Semiotica, bioarchitettura, linguistica, geografia nella seconda delle Giornate dedicate a Comunicazione e Ambiente
Semiotica, bioarchitettura, linguistica, geografia nella seconda delle Giornate dedicate a Comunicazione e Ambiente
Scambio di idee vivace, confronto produttivo
Sede di Procida, 25 marzo 2011 – La seconda delle Giornate di studi dedicate a Comunicazione e Ambiente è cominciata con la relazione “Il sociolinguista e il tribunale. Prospettive di ricerca della sociolinguistica forense” presentata dalla professoressa Franca Orletti, docente dell’Università di Roma Tre: “Il contesto giudiziario – ha sottolineato la Orletti – può essere inteso come una «lente d’ingrandimento» che mette in evidenza il vero carattere del nostro Paese”. È proprio questo che si evince dai numerosi esempi presentati dalla docente che, contemporaneamente, ha focalizzato l’attenzione sull’importanza della lingua e della comunicazione in un ambiente come quello afferente alla giustizia: il caso delle intercettazioni – più che mai dibattuto negli ultimi tempi – mostra infatti che una trascrizione ad opera di chi non dispone di alcuna formazione sociolinguistica, non può che compromettere la comprensione e, più in generale, la giustizia.
La parola è poi passata alla professoressa Raffaella Bombi, docente all’Università di Udine, che ha presentato una dissertazione intitolata “Ecolinguistica e diversità: riflessioni anche metalinguistiche”. Interrogandosi sulla dicotomia lingue del potere/lingue deboli, la Bombi ha evidenziato una recente tendenza che ha portato alla rivalutazione delle lingue locali, minoritarie, con tutta probabilità destinate all’estinzione; in quest’ottica è stato introdotto il discorso su una nuova attenzione rivolta alla diversità linguistica, per troppo tempo guardata con sufficienza, che ha poi condotto ad un'altra e inaspettata riflessione: questo tipo di atteggiamento, generalmente considerato positivo, può rappresentare comunque un pericolo, in questo caso per le lingue standard, sempre più predisposte all’accettazione di tratti ritenuti più colloquiali e quindi sempre più “contaminate”.
La professoressa Francesca Chiusaroli, docente all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, è intervenuta con “Scritture brevi, economia per l’ambiente” in cui la scrittura è stata proposta come uno strumento che, a differenza della memoria che agisce “dall’interno”, opera a partire “dall’esterno”: sono stati analizzati così numerosi esempi di abbreviazioni, trasformazioni linguistiche dovute all’esigenza di ottenere il massimo dell’effetto con il minimo impiego di energia e diffuse soprattutto nel linguaggio giovanile delle chat o degli SMS. Si tratta di fenomeni creativi spontanei che, pur non intaccando la norma poiché limitati a determinati contesti, hanno condotto a mutazioni come quella legata alla progressiva scomparsa delle vocali: i linguisti (certuni almeno) storcano pure il naso ma ad ogni modo il significato di sigle come “cmq” o “grz” rimane saldamente incollato a questi gruppi di consonantici (“triconsonantici”, ha provocatoriamente fatto notare Alberto Manco, e i linguisti presenti hanno capito dove andava a parare il riferimento) che, per questo, risultano facilissimi da interpretare. “Degrado linguistico, squilibri dell’ecosistema” è invece il titolo del discorso tenuto dalla professoressa Barbara Turchetta dell’Università della Tuscia: la Turchetta ha mostrato come la fascia equatoriale costituisca l’area geografica in cui il fenomeno della diversità linguistica è più sviluppato. In questo senso le lingue prive di uno status, quelle in cui si può rintracciare un equilibrio superiore tra l’uomo e il resto del mondo naturale, sono le stesse che appaiono come maggiormente esposte al rischio dell’estinzione proprio perché non riconosciute e protette.
Il professore Sergio Ventriglia dell’Orientale ha focalizzato l’attenzione su “Geografia e ambiente. Tratti culturali e tenuta ambientale” mostrando come il vivere bene costituisca in fondo la somma di determinati fattori come quello della diversità socio-culturale o della libera circolazione delle idee; il discorso è stato poi approfondito da Matilde Carabellese e Simon Maurano che, rispettivamente, hanno dibattuto su conflitti ambientali – risultato di una comunicazione non efficace e dunque di una generale misconoscenza delle questioni da parte dei cittadini – e sulla questione rifiuti in Campania – esempio efficace di comunicazione negata per ciò che riguarda il rapporto con la comunità, ma eccessiva nel contesto mediatico, quasi a voler assuefare il telespettatore allo scopo di distoglierlo dall’assenza di reali provvedimenti da intraprendere.
“Architettura e ambiente. Forma e relazione tra le parti” è il titolo della dissertazione dell’architetto Erminio Redaelli, presidente dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura: la casa non deve essere percepita come una mera “macchina per vivere” ma come un vero e proprio organismo capace di donare ai suoi abitanti un benessere psicofisico adeguato.
L’evento si è concluso con un intervento del professore Salvatore Zingale, docente al Politecnico di Milano, intitolato “Perdersi e ritrovarsi: segni dell’ambiente e segni per l’ambiente”; “sembra che i nostri ambienti – ha affermato il relatore – siano fatti apposta per creare scompiglio”. Recenti ricerche, ad esempio, hanno dimostrato che circa il 70% della segnaletica stradale non viene generalmente percepita dagli automobilisti: seguire istruzioni ipercodificate, quindi, non può che essere controproducente e non fa altro che diminuire il nostro livello di attenzione e il nostro già infimo senso dell’orientamento. Viene da pensare, come suggerisce lo stesso Zingale, ai fratelli Capone in Totò, Peppino e… la malafemmina: per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?
Francesca De Rosa