Camus e Pasolini, due forme d’impegno

 

Camus e Pasolini, due forme d’impegno

Giornate Camus Pasolini, modera Jacques Le Marinel - Université d'Angers

Napoli, 17 novembre 2010 – Seconda giornata del ciclo di conferenze Camus Pasolini. Due scrittori impegnati del XX secolo nella sede di Palazzo degli Uffici dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Tre interventi per sessione, le tre previste oggi, in ognuna delle quali – riprendendo dei titoli – s’intrecciano i destini “dismisurati” di due scrittori giornalisti, che hanno condiviso, seppur diacronicamente, lo stesso impegno e stato di rivolta.
Umberto Todini (Università di Salerno), nel ricordare la tenzone con Sartre, dispiega in Camus un tipo di impegno in cui tutto è rivolto al presente; d’un attualità sì forte da conservare ad oggi la stessa forza applicativa che l’animava un tempo, e che prende le mosse dall’antico mitologico.
Due i termini che emergono: nettoyage e Sud.
L’utilizzo del primo nasce dalla necessarietà, nel momento in cui il passato – nell’immaginario collettivo – si ritrova a fa i conti con un classicismo cinematografico che prevedeva, nel solo primo decennio del cinema italiano, già quindici soggetti d’ispirazione antica, appunto. L’altro invece è il nuovo modo di vedere, in prospettiva, il sottoproletariato.
Si tratta di due autori che hanno espresso convinzioni e disappunti attraverso più linguaggi. Teatro e saggistica uno, giornalismo e cinema l’altro. Ma ricusando, sempre, sia specialismo che autorevolezza. Semplicemente, si sono esposti. E in diverse forme, per arrivare a molti.
C’è in Camus la ricerca di un padre perso quando aveva un anno. Il franco-tiratore ha bisogno di un padre non in nome del potere piuttosto dell’autorità. Onore e dovere sono figli di una libertà chiamata dignità, che si nega a tutori di nome Storia e onnipotenza dello spirito, vero nucleo del totalitarismo. Nella rivolta (e non rivoluzione) c’è il no ma anche il si. Il si greco di un cosmo che ci contiene tutti e non esaltazione di quella plasticità dell’uomo così com’è inquadrato dall’idealismo e dal romanticismo.
Pasolini un padre ce l’ha, ma nel suo caso è pura ribellione, rigetto delle istituzioni per una disperata vitalità. Condanna in termini di genocidio culturale la nuova sacralità del consumo. Vede, profeticamente, nell’individualismo di tale dismisura muoversi il mostro del Nuovo potere.
La difesa dell’Homme révolté, solitaire et solidaire, è uno stare sulla cornice tra libertà e responsabilità .
“Anzi, a questo punto, più che impegno è testimonianza/intervento”, dice Silvia Disegni (Università di Napoli “Federico II”). E’ l’arte che costringe ad essere combattenti; l’artista sa che nulla è facile ma che l’altro esiste. E quando non è più sufficiente parlare con la mediazione delle proprie opere, Pasolini destabilizza, scandalizza il suo lettore attraverso il proprio corpo.
La rivolta è analisi, polemica, discorso, ironia del senso rovesciato, giudizio ex-centrico germe di una periferia che, nella distanza, favorisce il distacco. L’ostracismo e la censura che si riserva a questi autori rientra in un piano di esclusione a volte quasi da loro stessi ricercato. L’eccentricità (da intendersi come distanza dal centro) è detta necessaria all’indipendenza e alla credibilità verso coloro i quali difendono, i diseredati.

Claudia Cacace

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