Tradurre (in) Europa: Napoli, spazio di traduzione

 

Tradurre (in) Europa: Napoli, spazio di traduzione

Lunedì 22 novembre ha preso il via a Napoli il Festival della traduzione Tradurre (in) Europa, progetto internazionale nato dalla collaborazione dell'Orientale, dell'Università di Vienna e dell'Università Parigi 8. Una ricca serie di eventi che si protrarrà fino alla data conclusiva di lunedì 29 novembre

"Far battere il cuore cosmopolita di Napoli": con questa determinazione si apre il discorso inaugurale del rettore Lidia Viganoni, che orgogliosamente può dare inizio al primo festival della Traduzione di Napoli, compimento di un lungo percorso iniziato il 29 Gennaio 2009, con la giornata di discussione Vivere e scrivere tra le lingue, e che da allora ha viaggiato fino a Parigi, Vienna, Procida, per tornare nuovamente nella nostra città, ultima tappa del progetto biennale Europa spazio di traduzione. Occasione unica per studiosi e professionisti della traduzione per far conoscere il proprio lavoro, così importante eppure spesso messo in secondo piano dalla natura impalpabile e poco appariscente del loro studio. Ben più che semplici scrivani, i traduttori sono agenti di cultura, mediatori indispensabili tra lingue, popoli, storie, sensibilità, intelligenze. E nessuna città più di Napoli può essere il luogo ideale di incontro e comunicazione tra diverse lingue, il crocevia dove dare vita ad uno spazio di traduzione, un luogo dove creare reti di studio e progetti, puntando lontano lo sguardo. È in questo spirito che si apre il festival, nella speranza di poter avvicinare chiunque alla traduzione, al rapporto con il "testo a fronte", a dialogare con professionisti e semplici curiosi, in un calderone di arti ed espressioni che coinvolge letteratura, musica, cinema, fumetto, teatro. E proprio dal teatro si comincia, grazie alla voce dell’attrice Maddalena Crippa, che ha affascinato la platea con la lettura di brani tratti dalle opere di due delle più grandi autrici del Novecento, Il porto di Toledo di Anna Maria Ortese ed i Canti di un'Isola di Ingeborg Bachmann, e divertito con la buffa interpretazione delle Lettere da un'amicizia di Hans Werner Henze. La sua voce suadente dà vita alle immagini di bellezza e squallore, di rassegnazione e voglia di riscatto, di povertà (reale) e di ricchezza (culturale), che ci sembrano sempre così attuali e indissolubili dall'essenza stessa della nostra amata e martoriata città. È l'interpretazione, che fa dell'attore stesso un traduttore a suo modo: forse appunto è corretto definire in questo modo chi legge ed interpreta ad una platea un testo scritto, che nella sua fissità ha bisogno della passione e dell'intelligenza di un attore per poter prendere vita e rapire l'anima di chi ascolta. La lettura è stata resa ancora più trascinante dalle splendide esecuzioni al violoncello del maestro Aurelio Bertucci, premio De Ritiis 1989 e membro dell'Orchestra Teatro San Carlo di Napoli, che ha accompagnato la Crippa sulle note delle prime tre suite per violoncello di Bach. Un accostamento di letteratura, musica e teatro, l'incontro di discipline e punti di vista diversi che si incontrano: come ha ricordato in chiusura della serata la professoressa Camilla Miglio, questo atteggiamento di unione e commistione è già tipico del traduttore, che nel suo lavoro si fa trasformista, falsario, ladro. Un ladro dunque, ma un ladro, come ci ricorda la Miglio, era anche il dio greco Hermes, che in baratto donò la lira ad Apollo, dio delle Arti. Una collaborazione fruttuosa tra furfanteria e creazione che dura ancora oggi, e che nel corso del festival tutti avranno la possibilità di apprezzare.

Michele Trocchia

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