Volevo studiare l'arabo e il francese: l'ho fatto!

 

Volevo studiare l'arabo e il francese: l'ho fatto!

Silvia Scognamiglio - L'Orientale Web Magazine

Silvia Scognamiglio: Pasolini l'ho scoperto all'Orientale. Un poeta capace di mostrare la grandezza racchiusa nelle piccole cose

Silvia Scognamiglio, lei si è laureata (laurea triennale) in Lingue, culture e istituzioni dei Paesi del Mediterraneo.

“Sì, mi sono laureata il 18 febbraio 2010 in Lingue, culture e istituzioni dei Paesi del Mediterraneo con una tesi su Pierpaolo Pasolini. Ora frequento il Corso di laurea magistrale in Lingue, letterature e scienze della traduzione all’Università La Sapienza di Roma. Sono al secondo anno e la fine del percorso universitario si avvicina.”

Come mai decise d’iscriversi all’Orientale? Come valuta la Sua esperienza nel nostro Ateneo?

“Nel 2006, dopo il diploma, non avevo le idee ben chiare sul tipo di percorso universitario da scegliere, e sul quale avrei poi dovuto basare le mie scelte di vita future. Ma una cosa era certa: volevo proseguire lo studio delle lingue, una passione che mi accompagna sin da quando ero bambina. Già alle scuole medie avevo scelto un percorso bilingue (inglese e francese), e in seguito, per le superiori, decisi di frequentare il liceo linguistico, dove ho continuato lo studio dell’inglese e del francese, affiancando anche il tedesco. Nei miei studi universitari, dunque, intendevo continuare a seguire questa mia inclinazione per lo studio delle lingue straniere.
Nel momento di scegliere a quale Università iscrivermi, e quale corso seguire nello specifico, mi affascinò molto il Corso del Mediterraneo (Lingue, culture e istituzioni dei Paesi del Mediterraneo), che permetteva di studiare due lingue triennali e una biennale, ma anche di approfondire discipline legate alla linguistica, alla traduzione, alla storia, alla letteratura, all’arte, tutti campi che mi interessano molto. Aver trovato un corso che mi permettesse di studiare molte discipline diverse, e al contempo di approfondire la mia conoscenza delle lingue, ha semplificato la mia decisione su dove iscrivermi e su quale corso scegliere. Era il Corso adatto per me! E poi l’Orientale ha una sua fama, da sempre, per l’insegnamento delle lingue.”

Quali lingue ha studiato, e quali le ragioni della sua scelta?

“Durante i tre anni trascorsi all’Orientale ho studiato inglese, arabo e francese.
L’inglese, punto fermo da sempre, era una scelta quasi obbligata visto il ruolo sempre più preponderante che oggi riveste nel mondo e per l’amore per la letteratura inglese che ho coltivato nel corso degli anni. Come seconda lingua, invece, ho scelto di studiare l’arabo.
Questa passione per le lingue, e per le sfumature racchiuse anche nelle parole più semplici, si accompagna a una grande curiosità che mi ha spinto a interessarmi a una cultura diversa e lontana da quella occidentale, la cultura araba. Ero curiosa di sapere che cosa c’è dall’altra parte del Mediterraneo, quali altre culture sono presenti nel bacino di questo mare antico e sempre al centro di tanti interessi. Avevo il desiderio di sapere che cosa ci fosse in quei Paesi al di là delle guerre tra ebrei e palestinesi e del fondamentalismo islamico.
Istintivamente pensavo che fosse riduttivo concepire un sistema culturale come quello arabo soltanto sotto il segno del fanatismo religioso. E infatti all’Università ho scoperto la letteratura, la filosofia, la scienza, la teologia, il sistema sociale e culturale di un mondo basato su principi spesso diversi dai nostri, ma parimenti complessi e articolati.
Scegliere di studiare l’arabo è stato un modo per cominciare a conoscere e ad avvicinarmi a una cultura affascinante e ricca, sperando di riuscire un giorno a padroneggiarla e a lavorarci come sto facendo ora con l’inglese.”

La sua tesi di laurea è stata dedicata a Pasolini (Pasolini e la religione nell’Italia del boom economico) e si è laureata con 110 e lode. Che cosa L’ha interessata in Pasolini? Il titolo della tesi è indicativo, ma vorrei che lei precisasse…

“Dopo aver deciso di scrivere una tesi su Pasolini, mi sono documentata molto, guardando film, leggendo i suoi romanzi, i suoi saggi, gli articoli, nonché alcuni documentari che lo riguardavano. Nell’incredibile vastità di temi e argomenti affrontati nella sua opera era difficile sceglierne uno in particolare ed escludere tutti gli altri: non solo la letteratura, la poesia, gli studi sulla lingua e sulla semantica, ma anche politica, religione, psicologia, filosofia, cinema, giornalismo, impegno sociale e civile, e molto altro ancora. C’era davvero l’imbarazzo della scelta, ma sono riuscita a isolare una sorta di filo conduttore, che a mio avviso si ritrova in tutta la sua opera: un amore incondizionato per la vita, per la sua sacralità, già presente sin dalle prime poesie scritte a Casarsa. Nelle prime raccolte poetiche, il mondo rurale è narrato miticamente e non sono rari gli accenni alle figure classiche della religiosità cristiana.
Questo richiamo alla religione si ritrova anche nella produzione poetica successiva (L’usignolo della chiesa cattolica, La religione del mio tempo), nei film (Accattone, Il vangelo secondo Matteo, La Ricotta), negli articoli raccolti in Scritti corsari e nelle Lettere luterane. Qui il riferimento al mondo religioso non è più poetico come quello agli esordi, ma si fa più impegnato, critico, anticonformista, deciso a mettere a nudo quelli che sono i lati negativi di una società capitalistica in cui la vera religione è divenuta il consumo.
La religione del boom economico risulta essere un edonismo di massa affiancato a una continua repressione, e Pasolini delinea tali tematiche in modo lucido e chiaro, mettendo a fuoco alcune critiche che ancora oggi risultano essere attuali, a quasi quarant’anni di distanza dalla sua scomparsa.
Analizzare queste linee tematiche mi ha permesso di toccare moltissimi temi dell’opera di Pasolini, di delineare un percorso che attraversa diversi argomenti, che potrebbero essere interessanti da approfondire con ulteriori ricerche.”

L’opera di Pasolini è una incredibile miniera d’idee.

“Qualche anno fa lessi per la prima volta i romanzi di Pasolini, Ragazzi di vita e Una vita violenta. Romanzi forti, che restano impressi. La cosa che subito mi colpì era quel suo giocare con la lingua, quel suo realismo nello scrivere, una lingua che si conformava ai personaggi di cui narrava le vicende, ma che nel suo essere rude sapeva essere anche poetica. Non a caso la prima produzione poetica di Pasolini fu in dialetto, in dialetto friulano precisamente, la regione natale della madre.
La poesia di Pasolini si ritrovava nel mondo rurale, nei personaggi semplici, in quella sacralità tutta particolare che riusciva a percepire nel mondo che lo circondava. Aveva vent’anni quando mise in versi la propria emozione di fronte al mondo idilliaco della campagna: già allora era un attento osservatore in grado di trovare nelle piccole cose grandi significati. Questa è la sua cifra stilistica, che cambierà forma nel corso degli anni, ma non la sua essenza.
Anche quando conduce le sue inchieste anticonformistiche contro il mondo capitalista e borghese, Pasolini indaga la quotidianità della vita, i particolari che caratterizzano la vita del mondo moderno e capitalistico rispetto al mondo rurale. In tal modo, attraverso la sua attenzione a questi particolari intuisce il significato del profondo cambiamento in atto nella società.
Sono questi i temi su cui ho scelto di soffermarmi: innanzitutto sul dato biografico, e quindi sul suo rapporto con la campagna (Casarsa), prima, e con la città (Roma) poi, sul rapporto tra mondo contadino e religiosità, per passare infine all’impegno civile e sociale di Pasolini.
Larga parte della tesi è stata dedicata all’analisi del rapporto di Pasolini con la religione e con la Chiesa intesa come istituzione.”

L'argomento le fu suggerito o fu una sua scelta personale?

“Seguendo un corso mi sono imbattuta in un documentario di Pasolini che non conoscevo, Comizi d’amore. Qui Pasolini, munito di macchina da presa e microfono, gira l’Italia da Nord a Sud per intervistare gli italiani sulle loro abitudini sessuali, sui temi dell’omosessualità, dell’aborto, dell’amore, dei rapporti con l’altro sesso. Temi del tutto scandalosi e inopportuni per l’Italia del 1964, anno di uscita del film. Nelle sue domande e nelle risposte ricevute nei più disparati luoghi d’Italia, Pasolini con delicatezza sottolineava il clima conformistico dell’epoca, salvo sprazzi di anticonformismo che si ritrovano in alcune ragazzine dalla mentalità aperta. Con interviste a intellettuali come Alberto Moravia, Ungaretti e Oriana Fallaci, venivano poi approfondite le tematiche affrontate con la gente del popolo, con gli studenti, con i lavoratori all’uscita dalle fabbriche.
Questo documentario mi affascinò moltissimo, lo feci vedere a tutta la mia famiglia per la sua sconcertante attualità e per l’ammirazione che provavo per un uomo che aveva avuto il coraggio di dire ciò che doveva restare taciuto in una società che tendeva alla repressione…
Decisi quindi di proporre una tesi su questo argomento, tra i tanti che mi interessavano.”

Lavora, adesso, o continua i suoi studi?

“Vivo a Roma da un anno ormai e sono iscritta al secondo anno della magistrale in Scienze della Traduzione alla Sapienza. Ho deciso di specializzarmi in traduzione dopo aver seguito all’Orientale un corso di Teoria e storia della traduzione, davvero interessante e che mi ha colpito molto, tenuto dalla professoressa Miglio. Nel corso delle lezioni e poi dello studio per quell’esame, mi resi conto che lavorare con le parole e con la lingua, studiare, analizzare e scoprire tutte le potenzialità che il sistema della langue nasconde era ciò che avrei voluto 'fare da grande'.
L’anno scorso, mentre terminavo il primo anno di magistrale alla Sapienza, ho avuto la fortuna di cominciare a collaborare con una casa editrice qui a Roma in qualità di traduttrice dall’inglese all’italiano, la Valter Casini Editore. Ho già tradotto due testi, mentre sto lavorando a un terzo in questi mesi.”

È di vecchia data il suo interesse per l’editoria?

“Il mondo della carta stampata era un’incognita per me fino allo scorso anno, quando ho frequentato un corso di specializzazione che mi ha aperto le porte di questo universo. Grazie alla collaborazione con alcune case editrici ho cominciato ad apprezzare sempre più tutto il lavoro che c’è dietro la produzione di un testo stampato, e ogni volta che entro in una libreria mi metto a pensare all’impegno e alla dedizione necessari per portare avanti determinati progetti.
Sono consapevole che guadagnare bene in questo campo è difficile e richiede duro lavoro, ma la passione e la voglia di diffondere un messaggio, sia esso poetico, culturale, filosofico, a volte (anche se non sempre) è più importante del guadagno. Ed ecco che si continua a fare ciò che si ama sperando che anche altri apprezzino il proprio lavoro.”
 
Se fosse possibile, andrebbe a lavorare all’estero o preferirebbe restare sempre in Italia, con o senza lavoro?

“Non esiterei a partire per lavorare all’estero, specialmente se si considera il fatto che nel campo della traduzione l’Italia è il Paese europeo in cui un traduttore viene pagato meno che negli altri Paesi. Se dopo la laurea magistrale (per la quale mi manca davvero poco) non dovessi riuscire a trovare lavoro qui, vorrei cercare di costruire qualcosa anche al di là dei nostri confini. Mi piacerebbe molto vivere in altri posti, immergermi in altre culture e in altre sonorità, non solo da semplice turista.”

Un’ultima domanda: che cosa direbbe Pasolini, secondo lei, dell’Università dei nostri giorni?

“Pasolini era un educatore, e in fondo è rimasto tale per tutta la vita, con quella sua voglia di comunicare, di far capire che cosa succedeva di sbagliato nel mondo e come si sarebbe potuto porre rimedio. Sono sicura che Pasolini si sarebbe fermamente schierato contro i tagli alla cultura e all’istruzione, e che avrebbe scritto articoli taglienti, chiari, precisi, semplici per delineare una situazione confusa come quella che oggi viviamo in Italia. Sono sicura che sarebbe stato, ancora una volta, un profeta, in grado di aprire la mente a molti e di spiegarci cose che ancora non vediamo perfettamente, ma che tra qualche anno risulteranno chiare.”

Francesco Messapi

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