Antonio Ciccarelli: “L’Orientale ha uno stile inconfondibile, frutto anche del tipo di sapere che trasmette”
Antonio Ciccarelli: “L’Orientale ha uno stile inconfondibile, frutto anche del tipo di sapere che trasmette”
“Il mio percorso universitario è uno di quelli travagliati, che manifestano una personalità alla ricerca di un 'non-so-che' che preme dentro e, per natura, si rivolge alla conoscenza per avere risposte”
Dottor Ciccarelli, lei si è laureato in Filosofia (vecchio ordinamento) nel 2010, se non sbaglio, con una tesi di laurea sul dialogo interculturale fra “psicologia del profondo” e buddhismo, con particolare riferimento al pensiero di Mark Epstein. La interessava di più la psicologia del profondo, il buddhismo o la filosofia in senso stretto?
“Ciò che gradatamente ho compreso e che ovviamente implica un processo continuo di ricerca, è che il ‘sapere’ è realmente uno. Il mio interesse iniziale coinvolgeva una necessità ontologica con approccio metafisico, che naturalmente è divenuta gnoseologica e poi psicologica. A un certo punto della mia vita lo studio della filosofia e della psicologia mi sembrava un buono strumento per saziare la mia ‘fame e sete’ di conoscenza di me stesso e del mondo.
L’interesse per il buddhismo e per tutte le forme di sapere dell’Oriente che implicavano un approccio metafisico e trascendentale è nato precocemente, intorno ai venti anni, per una necessità spirituale quasi ‘compulsiva’, dovuta anche al fatto che sono un praticante di arti marziali cinesi e ciò implica necessariamente che si confronti con la storia di queste discipline, che appunto affondano le radici non solo nel buddhismo ma anche nel taoismo e nelle loro trasformazioni storiche quali il Chan e lo Zen.
La felicità maggiore, durante il percorso di studio universitario, è stata quando ho compreso che questi saperi, al di là dell‘emisfero di provenienza, implicavano necessariamente anche un risvolto psicologico/esistenziale, in particolare nelle dottrine orientali. Inoltre, per natura, sono molto attratto dall’armonia e dalla bellezza e l’Oriente attribuisce sempre a questi due elementi un ruolo centrale.
Filosofia, psicologia e dottrine orientali per me, ora, come al momento della scelta universitaria, sono strumenti attraverso cui conoscere se stessi e il mondo. Quindi che cosa dire: filosofia, buddhismo o psicologia del profondo? Mi concedo un’espressione romantica come risposta: Amore per la Conoscenza.”
Come conosceva l'esistenza del nostro Ateneo? Perché si è iscritto all’Orientale per una laurea in Filosofia? A Napoli, in campo filosofico, c’è la massiccia presenza della Federico II. Tanto più – direi – è da apprezzare la sua scelta…
“Il mio percorso universitario è uno di quelli travagliati, che manifestano una personalità alla ricerca di un ‘non-so-che’ che preme dentro e, per natura, si rivolge alla conoscenza per avere risposte.
C’è una frase di S. Tommaso su cui sto ‘meditando’ negli ultimi tempi. Dice che l’uomo ha bisogno di tre cose per avere la ‘salvezza’: sapere in che cosa credere, sapere che cosa desiderare e sapere che cosa fare.
Prima d’iscrivermi al corso di Filosofia, sono stato iscritto al corso di laurea di Medicina e Chirurgia, poi a quello di Psicologia e infine a Filosofia. Insomma per qualcuno, oltre ad una personalità ‘complessa’, si potrebbe dire che la mia è anche un po’ indecisa… Ma questo è un altro discorso.
Tutti questi cambi manifestavano anche un bisogno conoscitivo che ha poi trovato soddisfazione nello studio comparativo delle dottrine orientali e della filosofia. Credo che l’Università dovrebbe sempre, con licenza poetica, continuare a essere il tempio del sapere dell’essere umano, il luogo in cui si cerca la ‘verità’. Ho cercato la ‘verità’ anche nelle Facoltà di Medicina e di Psicologia, poi ho capito che l’approccio scientifico ‘esclusivista’ inquinava non solo l’aspetto conoscitivo, ma anche quello etico e puramente umano.
In quanto veterano dell’Università, l’Orientale mi era noto, e aveva sempre esercitato su di me un notevole fascino, e chi conosce l’istituzione sa da dove proviene questo fascino alternativo. Conoscevo anche la facoltà di Lettere e Filosofia della Federico II, ma solo all’Orientale avrei potuto studiare dottrine orientali e poi, per affinità elettiva, ero più attratto dall’Orientale.”
In quale senso ritiene che l’Orientale abbia inciso positivamente su di lei? Ritiene che vi sia uno stile inconfondibile? (Nel senso: che vi s’incontrino, per esempio, docenti e studenti di un tipo che altrove non è possibile trovare).
“Non vive di solo pane l’uomo…, anche l’intelletto si nutre, e l’intelletto, come il corpo e l’anima, conferisce forma al nostro essere, sia su di un piano spirituale che della personalità. L’esperienza del corso di Filosofia all’Orientale mi ha nutrito molto e con sostanza.
Quando mi iscrissi all’ Orientale, venivo da esperienze diverse come Medicina e Psicologia. All’Orientale la relazione con i docenti è stata completamente diversa da quelle che avevo avuto con le altre due Facoltà. All’Orientale mi sono subito sentito a mio agio, sia con i docenti, sia con gli altri studenti e anche con la segreteria. Ovviamente una struttura universitaria è fatta di esseri umani, e in qualche modo i simili si attraggono. Certamente l’Orientale ha uno stile inconfondibile, frutto anche del tipo di sapere che trasmette.”
Quali sono i suoi filosofi preferiti? Quelli in cui si è maggiormente riconosciuto?
“È una domanda molto difficile a cui rispondere. Durante il mio corso di studi ho focalizzato l’attenzione su alcune materie per poter acquisire un quadro ampio della produzione filosofica e conoscitiva sia dell’Oriente che dell’Occidente. Ho biennalizzato Filosofia teoretica, Storia delle religioni, Psicologia, Religioni e filosofie dell’India, e quindi ho potuto conoscere solo una minima parte dell’enorme produzione filosofica di entrambi gli emisferi, senza considerare il fatto che l’Oriente non è solo Cina o India, ma c’è anche il Medio Oriente. Quindi è difficile classificare l’intensità della relazione spirituale con un pensatore o un sistema, considerando anche la questione linguistica, fondamentale per comprenderne la struttura di fondo di pensiero. Posso dire però di aver cercato sempre di ‘sentire’ il messaggio che c’era dietro ogni forma di conoscenza. In Oriente, inoltre, più che di pensatori si dovrebbe parlare di singole individualità che sporadicamente hanno brillato e brillano nelle dottrine spirituali appartenenti alla tradizione e queste sicuramente conservano ancora la fragranza dell’approccio metafisico. Posso concludere dicendo che il Buddhismo, con il Vedanta e il Taoismo, insieme al Cristianesimo, con pensatori come Cusano ed Eckhart, sono un elemento importante della mia spiritualità e che l’antroposofia e l’esoterismo (con pensatori come Guénon e altri anche più moderni) hanno formato profondamente il mio pensiero. Direi, infine, che tutto contribuisce alla conoscenza di sé e del mondo. Quindi amo ed in qualche modo mi riconosco in tutto ciò che attiva questo processo.”
Il professore Bergonzi ha seguito il suo lavoro di tesi. Come caratterizzerebbe la sua fisionomia intellettuale? Si muove, in effetti, su due versanti (psicologia e buddhismo) che per lui sono convergenti…
“Il professore Bergonzi ben rappresenta lo spirito sincretico dell’Università di Napoli L’Orientale. La mia scelta di chiedergli di farmi da relatore è stata immediata, al mio primo esame con lui. Il percorso intellettuale che seguiva, nuotando agilmente fra psicologia e dottrine orientali, in particolare induismo e buddhismo, mi affascinava e mi offriva strumenti di autoconoscenza. Il professore Bergonzi è una persona perfettamente in grado di gestire le contraddizioni insite nello studio sincretico di un certo tipo di sapere. Sicuramente il suo approccio cerca di restare molto nell’ambito accademico, ma la sua umanità vivace e sincera tradisce l’influenza dello studio e della pratica che lo forma da tempo.”
L’esperienza di ricerca e di scrittura della tesi è stata appassionante per lei?
“Ho paura ad ammettere che ciò che ti genera più difficoltà ti offre più opportunità di crescita, perché questo significa che sto divenendo austero… Ma, al di là di questo, sì, quest’esperienza mi ha preso molto in positivo e a volte anche in negativo. Ho imparato tantissimo, sia da un punto di vista pratico che teorico, affinando molto le mie capacità intellettuali, e mi sono anche reso conto che conoscevo e conosco poco come si possa passare dalla scrittura alla prassi. Intendo: dalla lettura di un testo all’attuazione delle sue indicazioni. Tuttavia sono fiducioso nella massima buddhista, ‘la pratica rende perfetti’.
Inoltre, l’argomento, il percorso di studio e la scrittura della tesi mi davano l’opportunità di comprendermi e di comprendere le meccaniche esistenziali poiché il buddhismo e la psicologia del profondo scavano all’interno di un essere per cercare illuminazione ed equilibrio psichico.”
Quali docenti, incontrati nel corso degli anni, l’hanno maggiormente segnato in positivo? Quali ricorda più vivamente?
“Il primo docente con cui ho avuto contatto è stato il professore Raio, che m’introdusse all’elaborazione del piano di studio. Con lui ho poi sostenuto tre esami, due di filosofia teoretica e uno di storia della filosofia contemporanea. Il suo contributo alla mia crescita intellettuale è stato importante, soprattutto per l’approccio alla filosofia occidentale. Il professore Raio incarna l’ideale, almeno per la mia esperienza con lui, dell’insegnante, appassionato sinceramente del suo lavoro, vivace intellettualmente e molto aperto e comprensivo con gli studenti.
Ho poi incontrato il professore Bergonzi e, ovviamente, essendo stato il mio relatore di tesi, il rapporto con lui è stato intenso e molto proficuo sul piano intellettuale e umano.
L’ultimo docente incontrato, per il quale provo grande affetto e stima intellettuale è il professore De Sio Lazzari, che è stato anche il mio correlatore di tesi. Di lui ho apprezzato il grande impulso artistico nella trasmissione del suo sapere: infatti nei due esami sostenuti con lui ricordo che, al fianco di una conoscenza storica delle religioni, era sempre presente l’elemento poetico e artistico.
Ovviamente tutti i docenti di cui non ho parlato hanno comunque contribuito alla mia formazione. Grazie, dunque, a tutti i docenti dell’Orientale.”
E quali colleghi ha trovato più vivi intellettualmente? Non chiedo nomi, ma tipi di personalità.
“Di questi tempi la scelta di un corso universitario è cosa complessa. Purtroppo l’Università ha perso parte della sua sacralità. Prima, tempio del sapere, oggi, nella maggioranza dei casi, ‘luogo di formazione per il mondo del lavoro’, oppure ricerca comprata da multinazionali. Le Facoltà umanistiche ancora si difendono dalla corrosione dei valori ultimi che sono in qualsiasi forma di sapere, anche perché proprio le scienze umane per loro natura sono le ultime a sparire dal panorama culturale. Dico tutto ciò, perché la scelta universitaria indica il carattere e la personalità di un individuo. Gli studenti che scelgono corsi di studio umanistici in questa epoca storica, sono in linea generale, più sensibili, più ‘umani’. Ho incontrato personalità mosse dal desiderio di conoscenza proprio del filosofo, ‘amanti del sapere’, quindi con un approccio più teoretico, personalità più collegate alle questioni socio-politiche, impegnate, che cercavano nello studio forza per agire nel sociale, personalità romantiche, amanti del viaggio e dei sapori esotici, della letteratura di altri luoghi, come il viandante, e infine anche personalità artistiche alla ricerca d’ispirazione, sognatrici ed eclettiche, spesso eccentriche. Insomma ne ho incontrate varie di personalità, e tutti individui stimolanti e intellettualmente vivi.”
Quale il suo lavoro attuale?
“In questo momento insegno discipline corporee di tradizione orientale e sono un operatore shiatsu. Ma sento molto il desiderio d’insegnare in un Liceo. Avere una parte attiva nella formazione dei giovani. Avendo già esperienza d’insegnamento, credo sia possibile dare un grosso contributo sociale attraverso la scuola. Oggi la scuola non è vista di buon occhio, per tanti motivi che non elencherò, eppure è il cuore pulsante di una società. Avverto la voglia di immergermi nel mondo scolastico, consapevole anche delle difficoltà da affrontare. Potrei definirmi un idealista, e vivere per un ideale mi dà forza, capacità di sopportazione e perseveranza. Proverò a cominciare il tortuoso e arduo cammino che mi porterà a divenire un insegnante della scuola pubblica italiana...”
Sta continuando a studiare? Che cosa?
“Sì. Ho il vizio! Non riesco più a smettere. Mi sono iscritto a un Corso di laurea magistrale in Culture e tradizione del Medioevo e del Rinascimento (abito ora a Ferrara, e questa è una laurea magistrale interateneo dell'Università di Ferrara e dell'Università di Bologna). Ho sempre amato l’idea d’imparare a scrivere, di comprendere la letteratura anche da un punto di vista tecnico. E poi l’italiano è una lingua bellissima. Inoltre ho sviluppato un piano di studi non solo letterario ma anche storico/artistico. Credo che sia importante coltivarsi, e lo studio è uno dei vari metodi per autocoltivarsi. Non nascondo che c’è anche la motivazione pratica riguardo all’insegnamento, potendo accedere a più classi di concorso.”
Se fosse possibile, andrebbe a lavorare all’estero o preferisce comunque restare in Italia?
“Se avessi un’opportunità concreta non mi tirerei indietro. Anche perché una volta che ti sei sradicato, e sono oramai tre anni che vivo a Ferrara, è solo una questione pratica: il cuore è libero, ogni luogo può divenire la mia casa. Avendo famiglia, il lavoro è la base, quindi mi muoverei senza problemi con un’offerta lavorativa concreta. Ovviamente anche il luogo è importante. Vivendo a Ferrara mi sono viziato: è proprio una bella città. Per quanto riguarda le radici nazionali, mi adatto facilmente, certo mi mancherebbe la lingua italiana, ma quando hai la famiglia puoi continuare a parlarla. Insomma mi adatto facilmente ed amo l’avventura.”
Oltre a studiare Filosofia, ha avuto e ha altri interessi? In quale campo?
“Nel mio lungo e travagliato percorso di studio ho coltivato tante passioni che continuo a seguire. Come ho raccontato prima, prima di iscrivermi al corso di Filosofia sono stato iscritto a Medicina e chirurgia e in quel periodo ho cominciato lo studio parallelo delle medicine naturali, prendendo anche un diploma in Naturopatia in una scuola privata belga e un diploma in shiatsu. Successivamente ho aperto un’erboristeria e uno studio di naturopatia e massaggi. Inoltre coltivo le discipline corporee di tradizione cinese e indiana. Ho sempre avuto l’ideale del ‘sapiente’ eclettico, intento alla conoscenza dell’uomo da più punti di vista.
Nel tempo tutti quest’interessi si sono come amalgamati creando un punto di vista peculiare, in cui le varie forme di sapere si ponevano al servizio non solo della mia crescita personale ma anche nella mia capacità di essere utile al prossimo.
La conoscenza deve essere ampia e pratica, razionale ma non razionalistica, scientifica ma non scientista, sincretica ma non confusionaria.
Sicuramente questo tipo di approccio nel mondo moderno è controcorrente, in quanto la nostra epoca chiede le super specializzazioni e vede di cattivo occhio l’eclettismo. Di fondo sono un romantico, amo la poesia e la bellezza. La conoscenza non deve essere qualcosa di arido, ma di vivo e creativo.
Con orgoglio mi definisco filosofo ovvero amante della conoscenza, in tutte le sue forme.”
Francesco Messapi
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Audio intervista - Ibadi Theology. Rereading Sources and Scholarly Works