Dalla spiritualità alla costruzione della democrazia: racconti sull'Africa

 

Dalla spiritualità alla costruzione della democrazia: racconti sull'Africa

Un momento della conferenza

Varietà di temi per un ritratto dell'Africa contemporanea

Palazzo del Mediterraneo, 30 settembre 2010 - Trentatré panel in tre giornate. Una serie di incontri di qualità. Si vuole dare conto di arte, letteratura, cinema africano in Africa e in Italia.
Esiste, ha ricordato Sandro Triulzi nel discorso introduttivo, una letteratura italofona di scrittori di origine africana; dei percorsi politici seguiti dopo l'indipendenza dagli stati africani con particolare attenzione per Egitto, Somalia, Magreb e Sudafrica a cui sono dedicati specifici panel; dei rituali religiosi e laici e di come essi siano cambiati nell'era della globalizzazione o, come preferisce la professoressa Ercolessi, del neoliberismo.
Un programma denso: molti panel sono dedicati alle arti africane con l'auspicio che prima o poi esse siano inserite nei programmi scolastici perché – come dichiarato dal prorettore – molto spesso si dimentica che l'arte africana ha influenzato a più riprese quella occidentale: basti guardare Picasso. Colpisce la presenza di numerosi giovani ricercatori, come gli studiosi provenienti dall'università di Torino che hanno presentato un panel su Costruzione della persona, trasformazioni del sé e religione in Africa, in cui analizzando rituali religiosi e laici in Marocco e nell'Africa subsahariana si rileva come, in modi diversi, questi riti vengono utilizzati per la costruzione del sé, dell'idendità personale sempre in relazione agli altri. Nelle preghiere collettive dei rituali islamici in Marocco – ha osservato Carlo Capello – la preghiera è individuale e personale anche se recitata collettivamente, il rituale collettivo serve a creare un habitus, una disciplina; serve a creare un'identità personale e ciò può avvenire solo in mezzo agli altri, in rapporto con essi. Sempre in Marocco, il rituale della circoncisione ha un significato insieme laico e religioso, serve a marcare l'appartenenza alla comunità islamica, ma si può leggere anche come rito androgenetico: la circoncisione segna la separazione tra madre e figlio, rafforza la virilità e rende il bambino insieme uomo e musulmano. Ed è significativo che l'uomo per diventare tale deve essere colpito, ferito e perdere sangue proprio nella sua virilità, così come la donna diventa tale col matrimonio e con la deflorazione che implica, appunto, una perdita di sangue. Cosa significa questo? Che la "persona" e "l'identità personale" nella cultura islamica marocchina si costruiscono attraverso l'esperienza del dolore che implica sopportazione che educa all'obbedienza e conduce gli uomini (e si badi bene non le donne) alla saggezza. Un'analisi sulla costruzione dell'identità personale femminile, sempre nel mondo marocchino, la fa Irene Capelli che, studiando i rituali legati al parto nella comunità di un'oasi al confine con l'Algeria prende atto di come, a rivolgersi alle strutture ospedaliere per un momento così delicato, siano solo le donne "straniere, nomadi o che portano avanti una gravidanza fuori dal matrimonio". Quello del parto è un momento di forte costruzione identitaria: la donna è oggetto di cure delle più anziane fino a quaranta giorni dopo la nascita e affidarsi a una struttura ospedaliera significa non avere alcun legame con le levatrici locali (essere cioé "fuori dalla famiglia") o indica comunque una scelta contro la tradizione. Alessandro Gusman e Javier Gonzalez Diez, in Africa subsahariana, rilevano come alla costruzione dell'identità personale mirano tanto esperienze come quella della religione pentecostale in Uganda – che nel dictat di purezza e castità come nel rituale del battesimo costruisce l'habitus del "rinato" – quanto culti come quello degli antenati nel Gabon dove gli iniziati ricevono ciascuno dai propri avi – durante il coma indotto dal consumo di una pianta allucinogena – indicazioni su come vestirsi o cosa mangiare.
Di tutt'altro respiro il panel coordinato da Mario Zamponi su Stato, democrazia e sviluppo nell'Africa subsahariana contemporanea, reso frizzante dal ruolo di discussant della Ercolessi. Si è discusso della politica estera della Tanzania e del suo tentativo di costruire la propria identità nazionale sulla difesa delle democrazie africane anche andando contro gli interessi dei paesi donatori che minacciavano di interrompere i flussi di aiuto. Sempre a proposito di stato e democrazia Liliana Mosca ha invece sostenuto il fatto che, se nei paesi francofoni i poteri tradizionali stiano prendendo sempre più piede, questo debba essere letto come segno del fallimento della politica francese nelle sue aree d'influenza: non si è riusciti ad esportare né la democrazia, né un modello di stato efficiente.

Concetta Carotenuto

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