Conferimento della Laurea Honoris Causa in "Lingue e letterature romanze e latinoamericane" a Giuseppe Bellini

 

Conferimento della Laurea Honoris Causa in "Lingue e letterature romanze e latinoamericane" a Giuseppe Bellini

Giuseppe Bellini

Napoli, 1 giugno 2005 – Conferita la Laurea Honoris Causa in “Lingue e letterature romanze e latinoamericane” a Giuseppe Bellini

 

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Il nuovo corso di Laurea magistrale in “Lingue e letterature romanze e latinoamericane” viene inaugurato sotto i migliori auspici con il conferimento della Laurea Honoris Causa a Giuseppe Bellini, colui che indubbiamente è “il fondatore, nel mondo accademico italiano, degli studi di letteratura ispanoamericana”: queste le parole del Rettore Pasquale Ciriello nel Discorso di Apertura dell'evento.

Giuseppe Bellini, infatti, rappresenta uno dei massimi esponenti dello studio di quelle letterature e culture di cui, nell'Italia del dopoguerra, si conosceva davvero ben poco e il cui “impressionante impegno profuso nel mondo accademico” – come sottolineato ancora dal Rettore Ciriello – è testimoniato sia dall'attività in un numero davvero rilevante di università italiane sia dal fondamentale ruolo nell'ambito della docenza e, ancora, dalla attività di traduttore e pubblicista capace di divulgare le conoscenze acquisite in organi di ampia diffusione.

Il Preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, Domenico Silvestri, nella sua presentazione descrive il curriculum scientifico e didattico di Bellini “che come la dantesca foresta spessa e viva, lascia stupefatti per ricchezza e varietà, coniugando in ogni caso dimensioni italiane, europee e americane, secondo una prospettiva internazionale e intercontinentale”. Queste le parole con cui Domenico Silvestri introduce la complessa e ampia produzione dello studioso, definita come un “edificio umanistico” costruito da Bellini così come il poeta Pablo Neruda dice della donna amata: Tú repites / la multiplicación del universo (Cien sonteos de amor, XVI).

Nella Laudatio Academica il professore Giovanni Battista De Cesare descrive la poliedrica attività di Giuseppe Bellini a partire dagli anni della giovinezza, quelli in cui – appassionandosi agli scritti di Salgari e alle storie di corsari e di eroi d'oltreoceano – diede inizio alla sua inesauribile passione per il mondo ispanoamericano e per le lingue e le culture delle genti che lo hanno popolato. Interrotti gli studi universitari a causa del conflitto mondiale, Bellini attese la fine della guerra per riprendere gli studi nell'università in cui poi ebbe il suo primo incarico, la Bocconi di Milano.

Particolare attenzione viene dedicata all'impostazione di studio di Giuseppe Bellini: un'attenzione per quella che può essere definita come “integrità della letteratura ispanoamericana”, non limitata al periodo che va dall'indipendenza ad oggi ma attenta a tutta la produzione scritta di un'area così ricca e variegata, che arriva a comprendere la cultura letteraria o mitico-religiosa precedente la colonizzazione spagnola.

La suddetta impostazione, quindi, fondamentalmente meticcia, abbracciava non soltanto un arco cronologico ben più ampio di quanto solitamente accadesse per quest'area di studi ma anche una grande varietà di generi – romanzo, teatro, poesia, letteratura cronachistica – affrontanti in una prospettiva storico-letteraria che contribuirà in modo rilevante a diffondere in Italia, nel corso degli ultimi cinquanta anni, i fondamenti della cultura ispanoamericana.

Il professore De Cesare, prima di passare la parola a Giuseppe Bellini per la Lectio Magistralis, conclude la propria Laudatio ricordando il lungo rapporto che lega lo studioso all'Orientale e alla sua scuola di iberistica e sottolineando il riconoscimento dell'Ateneo “alla sua tenacia vincente, ma anche alla generosa disponibilità dell'amico, alla simpatia gioviale del suo tratto”.

Nel corso della Lectio Magistralis Giuseppe Bellini traccia un sintetico e ricco profilo della letteratura ispanoamericana “intesa sempre quale testimonianza di tutto un mondo”. Partendo da una definizione capace di abbracciare non soltanto la produzione scritta di un popolo quanto la più completa forma di espressione dell'uomo, Bellini definisce così la letteratura: “quella che reca in sé valori veri e che […] interpreta l'uomo, ne rappresenta la condizione sulla terra, combatte in suo nome e costruisce utopie redentrici: una letteratura che penetra non solo nella condizione umana dell'essere, ma nel suo mistero”.

Nelle parole dello studioso, la letteratura ispanoamericana rappresenta infatti una perfetta sintesi sia della celebrazione delle meraviglie della natura e del mondo sia dell'ingiustizia e delle sofferenze umane: questa sarà la caratteristica permanente della produzione letteraria ispanoamericana nel tempo. Una letteratura sempre aperta a tutte le altre produzioni scrittorie, ma sempre proiettata verso la denuncia della prepotenza dei vari poteri, siano essi stranieri o nazionali, e sempre attenta ai bisogni dei popoli e alle loro peculiarità.

Passando dalle testimonianze relative alle civiltà precolombiane fino alla costante denuncia di sfruttamento e ingiustizia del mondo coloniale – con un realismo che è definito dallo stesso Bellini come “magico-denunciatario”, in cui la cronaca diventa indagine critica e scientifica – per giungere alla realizzazione del sogno indipendentista con Simón Bolívar e al “ricongiungimento” con il mondo spagnolo – avvenuto con la guerra civile del '36 che costrinse le grandi personalità delle lettere a rifugiarsi nei paesi di quella che era stata l'America spagnola – Giuseppe Bellini delinea con estrema chiarezza un panorama complesso e variegato e conclude la propria Lectio Magistralis con una citazione di Miguel Ángel Asturias con la quale si vuole sintetizzare la caratteristica dominante della letteratura ispanoamericana: Siamo scrittori rivoluzionari, totalmente impegnati con i nostri popoli, con la loro causa, con la loro lotta, con la loro fame, con l'ingiustizia alla quale sono sottoposti, con lo sfruttamento di cui sono oggetto, con la loro condizione miserabile in mezzo a terre opulente, senza essere iscritti ad alcun partito, senza un'attività politica determinata. [...]. È la libertà con cui lo scrittore nostro si muove nell'ampio campo della vita ciò che garantisce le possibilità di vigilante, di nemico inflessibile dei nemici dei nostri popoli, la condizione di non contaminati dagli allettamenti dei potenti, dai nuovi biondi conquistatori, e sicuri di scrivere per qualche cosa di più che fare letteratura o poesia, per formare non solo i nostri popoli, ma una coscienza di solidarietà umana intorno a essi [...].

 

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