Carla Bassu (E-Cubo, Rai Educational): Innumerevoli ormai i messaggi di propaganda ambientalista

 

Carla Bassu (E-Cubo, Rai Educational): Innumerevoli ormai i messaggi di propaganda ambientalista

Carla Bassu

“In redazione con me anche un economista, una studentessa, un’antropologa”

Carla Bassu, lei sarà ospite delle Giornate di studio che si terranno dal 24 al 26 marzo all'Orientale nella sede di Procida. Le Giornate sono dedicate a “Comunicazione e Ambiente”. Su che cosa verte il suo intervento?

“Il mio intervento sarà innanzitutto una testimonianza in qualità di membro della redazione del programma E-Cubo in onda su Rai Educational. Si tratta di un format generazionale incentrato su una sfida ben precisa: fornire un punto di vista nuovo ai giovani sulle principali tematiche ambientali e favorire la diffusione di una maggiore sensibilità in merito a queste questioni.
Sottolineerò l’importante ruolo che Giovanni Minoli ha ricoperto nell’aver avuto la giusta intuizione che ha portato dei buoni riscontri di critica e di pubblico. Parlerò anche dell’infelice collocazione della trasmissione nel palinsesto. Molte scuole ci hanno proposto delle giornate di incontro con delle proiezioni e questa cosa ci entusiasma e ci fa dispiacere al contempo. La ragione sta nel fatto che i nostri contenuti dovrebbe essere accessibili a tutti con una messa in onda in una fascia oraria media.
Il nostro programma cerca sempre di seguire un filo conduttore trattando le principali tematiche ambientali da un punto di vista economico, giuridico, umano”.

E- Cubo è un programma che offre una metodologia d’indagine per promuovere inchieste e denunce relative all’ambiente. Ci racconta com’ è nato questo progetto e con quale scopo?

“E-Cubo nasce come un progetto di informazione ambientale trasversale. Il punto focale attorno al quale si concentra l’idea di questo programma è avvicinarsi ad un target giovanile che possa identificarsi negli obiettivi di E-Cubo e fare dell’ambiente uno strumento di riconoscimento della sensibilità sociale”.

Quando e come è iniziato il suo impegno nella comunicazione ambientale?

“Nel 2007, durante la realizzazione della prima serie del programma, la redazione di E-Cubo mi chiamò per un’intervista. In quanto giurista, mi chiesero un contributo in riferimento al protocollo di Kyoto. Solo in un secondo momento fui ricontattata dal direttore Minoli per partecipare in pianta stabile al progetto di redazione. Nel 2008 quindi l’organico della redazione ha preso una forma più tradizionale avvalendosi di collaboratori che potessero dare il loro contributo con l’ausilio delle loro competenze. Oltre a me sono presenti in redazione un economista, una studentessa, un’antropologa. La particolarità di questo programma sta il fatto che le nostre idee sono completamente autonome e ci viene lasciata molta libertà”.

Quali sono le inchieste che le sono rimaste più impresse e che hanno avuto un particolare significato per lei?

“La puntata intitolata Navi a perdere mi ha profondamente segnata. Si trattò di un’inchiesta sulle carrette del mare: decine di centinaia di imbarcazioni utilizzate per trasportare rifiuti tossici sono state affondate in acque internazionali soprattutto al largo della costa calabrese. Non avevo mai neanche lontanamente immaginato l’esistenza di un traffico illegale di rifiuti così imponente e così altrettanto diffuso sotto gli occhi di tutti. Le conseguenze di questo tipo di traffici sono estremamente gravi per l’ambiente, le scorie tossiche lasciate alla deriva creano danni irreversibili ma in pochi se ne curano.
Un’altra puntata particolarmente toccante è stata quella sull’acqua e sull’emergenza idrica mondiale. C’è un incredibile contrasto tra l’idea dell’acqua come diritto universale e la normativa che vorrebbe regolarne la privatizzazione”.

Come considera il rapporto tra la quantità e la qualità delle informazioni che circolano su comunicazione e ambiente?

“Se dovessi fare un discorso di tipo quantitativo, potrei tranquillamente dire che a differenza degli scorsi anni, ci sono innumerevoli esempi di messaggi di propaganda ambientalista. Il vero problema è la qualità di questi messaggi. Si tratta molte volte di messaggi fuorvianti. La tutela ambientale o la promozione dei prodotti eco-compatibili presentano degli aspetti che non sono ancora del tutto chiari perciò determinate iniziative andrebbero maggiormente curate nei dettagli e finalizzate alla diffusione della verità”.

Ci sono a suo avviso eco-mode orientate dalla comunicazione di specifici canali? Ci farebbe un esempio?

“Ce ne sono tantissime. Il problema di fondo sta sempre nella disinformazione. Spesso succede che si sa poco o nulla di alcune questioni. Un esempio sta nella scarsa considerazione che si ha della biomassa. Le biomasse rientrano fra le fonti rinnovabili in quanto la CO2 emessa per la produzione di energia non rappresenta un incremento dell’anidride carbonica presente nell’ambiente eppure non si sa per quale ragione in Sardegna il 98% della popolazione si sia espresso contro l’ipotetico investimento in questo tipo di energia. La distorsione comunicazionale può causare quindi gravi conseguenze”.

Esauribilità delle risorse, nuove forme di gestione delle risorse: a che punto si è? Fa un esempio di comunicazione efficace su questo tema da parte di uno specifico canale massmediale?

“Attualmente ci troviamo ad un punto morto. Si fa molto poco per la concreta conoscenza ed il reale utilizzo delle risorse energetiche rinnovabili. Siamo molto lontani dal punto di arrivo. Attualmente anche la prospettiva geopolitica pone più che mai al centro delle discussioni la necessità di sanare questo deficit”.

Cosa pensa delle cosiddette energie alternative? Ci sono casi esemplari di comunicazione sulla questione?

“Delle energie alternative penso tutto il bene possibile. Dal punto di vista giuridico e del diritto pubblico la questione è marcatamente politica. I canali istituzionali non fanno abbastanza e si continua ad investire in modo cieco nelle fonti energetiche esauribili. Sarebbe il caso di organizzare una pianificazione seria del territorio e scegliere di volta in volta il tipo di energia su cui poter investire in base all’offerta del territorio di riferimento”.

Nucleare: sì o no? E cosa dice del livello della comunicazione relativa alla questione?

“Ritengo che un’eventuale scelta di investimento sull’energia nucleare non sarebbe positiva; tuttavia devo riconoscere che la campagna informativa sull’energia nucleare si è rivelata un successo perché l’unico obiettivo è stato invitare tutti a riflettere e a valutare i pro e i contro inerenti a questa questione.
Strumentalizzare l’informazione per motivi economici è quanto di più abbietto possa esserci. Un messaggio distorto può causare gravi conseguenze, abbiamo tutti gli strumenti necessari per evitare che ciò si verifichi”.

Politiche ambientali, finanza, economia. Sponsorizzazioni, preorientamento della percezione positiva del marchio. Ingenti investimenti di tipo comunicazionale spingono a consumare risorse primarie, oltre quelle effimere. Un esempio che caratterizza l’Italia: le acque minerali. Cosa dice a questo proposito? E avrebbe qualche altro esempio da suggerire.

“Il nostro modello economico ci spinge a ritenere obsoleti degli apparecchi tecnologici che non lo sono affatto. Allo stesso modo l’uomo pur essendo ben conscio del fatto che l’acqua del rubinetto sia ben controllata continua a dare credito ai messaggi pubblicitari che invitano al consumo delle acque minerali di turno. L’obiettivo dei pubblicitari è spingere l’utente ad un uso non consapevole del prodotto. La strumentalizzazione economica potrà finire solo con la costruzione di una solida coscienza critica. La vera soluzione sta nel riuscire a fornire agli utenti la possibilità di discernere e di comprendere il contenuto dei messaggi inoltrati dai pubblicitari. Comprendere che la differenza tra alcuni prodotti non è sostanziale gioverà sia all’economia che all’ambiente”. 

Raffaella Sbrescia