassionava ed incuriosiva, pertanto mi sento di incoraggiare tutti gli studenti che si accostano per la prima volta allo studio di questo idioma, specialmente quando si recano in un Paese straniero quale la Repubblica Ceca di cui, a differenza di altre nazioni europee, si sa ben poco e in cui si corre maggiormente il rischio di sentirsi disorientati, sebbene ultimamente Praga, la capitale, sia diventata meta molto frequente di viaggi e gite scolastiche.”
A questo proposito, data appunto l’affluenza di turisti che negli ultimi anni ha registrato un notevole incremento, se dovesse descrivere la lingua ceca a chi serbi per essa curiosità ma ne sia completamente a digiuno, quali elementi del sistema porrebbe in primo piano?
“Al di là del notevole vantaggio di servirsi dell’alfabeto latino, a differenza del russo o delle lingue orientali, il ceco è una lingua molto poco trasparente, specie dopo le tendenze puriste affermatesi nell’Ottocento che hanno eliminato dal lessico molte parole di origine straniera. Inoltre, a questa sensazione di scarsa familiarità dovuta agli aspetti lessicali, nonché fonologici, si aggiunge una complessità intrinseca della lingua attribuibile ad una morfologia molto complessa – si consideri che esistono sette casi per la flessione nominale – dunque ad una tendenza flessiva che la accomuna al latino, al greco e alle lingue romanze attualmente in uso.”
Luisa Lupoli
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