Ai confini del canone
Ai confini del canone
Due giornate di studi letterari per riscoprire gli autori italiani al di là degli stereotipi
27 febbraio 2012 – Si è svolto nelle giornate del 6 e 7 febbraio il convegno “Ai Confini del Canone”, organizzato dal Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati del nostro ateneo, che ha visto la partecipazione di dottorandi, oltre che docenti, sia esterni che interni. Fatto singolare, che ha di per sé contribuito ad arricchire la discussione sull’interessante tematica del canone letterario e ad approfondire la vita e le opere di scrittori italiani che sembravano solo apparentemente allineati al comun sentire o inscrivibili in un unico genere. Emblematico è stato il caso Quasimodo, presentato da Carlangelo Mauro: il poeta, soprattutto negli ultimi decenni della sua vita, ha infatti sperimentato una pluralità di tendenze, smontando così i critici che l’hanno definito come emblema del canone per antonomasia, fra cui Gargiulo. La professoressa Candela, docente di Letteratura italiana contemporanea, nei panni di moderatrice del dibattito ha del resto sottolineato come solo chi approfondisce sul serio i problemi ha la possibilità di fare discorsi sul canone, riaccendendo la luce della verità. E così ha fatto Laura Cannavacciuolo, prendendo in esame le strategie dell’umorismo di Camillo Boito in un suo particolare racconto, notando come egli si sia allontanato dal movimento della Scapigliatura in cui era inscritto, avvicinandosi piuttosto a Svevo e Pirandello; un orizzonte cavalcato in maniera ibrida. Rosaria Taglialatela si è concentrata invece su Le “anime semplici” di Matilde Serao, presentando dei suoi scritti in francese, mentre Carlo Serafini della Sapienza si è focalizzato sul teatro oratorio di Giovanni Testori. Mario Musella s’è dedicato a dei giochi di “equilibrismi”, presentando la poesia visiva, in opposizione e completamento a quella concreta, per una letteratura interstiziale, spaziando dalla tradizione ellenistica a quella futurista e toccando persino gli ideogrammi cinesi. Mirella Scala ha compiuto un’operazione simile nella sua trasversalità, mettendo a confronto i canoni letterari di Ottocento e Novecento, rilevando una dialettica non risolta, ed Apollonia Striano si è concentrata sul secolo più recente, con un’analisi specifica dell’opera di Massimo Bontempelli. Francesca Romana Sauro ha riesumato gli oggetti desueti e non della letteratura di quegli stessi anni, tracciando un percorso didattico, mentre Antonia La Torre si è soffermata sul Pasolini regista, studiandone la letteratura cinematografica. Anna Ferrari ha dato voce ad «una totale disarmonia perfetta», rievocando l’inesausta sperimentazione di Amelia Rosselli, della generazione degli anni Trenta. Augusto Guarino, infine, è uscito a sua volta fuori dagli schemi, scegliendo di trattare della letteratura spagnola e mostrando come anche là vi sia ancora molto da sottrarre allo stereotipo.
Annamaria Bianco
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