Sette modi di non essere, di Antonio Rainone

 

Sette modi di non essere, di Antonio Rainone

Copertina del libro

Sette racconti sospesi a metà tra il tragico e il paradossale, dove i protagonisti sono messi sotto stato d’assedio da una forza oscura che non prende mai forma

I filosofi a volte si prendono troppo sul serio. Non solo nei propri libri, che già basterebbe. Ma anche in quei festival che negli ultimi anni danno l’impressione che la filosofia sia entrata nelle case di tutti. E allora sembra valere il motto: aggiungi un posto a tavola che c’è il filosofo! Mai errore più grave, il filosofo può essere quanto di più noioso possa esserci. Sembra che egli abbia dimenticato che la filosofia nasce per strada, tra la gente, a partire dalle cose semplici.

A volte, però, qualcuno sa ritagliarsi uno spazio ulteriore. Un pezzetto di terra al di fuori della filosofia (con buona pace di Heidegger, per il quale siamo sempre già nella filosofia). Non quelli che scrivono sulla letteratura, e lo stesso Heidegger a un certo punto inizia a interrogarsi sulla poesia. C’è invece una categoria più ridotta: i filosofi che scrivono letteratura. Caso strano che sembra uscito dagli Essais di Montaigne.
Tra questi c’è Antonio Rainone, docente di Logica e Filosofia della Scienza presso il nostro ateneo, curatore del settore filosofico dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana (Treccani) e grande conoscitore di cinema, con la passione di Clint Eastwood.
Il suo Sette modi di non essere, pubblicato da Tullio Pironti Editore alla fine del 2009, si inserisce in un filone particolare che è quello della raccolta di racconti sospesi a metà tra il tragico e il paradossale. I sette scritterelli , così li definisce lo scrittore nei ringraziamenti, sono le voci di altrettanti protagonisti messi sotto stato d’assedio da una forza oscura che non prende mai forma e che proprio nella sua indicibilità-invisibilità non dà occasione di riscatto.
Si potrebbe dire: racconto psicologico inserito nell’orizzonte kafkiano. Categorie nelle quali ci si ostina a infilare di tutto. Certamente c’è anche questo. Ma leggere Kafka è un’impresa ardua, significa entrare nella dimensione dello spaesamento e soprattutto richiede un continuo interrompersi: Kafka non si legge in un’ora. Qui invece c’è il piacere della lettura, c’è una narrazione che procede spedita con risvolti mai banali e prevedibili. Sono sette racconti che si leggono d’un sol fiato, proustianamente alla ricerca di un io perduto che alla fine si scopre non esserci mai stato.
Più che Kafka si intravede Borges, soprattutto nelle due storie a specchio di Niccolò e Desiderio. Proprio lo specchio (il guardarsi allo specchio per trovare la certezza di sé stessi, che ricorda il Travis Bickle di Taxi driver, torna in più di un racconto), secondo Harold Bloom, è una delle metafore di Borges per rispondere all’enigma della sfinge tebana: che cos’è l’uomo?
Antonio Rainone, con queste storie, sembra suggerirci che si tratta di una questione aporetica, senza via d’uscita, dove la soggettività non ha più nemmeno la certezza del cogito ergo sum. E il Desiderio di uno dei racconti, capace di imparare immediatamente anche le nozioni più complesse, ricorda l’Ireneo Funes di Borges, che riesce a memorizzare tutti i dettagli di ciò che vede. Eppure paradossalmente entrambi, nonostante queste capacità, sono destinati allo scacco. Lo scacco di un Io-Re.
 
 
Autore: Antonio Rainone
Titolo: Sette modi di non essere
Editore: Tullio Pironti
Anno di pubblicazione: 2009.
Prezzo: 8 euro
Pagine: 80

Aniello Fioccola

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