Storie D’Africa, parte prima: La Somalia

 

Storie D’Africa, parte prima: La Somalia

Un ciclo di incontri sui misteri del continente nero.

InCampus, via Mezzocannone 14, 9 maggio - È una relazione di Valentina Grado, docente di diritto internazionale dell’Orientale, ad aprire il ciclo di seminari ‘Storie d’Africa’. L’iniziativa, che si articola in tre appuntamenti, ed è ospitata nella sede InCampus della Federico II, prende in suo avvio oggi e, visto il tema, non poteva non prevedere una partecipazione massiccia delle competenze dell’Orientale. “Abbiamo scelto di parlare dell’Africa in un momento particolare, un momento in cui l’Africa ci ricorda – forse ci urla – la sua vicinanza”, così Domenico Ragozzino dell’associazione Jolie Rouge che ha organizzato l’evento. Parlare dell’Africa oggi significa, infatti, parlare delle rivolte in Maghreb e del conflitto libico ma, ricordano i relatori, “sì, c’è la guerra in Libia, ma ci sono anche tanti conflitti nel resto del continente”. Oggetto del dibattito odierno è, nello specifico, la questione somala. Chiarito preliminarmente che la storia della Somalia va inserita e compresa all’interno dello scenario del corno d’Africa che separa l’Africa musulmana dall’Africa nera, ci si chiede perché la Somalia non sia riconosciuta come Stato dal diritto internazionale e cosa questo comporti. “Non so se sono in grado di rispondere alla prima domanda – esordisce la professoressa Grado – ma cercherò di riepilogare come si è arrivati al disconoscimento della Somalia come entità statale, quale sia stato l’atteggiamento della Comunità Internazionale verso le vicende somale e perché, e in quale misura, l’intervento della l’atteggiamento internazionale verso la Somalia sia stato, a mio avviso, profondamente discutibile”.

Perché uno Stato sia ritenuto tale ai sensi del diritto internazionale è necessario che esso mantenga la pace, facendo rispettare la legge e l’ordine su tutto il suo territorio. Certo, ci possono essere dei momenti di disordine in cui l’autorità statale può momentaneamente vacillare, si pensi ad esempio al caso del Ruanda all’epoca del genocidio. Perché uno Stato sia ritenuto ‘fallito’ è quindi indispensabile il fattore ‘tempo’: se l’incapacità a governare perdura nel tempo, se ne deduce il suo fallimento. Proprio quello che è avvenuto per la Somalia, ma non solo, basti citare il caso di Haiti.

Ma quali sono le conseguenze di tale dichiarazione di ‘stato collassato’? A rigor di termini esso potrebbe essere considerato terra nullius alla mercé di qualunque aggressore esterno, né gli altri stati sarebbero tenuti a rispettare nei sui confronti le regole di non ingerenza negli affari interni. Nei fatti però si è tenuto in considerazione anche il diritto all’autodeterminazione dei popoli per cui la Somalia non è mai uscita dalle Nazioni Unite anche se fino a poco tempo fa non aveva suoi delegati, e si trova in un limbo in cui non è ‘stato’, ma non è neanche ‘non stato’. Nel ripercorrere la storia degli interventi occidentali in Somalia, la Grado ha evidenziato come anche i più recenti interventi occidentali siano stati motivati dalla necessità di arginare il fenomeno della pirateria e controllare quello del terrorismo. L’intervento dell’Eritrea in Somalia, infine, motivato come autorizzato dalle autorità somale – che però non sono riconosciute a livello internazionale – e come intervento di ‘autodifesa preventiva’ di bushiana memoria, secondo la Grado si commenta da solo.

Ancora 2 appuntamenti: il 19 maggio si parlerà di Johannesburg, metropoli meticcia, mentre il 24 maggio alla proiezione del documentario “Non è un paese per neri” farà seguito, dopo il dibattito, un imperdibile aperitivo multietnico accompagnato da musica africana.

Concetta Carotenuto

© RIPRODUZIONE RISERVATA