Comunicazione ambientale è meno spettacolo, più informazione

 

Comunicazione ambientale è meno spettacolo, più informazione

Parla Elise Melot, giornalista della radio comunitaria AMISnet 

Elise Melot, Lei sarà ospite delle Giornate di studio che si terranno dal 24 al 26 marzo all'Orientale nella sede di Procida. Le Giornate sono dedicate a “Comunicazione e Ambiente”. Su che cosa verte il suo intervento?

“Parleremo innanzitutto di come le radio, ed in particolare le radio comunitarie, siano utilizzate in situazioni di emergenza ambientale e crisi climatiche, come ad esempio ad Haiti, dove sono servite sia per trasmettere informazioni utili che per permettere alla gente di ritrovarsi tramite messaggi personali. Parleremo anche della radio come strumento di lotta. Il riferimento sarà al movimento anti-nucleare in Germania, nato alla fine degli anni ‘70 con l’attività di una radio pirata che trasmetteva al confine con la Svizzera e coordinava le proteste contro la costruzione sul luogo di centrali nucleari. L’esempio è stato fruttuoso e, tuttora, in questo Paese simili radio sono utilizzate per diffondere messaggi a gruppi di protesta impegnati nel bloccare i treni che trasportano scorie verso centri di raccolta al centro della Germania.
Portando come esempio alcune produzioni di AMISnet, naturalmente parleremo anche della radio come mezzo d’informazione e approfondimento di questioni più ampie o di eventi a tema ambientale, come può essere stato il Forum di Copenaghen sul cambiamento climatico.”

Come considera il rapporto tra la quantità e la qualità delle informazioni che circolano su comunicazione e ambiente?

“Se devo essere drastica direi che nei media main stream le informazioni riguardo a questioni ambientali sono scarse sia in qualità che quantità o, per lo meno, è possibile trovare solo una copertura parziale.
Per esempio, in Italia tra qualche mese ci dovrebbe essere un referendum sul nucleare eppure, a parte i recenti catastrofismi nucleari in seguito alle vicende giapponesi, sulla stampa più diffusa quasi non si trovano informazioni sul voto e sulle conseguenze delle scelte. Manca il luogo di dibattito sull’eventualità, o meno, di un ritorno al nucleare per l’Italia.
Diverso è il discorso sui media non-main stream come le radio comunitarie. AMISnet è questo proposito è parte di una rete mondiale di radio di questo tipo di nome AMARC (Association mondiale des radiodiffuseurs communautaires) e cerca di dare voce a tutti movimenti sociali, alle associazioni e alle preoccupazioni di chi agisce concretamente sul territorio. Nella nostra posizione, cerchiamo di dare voce alle proteste o alle iniziative di varie associazioni ed enti no-profit, realtà più sfuggenti e meno prese in considerazione dai canali d’informazioni più grandi e istituzionalizzati”.

Ci fa un esempio, a suo avviso, molto efficace di comunicazione ambientale?

“Rifarò l’esempio della Germania e delle lotte anti-nucleari guidate appunto da quella radio pirata: un esempio di efficacia, coordinazione e approfondimento che è stato ripreso come modello da tutte le radio comunitarie che ora operano in questo Paese. I risultati li vediamo in questi giorni in Germania, dove la gente si è mobilizzata contro il nucleare e Angela Merkel ha deciso di conseguenze di fare un passo indietro nelle politiche riguardanti l’energia atomica”.

Una vecchia questione: è lo strumento il messaggio, o è il messaggio lo strumento?

“Penso piuttosto che ‘messaggio’ e ‘strumento’ siano alla pari non soltanto riguardo a questioni ambientali ma anche nella comunicazione tout court. Perché un messaggio sia efficace, bisogna dargli per forza una forma attraente o una chiave di lettura particolare: è una dura legge dell’informazione ma per assicurarsi un minimo di ascolto, si deve per forza curare non solo il contenuto ma anche l’aspetto del messaggio”.

Ci sono a suo avviso eco-mode orientate dalla comunicazione di specifici canali? Ci farebbe un esempio?

“A dire la verità non mi viene nulla in mente. Eco-mode ne vedo ben poche a iniziare da ciò che mi circonda: una grande città inquinata dove nessuno prova nemmeno a spostarsi in bicicletta, il consumismo, i continui problemi con lo smaltimento dei rifiuti eccetera”.

Esauribilità delle risorse, nuove forme di gestione delle risorse: a che punto si è? Fa un esempio di comunicazione efficace su questo tema da parte di uno specifico canale massmediale?

“Penso che ancora ci siano ancora dei concreti passi avanti da fare. Francamente vedo troppa poca consapevolezza e coscienza comune su questo tema per citare un esempio passato di comunicazione efficace a proposito”.

Cosa pensa delle cosiddette energie alternative? Ci sono casi esemplari di comunicazione sulla questione?

“Bisognerebbe innanzitutto fermarsi e pensare quale di queste fonti energetiche alternative utilizzare.
Mi spiego meglio. Per esempio i pannelli solari sono stati molto pubblicizzati mentre ora, oltre che ai dubbi riguardo alla loro reale utilità ed efficacia, ci troviamo di fronte anche a delle perplessità sull’entità dei costi di smaltimento ambientale e di produzione del pannello solare stesso.
Ribadisco quindi la necessità di una riflessione mirata e matura per capire che tipo di bisogno esista, che tipo di fonti energetiche siano presenti ed infine quali tipi di energie alternative sia possibile implementare realmente in un determinato territorio”.

Nucleare: sì o no?

“Io non mi sento di essere favorevole al nucleare. Anche perché provengo da un Paese, la Francia, dove le centrali nucleari abbondano e nel quale la lobby che sostiene questa fonte d’energia per usi civili è decisamente potente e, fino almeno a dieci anni fa, direttamente supportata dalle forze militari: si pensi solo alle bombe atomiche nel Pacifico della metà degli anni Novanta”.

Come è rappresentato in Italia sul piano della comunicazione il quadro europeo delle reali emergenze ambientali ?

“Non sono italiana e non so quanto la mia opinione rifletta l’effettiva realtà: mi sento però abbastanza critica. In Italia mi pare manchi un efficace e diffuso passaggio d’informazione riguardo alle emergenze ambientali, non solo di quelle al di fuori dei confini ma anche sui problemi all’interno del Paese. Cito la crisi della spazzatura di Napoli: per giorni in televisione solo immagini di cumuli di spazzatura e allarmismi d’ordine igienico-sanitario, ma poi? Sappiamo nulla di come si è risolta la vicenda? Siamo sicuri che non si ripresenterà di nuovo? A me sembra che il problema non sia considerato nella sua complessità e con continuità in nessuno dei media main stream”.

Un’azione massmediale per salvare il Pianeta…

“Più che di un’azione parlerei di ‘organizzazione’: un’impresa molto grande, lo so, ma secondo me bisognerebbe fare in modo che tutti i media di qualsiasi grandezza o portata condividano e portino avanti un’informazione più completa, meno parziale e che non si limiti ai soli periodi critici, sull’ambiente e sulle sue esigenze concrete”.

Rispetto al passato, ritiene che la cultura e l’educazione ambientale si siano impoverite?

“Riguardo all’Italia non so bene come erano le cose una generazione fa e non posso dare un giudizio.
In Francia, dove sono nata e cresciuta, ritengo invece che la cultura della tutela ambientale sia andata affermandosi negli anni: quando ero piccola mi ricordo di discariche abusive che ora invece non ci sono più, inoltre si parlava molto della Germania come modello di educazione ambientale e, mi tornano alla mente i discorsi degli adulti, si pensava che non si sarebbe mai arrivati a tali livelli di raccolta differenziata e riciclaggio. Invece, vedo ora come l’abitudine a differenziare i rifiuti si sia positivamente affermata anche nei paesini e nei più giovani”.

Pensa che la globalizzazione sia nemica dell’ambiente?

“Dipende. Se per ‘globalizzazione’ si intende il diffondersi di economie basate su sistemi di produzione intensiva e non sostenibile, naturalmente ritengo di sì. Se invece pensiamo alla ‘globalizzazione’ come flusso di persone e di idee, questo è un bene perché permette, in primo, lo sviluppo di una conoscenza di problemi e realtà non immediatamente prossime alla propria casa e poi rende possibile il formarsi di una coscienza comune e condivisa su certi problemi di rilevanza mondiale”.

Risorse Correlate: Sito Web AMISnet http://amisnet.org/ 

Fabiana Andreani

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