Studenti stranieri in Italia: intervista ad uno studente siriano
Studenti stranieri in Italia: intervista ad uno studente siriano
Ci siamo guardati intorno alla ricerca di studenti stranieri di altre Università campane e abbiamo incontrato Jamil, che da cinque anni vive lontano da Damasco
Come il generale fenomeno migratorio, anche l’immigrazione studentesca in Italia è un fenomeno relativamente recente. I dati di uno studio del Ministero relativi all’anno accademico 2005/2006 rivelano che sono perlopiù cittadini dell’Unione o comunque del nostro continente a iscriversi ad un corso di laurea dei nostri atenei. Tuttavia i giovani provenienti da paesi africani e asiatici costituiscono la minoranza più significativa.
Jamil ha deciso di lasciare Damasco ormai cinque anni fa. Gli chiediamo come mai proprio l’Italia, anche perché è lui stesso a confermare che la comunità siriana tende a scegliere altre destinazioni. La comunità siriana non è tra le più rappresentative nel nostro paese, tuttavia agli inizi del fenomeno migratorio per motivi di studio negli anni ’60 fu una delle prime a muoversi verso l’Italia.
Jamil spiega che per un dottorando di ingegneria come lui la meta ideale sarebbe la Germania, ma per la branca della conservazione e consolidamento delle costruzioni storiche è l’Italia il paese più adatto, con tutti i suoi monumenti, veri e propri simboli di storia. Caratteristica, questa, che è condivisa dal suo paese.
Quando i luoghi di partenza sono extraeuropei, le ragioni che spingono ad una tale scelta sono diversi da quelli che spingono uno studente dell’Unione Europea a scegliere ad esempio il programma Erasmus. Jamil non fa rientro a casa da cinque anni. Se torna in Siria deve ottenere un nuovo visto. La richiesta dei documenti necessari per l’arrivo e il soggiorno è una dei procedimenti più tortuosi, con i vari e ripetuti pellegrinaggi nelle questure. Riconosce tuttavia come entrare in Europa come studente sia più facile. In poco tempo ricostruisce le tappe del suo viaggio, prima e dopo l’arrivo a Napoli; Perugia, tappa obbligatoria per via dell’Università per stranieri, la borsa di studio per Roma, piccole parentesi in Toscana, in Sicilia. Sia a Roma che in Campania Jamil, aspirante ingegnere, si dedica oltre che ai piccoli lavori saltuari, alle ripetizioni di lingua araba, molto richieste tra gli studenti di questa lingua. Contemporaneamente alla ricerca di piccole fonti di sostentamento, la ricerca di un alloggio. “Già al telefono, quando chiamavo per qualche annuncio e sentivano il mio accento, tagliavano dicendo che l’appartamento era già stato fittato.” Riporta poi fedelmente uno stralcio di conversazione quasi grottesco. “Una volta mi hanno chiesto da quale paese venivo. Ho risposto che ero siriano e mi sono sentito chiedere quindi quale era il colore della mia pelle”. Queste difficoltà non sembrano, almeno in apparenza, scalfire il suo ottimismo; le racconta con un sorriso e poco dopo parla divertito della passione partenopea per Maradona.
L’Italia è per lui un pezzo di mondo arabo trapiantato in Europa e Napoli non fa eccezione, anzi. Della Siria ritrova qui lo stesso caos, il rumore, il traffico, le strade , quelle strade troppo piccole per così tanta gente. “La differenza è che qui ci sono molte più auto. Ma lo spirito della gente è simile. E proprio la gente è la cosa che mi manca di più”. È difficile dire se la similarità tra Napoli e Damasco sia una cura contro la nostalgia o, al contrario, la faccia aumentare.
Cerchiamo di capire se ci sia qualcosa dell’Italia che non lo soddisfi. Ci viene dunque rivelato un dettaglio sottile: "A volte ho riscontrato una certa mancanza di sincerità. Anziché sentirmi dire le cose in maniera diretta, mi accorgo che spesso si preferiscono delle scorciatoie, come se ci fosse paura di offendere".
E nonostante la lontananza forzata dal suo paese, pare ci sarà ancora l’Europa nel suo futuro. Forse Spagna e Portogallo.
Maria Dore