Santa Caterina: l’indipendenza nella scrittura
Santa Caterina: l’indipendenza nella scrittura
Il Centro Archivio delle Donne e il Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati hanno presentato la conferenza di Jane Tylus “Scrivere (a) Santa Caterina”
Specialista in Letteratura del Rinascimento Italiano, la professoressa Jane Tylus della New York University ha presentato un intervento intitolato “Scrivere (a) Santa Caterina” basato appunto sul valore delle opere della Santa: Caterina da Siena, che Tylus ha sostenuto essere senza ombra di dubbio la sua Santa preferita, fu canonizzata nel 1461 da Papa Pio II e durante la sua vita scrisse circa 400 lettere oltre al suo celebre “Dialogo sulla divina Provvidenza”. Caterina era però innanzitutto una grande oratrice e una delle questioni più controverse legate alla figura della Santa è proprio quella relativa al suo presunto analfabetismo: molti dei suoi scritti sono infatti il risultato di dettature fino alla notte in cui – secondo ciò che racconta Caterina stessa nella lettera 272, lettera indirizzata al suo confessore Raimondo da Capua – ricevette una grazia da Dio ed imparò a scrivere. Le parole di Caterina “scrivente” acquisiscono così un valore nuovo e una maggiore autorevolezza: Tylus incasella dunque l’immagine della Santa in quel gruppo di donne che per prime nella letteratura si esprimono in vernacolo, gruppo nel quale vengono poi annoverate anche Beatrice e la Vergine. Il discorso della professoressa comincia però dalla figura della Cananea, la donna pagana che in un incontro con Gesù riuscì in qualche modo a convincerlo con le sue parole a salvare sua figlia, posseduta dal demonio. È proprio grazie alle sue urla, alla sua insistenza e alla sua perseveranza che alla Cananea verrà concessa la salvezza in quanto le verrà riconosciuto non solo un atteggiamento di fiducia e di fede ma anche una ferma e risoluta volontà. Ad ogni modo sebbene Santa Caterina rifiuti i tratti femminili – rintracciabili indifferentemente negli uomini e nelle donne – in quanto per la maggior parte associabili alla debolezza e alla viltà, ed esalti per contro la virilità – anche questa riconducibile indifferentemente a uomini e donne – vede la libertà come una caratteristica vicina allo status di donna. È in questo contesto che Tylus fa poi riferimento a Beatrice che si esprime sì attraverso la penna di Dante ma che comunque, anche se in un’opera letteraria, riesce con le sue parole – tra l’altro in vernacolo – ad assumere il suo ruolo di guida. La donna che parla riesce così a spostare gli altri, ad esercitare la sua influenza sul prossimo affinché questo renda amore a se stesso e a Dio: è questo ciò che accade anche alla Vergine che dopo la Pentecoste esorta i discepoli a partire per diffondere la parola del Signore. Ben presto però – spiega Tylus – la Santa non parlerà più come mediatrice di Gesù ma parlerà direttamente come lui sostituendosi a lui tramite appunto le sue parole: porterà la scrittura di Dio sul suo stesso corpo quando riceverà le stimmate e attraverso la sua stessa scrittura si trasformerà in Cristo. L’esperta non riesce dunque a relegare la Santa alla semplice letteratura agiografica ma anzi riconosce un valore molto più ampio alle sue opere in cui la scrittura sembra dunque veicolare l’autonomia e l’indipendenza necessarie a costituire lo scarto tra una femmina e una donna.
Francesca De Rosa