Gianmario Borio e la storia dei concetti musicali
Gianmario Borio e la storia dei concetti musicali
“Quando si parla di musica, uno dei problemi è considerarla come un esercizio o come una pratica. Non c’è l’idea che vi sia una teoria della musica”
Gianmario Borio, docente alla Facoltà di Musicologia presso l’Università di Pavia, ha tenuto una lezione sulla terminologia musicale nell’ambito del Seminario di Musica Occidentale e Orientale.
Il suo intervento ha segnato un importante punto di passaggio dall’esplorazione di musiche antiche e tardo-antiche all’analisi delle pratiche musicali, con un’ attenzione particolare ai fenomeni recenti.
Il professore Moretti ha introdotto lo studioso ricordando quanto la rilevanza dell’estetica, come materia originaria, e il rapporto con Gianni Vattimo e l’entourage filosofico torinese siano stati decisivi nella sua formazione; tuttavia, negli anni, Borio si è diretto verso l’ambito della teoria e storia della musicologia, dove il magistero di Carl Dahlhaus è stato fondamentale. L’attività del professor Borio si è poi caratterizzata non solo attraverso la curatela di varie opere, ma soprattutto attraverso la pubblicazioni di saggi sul contemporaneo.
L’incontro a L’Orientale ha avuto il merito di aprire una discussione sul progetto più importante messo in piedi dallo studioso: la Storia dei concetti musicali.
Borio ha tratto lo spunto per la sua operazione da un movimento di riflessione teorica-critica che prende avvio in Germania nella metà degli anni Cinquanta del Novecento, e che si è misurato con problemi sociali e politici attraverso un ragionamento sulla storia dei concetti. Siamo in un momento storico importante: la disfatta non è solo militare, economica e politica ma anche culturale. La Germania aveva fatto della dimensione ideale-concettuale uno dei retroterra fondamentali della situazione culturale complessiva. Si trattava di non abbandonare, attraverso l’utilizzazione del concetto, l’uomo al divenire storico, senza punti di riferimento, considerati privi di sostrato metafisico come era stato tipico delle produzioni hegeliane e neo-hegeliane alle soglie degli anni Trenta.
La scuola da cui viene fuori la storia dei concetti è radicata in Germania come tradizione ma è anche aperta all’elemento empirico-pragmatico, attento alla trasformazione della storia e capace di essere vicino al fatto in modo tale che la descrizione sia attenta a ciò che muta e a ciò che contemporaneamente resta costante. Essa si è agganciata alla provenienza anglosassone per quel che riguarda l’analisi dell’evento ma non è rimasta insensibile alla dimensione ermeneutica come possibilità di interpretare il fatto storico e quindi come possibilità di non ricavare esclusivamente dal fatto stesso le leggi e le costanti della storia, come invece era tipico del pensiero anglosassone quando si concentra sull’accadimento.
Borio ha cercato di dare un breve sguardo retrospettivo sulla propria esperienza, per capire in che modo sia giunto alle sue riflessioni. Nel 1982, dopo aver conosciuto a Milano Carl Dahlhaus, è andato a Berlino dove c’erano progetti di ricerca molto ampi sulla teoria e storia della musica. Lì è stato chiaro che nella cultura musicale dell’ Occidente il suono interagisce con la parola.
Armonia e Tempo; Espressione, Forma e Opera; Melodia, Stile e Suono: questi i concetti di cui si è occupato lo studioso, negli ultimi anni e in tre volumi, sottolineando quanto la storia dei concetti si distingua dalla lessicografia in senso stretto, che ha di vista l’aspetto storico-statico piuttosto che quello dinamico-interdisciplinare, essendo indirizzata a qualcosa che resta aperto. In questo senso ogni concetto è un campo flessibile che attira a sé altri campi concettuali, e ciò che lo caratterizza è la lunga durata, la non stretta relazione con un oggetto specifico (questo gli permette di essere trasferito) e il muoversi in un contesto molto largo.
Anche se letteratura e arti visive possono essere in grado di agire interdisciplinarmente nella storia dei concetti, la musica ha comunque giocato un ruolo più interessante, perché i paradigmi dell’imitazione e del modello, in ambito musicale sono più deboli rispetto alla storia dell’arte e alla critica letteraria, in cui il discorso linguistico opera, a volte, in maniera più fissa e meno in grado di seguire i nodi, le sedimentazioni e sovrapposizioni essenziali per un’operazione come quella condotta da Borio.
La musica, infatti, per la sua stessa natura, riesce a seguire il movimento implicito dell’evento sociale-politico-economico, pur essendo un’arte che per tanto tempo ha guardato in modo eccessivamente trasversale il rapporto con la realtà.
Aniello Fioccola
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