Tra lingua, spazio e cognizione: indagare la deissi
Tra lingua, spazio e cognizione: indagare la deissi
Anche un professore dell’Orientale al workshop “Space and Language: On Deixis” dell’Università di Milano Bicocca (9-10 Giugno). Abbiamo incontrato uno degli organizzatori, Federica da Milano
Federica Da Milano, per prima cosa ci potrebbe dire che cosa s’intende con il termine ‘deissi’ in linguistica?
“Il termine si rivolge alle risorse che una lingua usa per collocarsi nello spazio, nel tempo o per indicare le persone coinvolte nell’enunciazione. Questi elementi, che possono essere compresi solo facendo riferimento al contesto, sono ad esempio i dimostrativi, gli avverbi di luogo, di tempo o i pronomi personali. La deissi è un fenomeno estremamente pervasivo e indispensabile per comunicare dei contenuti come per codificare il mondo che ci circonda”.
Ci potrebbe presentare l'evento “Space and Language: On Deixis”?
“Si tratta di un workshop abbastanza unico nel suo genere che vedrà importanti esperti del settore intervenire su aspetti o problematiche inerenti la deissi e le sue manifestazioni. Il numero dei relatori è relativamente basso perché, oltre che agli ultimi avanzamenti delle ricerche, c’è l’intenzione di lasciare grande spazio al dibattito in modo da coinvolgere tutti i presenti nello scambio di idee e opinioni”.
Perché avete scelto come tema proprio la deissi?
“L’idea di queste giornate di studio è nata circa un anno fa chiacchierando con un mio collega dell’Università Bicocca, Paolo Zublena, docente di Linguistica Italiana e ora organizzatore insieme a me del workshop. Sia io che lui in passato ci eravamo occupati, anche se da prospettive diverse, di manifestazioni linguistiche della deissi e sentivamo il desiderio di un evento che affrontasse l’argomento da una prospettiva multidisciplinare, come d’altronde, la deissi richiede collocandosi a cavallo tra semantica e pragmatica. Da questo punto di vista, l’Università di Milano Bicocca offre una cornice privilegiata per un simile approccio: le attività della Facoltà di Scienze della Formazione, che corrisponde all’omonimo Dipartimento, infatti, non si limitano alla sola linguistica ma si estendono anche a discipline come antropologia, filosofia, storia e pedagogia.
Fin da subito, l’intenzione fu quella di far dialogare esperti di più discipline: non solo linguisti, ma anche antropologi e studiosi della cognizione.
Da questo progetto iniziale sono usciti i nomi dei primi possibili relatori come William Hanks, che si è occupato di deissi da un punto di vista cognitivo-antropologico, Nick Enfield, di simile prospettiva, e Stephen Levinson, uno dei massimi esperti degli studi del rapporto tra lingua e strutture spaziali, il quale purtroppo, per i molti impegni, non ha potuto unirsi alla nostra iniziativa”.
Quale scopo vogliono raggiungere queste giornate di studio?
“Lo scopo primario è sicuramente quello di far il punto su che cosa si dica nel 2011 sulla deissi. Poi l’evento punta anche a creare nuove reti di ricerca e consolidare i network di lavoro già esistenti.
Come dicevo prima vogliamo rendere tutti protagonisti dell’evento: per la presenza di ospiti internazionali, la lingua veicolare del convegno sarà appunto l’inglese”.
Come sono stati selezionati i relatori?
“Abbiamo cercato di radunare alcuni dei maggiori esperti della materia principalmente sulla base di conoscenze pregresse. Per esempio, durante la mia tesi di dottorato ho collaborato con Konstanze Jungbluth, con la quale ho mantenuto i contatti nel tempo.
Poi nella scelta hanno contato molto anche una serie di rapporti di stima nei confronti di alcuni docenti e qui, dato che sto parlando al Web Magazine dell’Orientale, ci tengo a ringraziare in particolare Maurizio Gnerre che oltre che accettare con entusiasmo di partecipare al nostro convegno, mi ha permesso di entrare in contatto con Hanks, il quale a sua volta, ha proposto il nome di Enfield”.
Ci parla brevemente dell'intervento che andrà a presentare insieme a Paolo Ramat e Ignazio Putzu, “Deixis from a cognitive and linguistic point of view: a case study”?
“Sono particolarmente contenta di aver lavorato con il mio primo maestro di linguistica, Paolo Ramat, e con Ignazio Putzu, anche lui originario dalla scuola pavese. Il nostro intervento è diviso in due parti: nella prima presenteremo i fondamenti teorici sui quali abbiamo lavorato, facendo riferimento in particolare a Levinson.
Nella seconda parte, attraverso un moderno approccio cognitivo - antropologico alla deissi spaziale, analizzeremo l’opposizione dei dimostrativi in greco antico, un tema che è sempre stato trattato dai filologi classici e dalle grammatiche tradizionali utilizzando categorie obsolete e poco appropriate”.
Nella deissi quanto c’è di innato, e quindi universale, e quanto invece dipende dalla cultura?
“La deissi si inserisce in maniera privilegiata nel più vasto discorso sul rapporto tra lingua e cultura, proposto per la prima volta dalla celebre ipotesi Sapir-Whorf, secondo la quale ci sarebbe una forte influenza da parte della lingua nel nostro modo di pensare.
Riguardo all’impatto della lingua sul modo di percepire lo spazio, come in molti altri casi, due ipotesi si dividono la scena: un’ipotesi innatista, la quale sostiene che le categorie spaziali sono infrastrutture cognitive condivise da tutti gli individui, e un’ipotesi, da me personalmente condivisa, che afferma che, pur partendo da una base organica comune (la posizione eretta, l’opposizione degli arti ecc…), la percezione e la codificazione dello spazio si modifica in maniera sostanziale a seconda della cultura e del luogo dove si vive. Popolazioni stanziate, ad esempio, in luoghi di montagna avranno la tendenza a sviluppare tutta una serie di espressioni per descrivere l’ambiente a partire dalla sua natura montuosa”.
Quali fenomeni curiosi si notano nello studiare la deissi nelle varie lingue del mondo?
“Quello che mi ha sempre incuriosito negli anni è la grande varietà di sistemi di codifica spaziale che si incontrano. L’italiano ad esempio è basato sull’opposizione bipartita tra un elemento prossimale (‘questo’) ed uno distale (‘quello’), ma se si tiene conto della varietà toscana si incontrano anche i residui di un elemento mediale (‘codesto’). Ci sono però lingue che hanno una codificazione spaziale talmente complessa da possedere più di dieci dimostrativi, per distinguere posizioni o stati che, per noi, invece non sarebbero importanti.
Ad esempio, si possono trovare termini per specificare se l’oggetto del quale si parla sia visibile o no, si trovi al livello del mare o sopra, sia su una collina o dietro la collina, sia raggiungibile con le mani oppure no: livelli di distinzione talmente raffinati che, invece, nella nostra lingua sono dati per scontati e racchiusi nell’opposizione ‘vicino vs lontano’”.
Quali altri ambiti del rapporto tra lingua e spazio, secondo Lei, potrebbero (o dovrebbero) essere indagati meglio?
“Penso che potrebbe essere interessante studiare come le nuove forme di comunicazione basate su internet stiano cambiando la nostra percezione spaziale.
Ci sono stati alcuni studi, in particolare sull’inglese, ma non è un argomento che finora è stato tipologicamente affrontato: sarebbe bello vedere però come il non-spazio creato da internet sia codificato nelle diverse lingue.
Un'altra cosa su cui vorrei lavorare sono interazioni che le varie dimensioni della deissi (spazio, tempo e persona) hanno tra di loro. In alcune lingue, per esempio, dei pronomi personali onorifici nascono come termini spaziali che esprimono distanza: mi piacerebbe approfondire queste mutue influenze anche se non so quando, vista la complessità dell’argomento”.
Sito Web: http://www.unimib.it/open/eventi/Space-and-language_-on-deixis/5650696050387989880
Altro su deissi: http://magazine.unior.it/ita/content/sophie-saffi-deissi-spaziale-e-graphic-novel
Altro su deissi: http://magazine.unior.it/ita/content/maria-catricala-fumettofonia-strategie-iconiche-onomatopee-ecco-cosa-ne-penso
Fabiana Andreani