A teatro nel Novecento tedesco: dagli anni ’70 ad oggi tra classicismo e modernità
A teatro nel Novecento tedesco: dagli anni ’70 ad oggi tra classicismo e modernità
Si chiude con la sesta puntata il ciclo Das Jahrhundert des Theaters” di Peter von Becker e a cura di Elisabeth Galvan, presentato dal Goethe Institut
Napoli, L’Orientale, 4 maggio 2010. E’ nella stessa cornice del giorno precedente, a Palazzo Du Mesnil, che il ciclo di sei trasmissioni Das Jahrhundert des Theaters (Il secolo del teatro), a cura del professore e critico teatrale tedesco Peter von Becker, giunge al suo ultimo appuntamento.
Dopo la consueta presentazione della professoressa Galvan, parte un documentario di sessanta minuti sul teatro, prettamente tedesco, dagli anni ’70 ai giorni nostri, con una proiezione che riprende le stesse modalità della puntata precedente: sottofondo musicale, voce narrante alternata tra maschile e femminile, interviste a personaggi di spicco della scena teatrale, parti di pièce dal vivo e parallelismo tra vicende storico-politche e sviluppi del teatro.
Il titolo della sesta ed ultima puntata è Heldender Postmoderne. Die Regisseure der Gegenwart – Klassiker und Grenzgänger (Gli eroi del postmoderno. Registi contemporanei tra classicità e esperimento), proprio ad indicare la tendenza degli autori a servirsi di fonti classiche per poi stravolgerle completamente all’insegna della creatività, spogliando il testo della sua funzione tradizionale fino quasi a mimetizzarlo. Vengono così ricordati Peter Stein e il suo Torquato Tasso di Goethe oltre ad adattamenti di Čechov e un Faust mandato all’ospizio e rappresentato in una maratona di ben ventidue ore, Heiner Müller che firma La macchina di Amleto, un ancora attivo Peter Zadek il cui Mercante di Venezia viene da Wall Street, Frank Castorf, direttore del Volksbühne (Teatro del Popolo) dal 1992, con un rifacimento teatrale di Mani sporche di Sartre. Questi registi, insieme con Botho Strauß e Jürgen Flimm, rispondono con un teatro d’azione – e reazione – agli eventi politici destabilizzanti, alla censura dell’allora Repubblica Democratica Tedesca e ai conseguenti interrogativi sul concetto di democrazia. Ma, come viene sottolineato nel dibattito conclusivo, che vede anche la partecipazione dei professori Mara Fazio dell’Università di Roma "La Sapienza" e Fabrizio Cambi dell’Università di Trento, il teatro contemporaneo deve anche confrontarsi con fenomeni sociali di grande portata quali l’avvento della televisione prima e della tecnologia poi: perdendo la funzione di unico medium, è come se il teatro "urlasse" sempre più per paura di non essere percepito, di qui la pluralità di mezzi espressivi cui i registi ricorrono. La musica, la corporeità sbandierata (a volte anche a discapito del cattivo gusto), i video, le "installazioni", onnipresenti nell’arte contemporanea, sono posti esattamente allo stesso livello del testo, che non ha più alcuna priorità.
Un’ultima, interessante considerazione offre un’analisi contrastiva del teatro tedesco e di quello italiano: se quest’ultimo, nei giorni nostri, ha finito per essere del tutto inglobato dal potere televisivo, in Germania si è mantenuta viva una costante dialettica tra politica e teatro, forte di una grande coscienza di collettività e soprattutto di Stato.
Luisa Lupoli
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