Economia e linguistica. Un rapporto d’amore e ombra
Economia e linguistica. Un rapporto d’amore e ombra
Napoli, 1 aprile 2010 – Con una lezione dal titolo L’influenza dell’economia sulla linguistica, svolta nell’ambito del Dottorato di ricerca in Teoria delle Lingue e del Linguaggio, la professoressa Lucia di Pace mostra casi di omologazione lessicale – per analogie sistemiche – tra fatti economici e paralleli linguistici
Che la linguistica attingesse al lessico delle scienze esatte, quelle con la "S" maiuscola, pare affare ben noto. Prestiti terminologici, canonicamente riconosciuti e attivati anche per una iniziatica ricerca di credibilità, si rifanno alla botanica, alla chimica, alla fisica, alla geologia (fonte d’ispirazione quest’ultima per ragioni anche metodologiche). Meno nota invece, e talvolta giudicata improbabile, l’ipotesi di studio secondo la quale si sostiene che non solo esistano, ma siano sempre esistiti fenomeni di contatto tra linguistica ed economia.
È con un’analisi lessico-comparativa – in chiave storica – che si vogliono delineare tracce d’una originaria intersecazione, che ha poi generato quella branca dell’economia oggi riconosciuta come economia linguistica. Economisti che s’interessano di linguistica, d’accordo; ma anche, linguisti inflazionati da fatti economici.
Se non si riconosce in Adam Smith, padre dell’economia politica, l’autorità poi attribuitagli da molti linguisti dell'800, è tutt’altro che implicita invece la matrice – dichiaratamente economica – della nozione di valore (di scambio e d’uso) di Saussure; o il principio cui si appellava Martinet come alla base della doppia articolazione.
Di richiamo al principio naturale di domanda-offerta, è in termini di pianificazione – a questo punto (micro)economico-linguistica – che ci riferiamo all’esternalità di rete applicata al dominio linguistico (Dalmazzone). L’esternalità di rete (già effetto sociale di una scelta economica individuale) palesa, ora linguisticamente, che il beneficio che può derivare dalla competenza in una lingua da parte di un parlante si vedrà verticalizzare nel momento in cui molte persone parleranno quella data lingua.
Punto centrale della lezione: dimostrare come la linguistica, per definire fenomeni che si riferiscono alla lingua stessa, registri termini relativi alla dimensione economica. Insomma, rintracciare – categorizzandoli – precisi influssi lessicali, riconosciuti su più livelli e che vanno dalla generalità del linguaggio ordinario alla specificità del metalinguaggio e oltre.
E dunque: espressioni logonimiche (coniare, corrente), termini metalinguistici (produttività, rendimento), teorie specifiche (la mano linguistica di Adam Smith ripresa in linguistica da Keller, la legge dei rendimenti decrescenti poi comparazione linguistica).
Considerato il rapporto tra linguistica e semiologia, economia e semiotica generale, la modernità della questione – supportata in aula da numerosi e vivaci esempi di slittamenti semantici (da linguaggio comune a specialistico economico e/o specialistico linguistico, e viceversa) – renderebbe davvero necessario spendere altre parole al fine di dimostrare ulteriormente l’aderenza del mondo economico col nostro ambiente, dunque nella nostra lingua.
Claudia Cacace