Comunicazione e mass media tra le due sponde del Mediterraneo: il giornalista informatore e formatore
Comunicazione e mass media tra le due sponde del Mediterraneo: il giornalista informatore e formatore
Attualità e problematiche interculturali affrontate in un’intensa Giornata di studio organizzata dalla professoressa Maria Donzelli
Napoli, L’Orientale, 15 dicembre 2011 - Che impatto hanno i recenti avvenimenti della “Primavera araba” sui mass media e viceversa? Che ruolo ha il giornalista in quanto informatore ma anche formatore dell’opinione pubblica? Qual è il compito dei mezzi di comunicazione in un tempo in cui i valori umani sono messi sempre più in discussione, nella sponda settentrionale come in quella meridionale del Mediterraneo? Questi gli spunti che, attraverso un vivace e stimolante dibattito, animano l’evento – tenutosi presso la sede di Palazzo Du Mesnil – dal titolo Comunicazione e media nel Mediterraneo in tempo di crisi, curato da Maria Donzelli e costituito dalle testimonianze ed esperienze sul campo di giornalisti direttamente coinvolti negli eventi sopra citati.
Tematiche attuali, oltre che perfettamente collimanti con la secolare vocazione dell’Ateneo che, come sottolineato nei saluti introduttivi dal Prorettore Giuseppe Cataldi, si è sempre sforzato di realizzare un “ponte tra diverse culture” prima ancora dello scoppio delle rivolte nei Paesi arabi, cercando di agire nell’ottica del dubbio contro il pre-giudizio, della crisi come opportunità piuttosto che rottura.
Dopo la presentazione della Donzelli, si apre il dibattito con tre esponenti del giornalismo contemporaneo: Vittorio Dell’Uva de Il Mattino, Zouhir Louassini di RAInews24 e Dundar Kesapli, presidente dell’Associazione Giornalisti del Mediterraneo.
Dell’Uva riporta la sua personale esperienza di inviato nei paesi coinvolti nelle rivoluzioni della Primavera araba, definendo quest’ultima più “matura” rispetto ad altri conflitti, tra cui quelli in Medioriente o nei Balcani: dopo la caduta dei regimi dittatoriali, specie nella Tunisia del dopo Ben Ali, la sempre difficile e lenta fase post-rivoluzionaria ha subito visto una fortissima affluenza alle edicole, un’attenzione da parte della popolazione alla possibilità di informarsi e sfruttare i media per muoversi verso un nuovo sentiero democratico.
Ugualmente sensibile al problema del rapporto coi mezzi di comunicazione di massa, Louassini si preoccupa invece del concetto di “responsabilità” del giornalista, che per informare bene deve essere formato bene, aggiornandosi costantemente sui fatti di cui si occupa nella consapevolezza di influire in misura rilevante sull’opinione pubblica.
Allo stesso modo, Kesapli parla di “correttezza”, “professionalità”, “passione” e “ricerca” come alcuni degli elementi principali perché un giornalista non cada in una facile ma eticamente inaccettabile manipolazione dell’informazione.
Le riflessioni scatenano un fertile e costruttivo confronto col pubblico, al quale seguono gli interventi di Akram Idries, redattore di Yalla Italia, e Antonio Nizzoli dall’Osservatorio di Pavia.
Il primo, giovanissimo relatore – nato in Italia da madre egiziana e padre sudanese – spiega come l’attenzione del suo “blog delle seconde generazioni” sia costantemente volta a promuovere una sensibilità genuinamente interculturale, tanto che i lettori sono diversi per provenienza geografica ed estrazione sociale e le tematiche mirano a sciogliere la triste equazione secondo cui l’immigrato equivale a un clandestino.
Nizzoli, invece, riporta dati statistici relativi alle notizie diffuse dai media sulla Primavera araba, suddivise in base al periodo e al tipo di notiziario: solo per citare un esempio, quelle relative alla Libia registrano il 41% di attenzione, proprio a dimostrazione della indiscutibile influenza dei mezzi di comunicazione di massa nel formare l’opinione pubblica.
Il dibattito pomeridiano è presieduto dal professor Amedeo Di Maio, docente di Economia e Finanza pubblica presso L’Orientale il quale, oltre a citare le speculazioni economiche come uno degli aspetti fondamentali delle ribellioni politiche, ribadisce anche l’importanza di una comunicazione che sia efficace e asimmetrica, varia e pluralistica negli strumenti espressivi, lontana da ogni forma di gerarchia mediatica.
Ѐ dunque la volta di due relatrici, la giovanissima Elena Chiaberge della COPEAM (Conferenza Permanente dell’Audiovisivo nel Mediterraneo) e Stefanella Campana, responsabile della versione italiana del progetto editoriale Babel Med.
La prima sottolinea i tre aspetti principali della associazione cui appartiene: la produzione audiovisiva, la realizzazione di importanti partnership e la formazione dei giornalisti, associando televisioni e atenei sfruttandone le rispettive peculiarità. Aiutandosi con materiali multimediali e mostrando estratti interessanti, la Chiaberge cita alcuni progetti della COPEAM, tra cui Ulisse 2.0, particolarmente attento al cosiddetto “giornalismo cross-mediale”: è fondamentale, per un giornalista, imparare a muoversi tra le diverse piattaforme mediatiche e gli svariati ambiti professionali che la contemporaneità comporta.
Stefanella Campana, invece, racconta di Babel Med, nato nel 2001 – e in Italia tre anni fa – con lo scopo di dar voce alle culture dell’altra sponda del Mediterraneo, alle vicende storiche come alle espressioni artistico-culturali, con una rete di giornalisti provenienti da Paesi differenti.
Chiude l’evento una tavola rotonda introdotta da Loredana Cornero, Presidente della Commissione Donne COPEAM con alle spalle una carriera trentennale nella RAI. La giornalista, nel ribadire l’invito all’apertura verso la conoscenza e l’incontro del “diverso”, riflette sull’importanza delle parole e della lingua. Ѐ l’ibridazione linguistica il primo segno di un incontro con l’altro, che del resto è già avvenuto prima ancora di ogni teorizzazione sulla promozione di un ambiente interculturale. Una sensibilità indispensabile per il giornalista, non più solo informatore ma anche formatore ed intrattenitore, quindi inevitabilmente portato a districarsi con mezzi diversi, che implicano anche linguaggi diversi.
Ed è il linguaggio non-verbale – quello iconico delle immagini unito a quello musicale – a concludere la Giornata di Studi: Sameh El-Tantawy, dottore di ricerca presso L’Università del Cairo in cotutela con L’Orientale, mostra un toccante video che, col sottofondo musicale del pezzo “Ci basta solo sognare” dell’artista egiziano Hamza Namira, mostra scioccanti immagini di guerra e speranza al tempo stesso.
Con questa stessa speranza Maria Donzelli, che può certamente dirsi soddisfatta di come le cose siano andate, saluta e ringrazia i partecipanti non senza lasciare spazio all'emozione, augurandosi che il sogno di un sincero incontro con l’altro possa pienamente realizzarsi.
Luisa Lupoli
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