Centralità dell’oasi di Khotan nell'intercultura buddhista lungo le Vie della Seta

 

Centralità dell’oasi di Khotan nell'intercultura buddhista lungo le Vie della Seta

Il Buddha di Domoko

Quarta conferenza del ciclo dottorale organizzato da Bruno Genito e Lucia Caterina con le Scuole Dottorali di Studi Orientali e Africani (Dottorati: Turchia, Iran e Asia Centrale, Asia orientale e meridionale) e di Studi Interculturali (Dottorato: Archeologia: Rapporti tra Oriente e Occidente) e con il CISA (Centro Interdipartimentale di Servizi per l’Archeologia)

Continuando a percorrere le Vie della Seta con la dottoressa Forte dell’Università di Vienna abbiamo esplorato l’oasi di Khotan, situata a sud del deserto del Taklamakan, nell'attuale regione autonoma dello Xinjiang e delimitata dai monti Kulun, dai quali scorrono i fiumi Yurungkash, il Karakash e il Keriya. In antichità erano queste le vie utilizzate; testimonianza ne sono vari siti ritrovati lungo il Keriya, che continuando verso nord connettevano il percorso meridionale delle Vie della Seta con quello settentrionale. Fu proprio la particolare conformazione territoriale a rendere Khotan un nodo strategico nel ramo meridionale del percorso delle vie. Le prime notizie precise del regno di Khotan sono in lingua cinese e risalgono al periodo degli Han: nel II secolo a.C. il regno era già abbastanza grande e nel III secolo d.C. prese il controllo dell’area e delle vie che portavano in India. E questo fu anche il periodo più importante della cultura dell’oasi, segnata soprattutto dal buddhismo. Non è ancora chiaro quando il buddhismo sia arrivato a Khotan ma, per i cinesi, il regno nel III secolo era un centro d’importanza religiosa pari se non superiore all’India. Per lungo tempo il buddhismo fece parte della vita dell'oasi a tutto tondo, in particolar modo ebbe il sostegno della famiglia reale che promosse la costruzione di monasteri e luoghi di propagazione religiosa.
I primi scavi archeologici risalgono agli inizi del XX secolo. Tra i reperti rinvenuti ci sono piccoli oggetti di culto di vari materiali realizzati per essere portati in viaggio dai pellegrini. Difficile datare questi manufatti o stabilirne il luogo di produzione. Non tutti, infatti, sono stati prodotti a Khotan, ma sono arrivati nell’oasi attraverso scambi religiosi tra il mondo indiano e l’Asia Orientale.
Un altro importante reperto è una statua in bronzo alta circa 40 centimetri che raffigura un Buddha seduto su di un podio, trovata nella zona di Domoko. Sul fronte del podio è presente un’iscrizione devozionale in sanscrito: è una lista di nomi di donatori riconoscibili perché presenti in altre iscrizioni rinvenute nell’area di Gilgit. Infatti questo tipo di manufatto è praticamente unico nell’area del Tarim, mentre è molto più comune nelle aree del Kashmir, del Gilgit e dello Swat. Il tipo di iscrizione fa capire che questi bronzi erano oggetti preziosi commissionati dall’aristocrazia del regno e che quindi probabilmente avevano un valore non solo religioso, ma erano il simbolo di una rete di scambi basata su rapporti politico-familiari. Ad oggi purtroppo si può solo intuire cosa succedeva nel regno di Khotan. È dall’incrocio dei dati forniti dallo studio degli itinerari e dei manufatti non prodotti nell’oasi che si potrà venire a capo delle modalità con cui avvenivano questi scambi e, soprattutto, si potrà avere un intervallo temporale e spaziale più preciso che permetta di comprendere meglio quale fu l’importanza del buddhismo per il commercio e per l’arte dell'Asia Centrale.

Francesca Ferrara

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