XXXV Convegno annuale della Società Italiana di Glottologia: intervista con Paolo Di Giovine

 

XXXV Convegno annuale della Società Italiana di Glottologia: intervista con Paolo Di Giovine

Locandina Convegno SIG 2010

Sfide e frontiere della linguistica nell'analisi del Presidente della Società

Professor Di Giovine, ci potrebbe brevemente presentare la SIG e i suoi scopi?

"La Società Italiana di Glottologia (SIG) nasce a Pisa il 12 Aprile del 1970 per fare il punto sugli studi linguistici con un particolare interesse, vista la denominazione, per la linguistica storica che all’epoca costituiva uno dei punti fondamentali della disciplina accanto alla linguistica generale. Era una Società che tendenzialmente doveva riunire tutti i docenti di glottologia e che, con il tempo, si è ampliata fino a essere oggi rappresentativa di tutti i settori della linguistica italiana e di tutti i professori, ricercatori e giovani studiosi compresi in quell’ambito di studio che, nel sistema di classificazione disciplinare odierno, corrisponde alla sigla L-LIN/01.
Una caratteristica interessante è che l’ammissione non avviene in maniera automatica ma richiede la presentazione da parte di due soci di diritto, docenti del settore, e viene deliberata ogni anno nel convegno nazionale.
Volendone definire gli scopi, direi che la Società mira da un lato a promuovere e monitorare gli studi linguistici in Italia, e dall’altro, a tenere i contatti tra i linguisti italiani e tra questi e istituzioni come il Ministero o il Consiglio Universitario Nazionale, del quale la SIG è uno degli interlocutori per il settore di Glottologia e Linguistica in questioni che riguardano la valutazione delle ricerche e in altri argomenti di forte impatto nell’ambito della politica universitaria."

Cosa distingue il Convegno annuale della Società Italiana di Glottologia dagli altri eventi di studio a tema linguistico in Italia? "Il Convegno annuale della SIG è per tradizione un evento estremamente selettivo che punta moltissimo alla qualità piuttosto che alla quantità degli interventi: si svolge infatti solo sulla base di relazioni a invito.
Al contrario della maggior parte delle conferenze italiane ed estere non si procede alla scelta degli interventi dietro un call for papers, ma una volta deciso il tema del convegno, è la stessa SIG ad individuare i relatori tra le personalità accademiche di maggior rilievo riguardo all’argomento generale. Nello specifico del convegno di quest’anno sarà l’etimologia ad essere il filo conduttore di interventi che si attendono essere di grande spessore culturale e valore scientifico."

Che spazio hanno i giovani ricercatori nella SIG?

"La SIG è stata fondata da grandi nomi della linguistica di allora come Vittore Pisani, Giuliano Bonfante, Tristano Bolelli, Walter Belardi, Carlo Alberto Mastrelli. In seguito, con il cambiare dell’università, la società si è gradualmente ampliata ai contributi dei più giovani tanto che oggi, negli organi direttivi, ci sono rappresentanti di tutte le fasce di docenza senza alcun tipo di preclusione. Inoltre, in ogni convegno ai giovani ricercatori è riservata una sezione apposita, denominata in genere Sessione Poster, dove studiosi promettenti offrono attraverso dei tabelloni contributi connessi con il tema del convegno, di solito con grande successo di pubblico."

Che rapporti ci sono tra la Società Italiana di Glottologia ed il nostro Ateneo?

"È la prima volta che il Convegno Annuale avrà luogo a Napoli e siamo molto felici di questo. È stato un impegno che ci siamo voluti assumere, facendoci carico di tutte le possibili difficoltà organizzative che può riservare un evento di ampie dimensioni come questo, poiché ci sembrava necessario che la città fosse il centro dell’attività della linguistica italiana per un momento dell’anno. Napoli infatti ha un’importantissima tradizione di studi nella disciplina specie grazie al rilevante contributo che L’Orientale ha dato e continua a dare.
Se mi è permessa una nota personale, per esempio il mio maestro, Walter Belardi, prima di tornare alla Sapienza ha insegnato all’Orientale ed è stato una delle guide di quelli che poi si sono succeduti all’Ateneo come Campanile e Domenico Silvestri, allievo di Bolelli, che in parte ha collaborato con Belardi."

Quali sono, secondo lei, ora i temi di ricerca più promettenti in linguistica?

"Sicuramente sono favoriti tutti quegli ambiti che hanno immediate ricadute su di un piano pratico o che offrono contributi spendibili in campo tecnologico: a questo proposito, penso allo sviluppo di programmi e strumenti elettronici per il trattamento/analisi della voce.
Inoltre, studi sui meccanismi di fonazione trovano applicazione nel campo della medicina come supporto a terapie logopediche per il recupero delle capacità articolatorie. Sempre in ambito medico-scientifico, forniscono rilevanti stimoli anche le ricerche sull’afasia e i lavori di psicolinguistica sui meccanismi psicologici alla base dell’uso del linguaggio.
Infine, gli studi sui meccanismi interni delle lingue hanno un’applicazione diretta nell’area della didattica delle lingue in quanto ne forniscono spiegazioni sul funzionamento e, allo stesso tempo, consentono di procedere all’analisi contrastiva delle analogie tra lingue diverse."


In che modo conoscere la struttura e il funzionamento di una lingua aiuta la tecnologia?

"Da ormai diversi anni, linguisti e ingegneri conducono ricerche in gruppo per lo sviluppo e la realizzazione di vari software. Brillanti risultati si sono avuti con la creazione di programmi per la dettatura al computer, per il riconoscimento e l’analisi dello spettro vocale oppure con dizionari o supporti elettronici per l’apprendimento delle lingue. In ogni caso si tratta di programmi dove al computer viene "insegnato" come è costituita una lingua tramite istruzioni su come suddividere, riconoscere e ricombinare tra loro le varie parti dell’enunciato secondo determinati parametri. Nel futuro si spera di realizzare anche software affidabili per la traduzione automatica che non necessitino l’intervento dell’uomo nella correzione e controllo del testo finale."

Vi sono, per contro, dei settori d’indagine ormai superati?

"No, non penso e il motivo è semplice: ogni lingua è formata da forma e contenuto, e dato che non ci si "parla addosso", ogni messaggio veicolerà sempre un contenuto in relazione ad un contesto culturale. Ritengo lo studio della lingua come lo studio di una cultura e, così come le conoscenze contenute in quest’ultima sono sconfinate, è allo stesso modo improbabile che vi siano dei campi d’indagine in linguistica che diventino obsoleti senza aver necessità di ulteriori approfondimenti e verifiche. Questo vale anche nello studio di lingue morte: ricercare su di esse, significa affacciarsi al passato e recuperare secoli di conoscenze con quali confrontarsi."

In che cosa l’Italia è all’avanguardia nella linguistica?

"Senz’altro l’Italia eccelle nella linguistica storica, al pari della Germania, e poi mi sentirei di indicare come settori di spicco anche la dialettologia, l’etnolinguistica o la psicolinguistica.
La presenza italiana è inoltre costante nei convegni internazionali dove i nostri ricercatori, in particolare coloro che possono esprimersi in una seconda lingua, ricevono continui riconoscimenti e apprezzamenti."

La SIG in che modo sostiene la ricerca?

"Principalmente attraverso due iniziative. La prima è il corso d’aggiornamento in materie linguistiche che organizziamo nella prima settimana di settembre tra Udine e la cittadina di San Daniele del Friuli. Ogni anno circa cinquanta/sessanta tra laureati, dottorandi e giovani ricercatori si ritrovano in questi luoghi per partecipare ad un programma intensivo che, con una formula ben collaudata, prevede lezioni tenute da docenti di tutta Italia e momenti di aggregazione, utili alla circolazione d’idee e di nuove conoscenze tra quelli che si spera siano i futuri esperti della disciplina.
In secondo luogo, la SIG bandisce delle borse di studio, in un numero che varia da 3 a 4, per consentire a tutti quei giovani studiosi che non ne avessero possibilità la partecipazione a congressi, specialmente all’estero. Per entrambe le iniziative, la domanda deve essere presentata con qualche mese d’anticipo e prevede la valutazione del curriculum studiorum ed eventuali pubblicazioni del candidato da parte di un’apposita commissione."

Che formazione consiglierebbe a chi volesse intraprendere attività di ricerca in questa disciplina?

"Come dicevo prima la linguistica è una disciplina con ambiti di studio e applicazioni pressoché sconfinati, tanto da far descrivere la figura del linguista da parte di alcuni semiologi, tra i quali Eco, come quella di un tuttologo. Al di là di queste generalizzazioni, consiglierei di costruire il proprio ambito di ricerca specializzandosi non solo in un unico specifico settore ma coltivando parallelamente almeno due o tre interessi di studio. In primo luogo, poiché questo consente di mantenere il giusto grado d’interdisciplinarietà nel proprio lavoro e inoltre perché, possedere competenze in più aree, permette con facilità di individuare correlazioni tra fenomeni così come rende possibile ricavare conferme o smentite da diversi punti di vista."

Definirebbe la linguistica oggi "una scienza esatta"?

"Per dare una risposta vorrei partire dalla natura delle forme linguistiche, costituite dall’unione di materia fonica e di significati. Per tutti gli ambiti che hanno a che fare con il primo aspetto, ritengo con certezza di poter definire la linguistica come una "scienza esatta": disponiamo, infatti, di strumenti che ci rendono in grado di eseguire analisi empiriche molto precise e, nel caso dei mutamenti fonetici, sono state elaborate da tempo efficaci leggi e regole che ne consentono di prevedere l’andamento o di effettuare la ricostruzione di forme passate non attestate. D’altro canto, per quel che riguarda i significati, trattandosi essenzialmente di cultura tradotta in nozioni generali sotto la mutevole e imprevedibile influenza di fattori psico-sociali, la linguistica può solo essere una "scienza umana" che dà delle indicazioni senza l’ambizione dell’esattezza. Ad ogni modo ritengo che la disciplina sia, tra le scienze umane, quella senza dubbio dotata di un grado di formalizzazione maggiore."

Facoltà innata o acquisita: come definirebbe l’origine del linguaggio?

"Dal mio punto di vista il linguaggio è senza altro una facoltà innata, non primaria, non vitale ma universale, poiché elemento comune a qualunque tipo di genere umano, anche se non sappiamo con precisione quando sia nata. L’aspetto che ritengo sia acquisito è la grammatica, ovvero tutte le regole che differenziano una lingua da un’altra e che consentono la formazione di enunciati dotati di un significato comprensibile. Su questo punto comunque, la natura acquisita o meno della grammatica, è bene precisare la presenza di diverse posizioni, tra le quali scuole di pensiero innatiste che limitano semmai l’aspetto acquisizionale solo al lessico."

In passato, le teorie linguistiche sono state accusate di fornire sostegno e/o giustificazione allo status quo di un certo governo (es. linguistica del nazismo): vede ancora possibile, o presente, una relazione tra linguistica e potere?

"L’esistenza nella storia di concetti linguistici passati a essere utilizzati in impianti ideologici a sfondo totalitario è un dato di fatto: lo stesso concetto di "razza ariana" deriva dall’individuazione di un gruppo di "lingue ariane" nell’area della Persia. Anche se c’è da dire che il nazismo fece un uso del concetto del tutto arbitrario, perseguitando per esempio i rom, che da un punto di vista genealogico parlano una lingua più ariana degli europei.
Al di là di questi infausti esempi, è fuori da ogni dubbio ammettere come la lingua sia un potente strumento d’integrazione o esclusione. Affermazioni da parte delle élite di potere del tipo "chi non parla questa lingua, non può partecipare a una tale attività" creano in pratica le basi per barriere sociali e predispongono la strada alla segregazione ed esclusione di specifici gruppi ed etnie. Guardando però la situazione da una prospettiva diametralmente opposta, promuovere il plurilinguismo significa favorire l’integrazione e l’armonizzazione del tessuto sociale. Ritengo sia questa la direzione verso la quale tutti i governi odierni debbano orientarsi: l’idea di uno Stato monolingue è solo un retaggio del passato ormai superato."

Dalla grammatica delle origini alla più moderna eco linguistica: nel corso dei secoli, i campi disciplinari si sono sempre più ampliati in risposta anche alle trasformazioni sociali. In che direzione vede il futuro della linguistica?

"Senza dubbio le prospettive future della linguistica sono più che rosee: tutti i settori della disciplina fanno presagire un progresso di conoscenze ricco di risultati apprezzabili.
Dato l’alto grado di pervasività della ricerca, tuttavia, riesco con difficoltà a immaginare l’apertura di tematiche di ricerca completamente nuove, mentre ritengo che godranno di particolare rilievo tutti gli studi a sfondo sociale o con ricadute pratiche, come la sociolinguistica o la linguistica computazionale. Non credo soffrirà di decadenza nemmeno la linguistica storica dove si stanno aprendo nuove prospettive d’indagine. Forse solo alcuni ambiti di studio dell’etnolinguistica, con il progressivo venir meno delle popolazioni cosiddette non civilizzate, potrebbero soffrire di un calo di interesse. Prima di concludere, vorrei soffermarmi sui nuovi ruoli che il linguista si trova sempre di più a ricoprire. Oltre alle collaborazioni con l’informatica delle quali abbiamo già parlato, i fonetisti oggi svolgono un lavoro essenziale anche in ambito giudiziario, nella quasi totalità delle perizie di riconoscimento e decifrazione della voce. Inoltre, il linguista si trova direttamente impegnato nella difesa delle lingue in pericolo di estinzione: insegnando a una minoranza come mantenere la sua lingua, si consentirà a questa gente di non cancellare il patrimonio culturale tramandato nel corso del tempo. Perdere una lingua, è bene ricordarcelo, equivale a perdere per sempre un immenso bagaglio di nozioni e conoscenze. Senz’altro una sconfitta per questa moderna società basata sull’informazione e comunicazione."

Fabiana Andreani - Direttore: Alberto Manco

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