Giulio Gargia: affrontare tematiche ambientali col fumetto
Giulio Gargia: affrontare tematiche ambientali col fumetto
Il fumetto come strumento di formazione. L'ambiente come impegno costante. E veri e propri servizi giornalistici a fumetti: un esperimento unico in Italia.
Giulio Gargia, Lei sarà ospite delle Giornate di studio dedicate a “Graphic novel e comunicazione” che si terranno all’Orientale dal 3 al 7 maggio. Su cosa verterà il suo intervento?
“A partire dal 6 febbraio 2010, pubblichiamo un inserto settimanale in 3D su Ecologia Italiana. Parlerò del graphic journalism che tratta di eventi storicizzati e della cronaca a fumetti, che è invece una variante originale del graphic journalism. Si tratta di un vero proprio tipo di giornalismo di cronaca in baloons e strips. Ogni settimana pubblichiamo un vero e proprio servizio giornalistico le cui battute sono tutte tratte dalla cronaca. Questo esperimento per ora è l’unico in Italia e naturalmente presenta alcune difficoltà. Questo tipo di esperimento mette insieme due linguaggi strutturati che hanno una storia specifica e nella cronaca a fumetti ci capita spesso di doverne privilegiare uno rispetto all’altro”.
Ci descriva più nello specifico le linee editoriali dell’inserto 3D sul giornale Terra.
“Il 3D è la terza dimensione della cronaca e consente due specificità di approfondimento: in primo luogo il linguaggio fumettistico dell’attualità, in secondo luogo l’analisi della comunicazione, delle novità e delle tendenze comunicative in Italia”.
Quali attività proporrà durante il workshop che ha organizzato? Chi interverrà con Lei?
“Insieme a me interverranno Luca Raffaeli, Mario Punzo e Paco Desiato. Cercheremo di raccontare le particolarità di questo tipo di lavoro e offriremo, a chi lo vorrà, la possibilità di avvicinarvisi”.
Cosa significa il giornalismo Avatar?
“Quest’espressione riassume il senso complesso dell’esperimento in 3D. Crediamo che la scrittura stia attraversando una sua specifica crisi e abbia bisogno di trovare contaminazioni con altri mezzi. Cerchiamo quindi di creare un alter-ego della scrittura classica per operare una riflessione più approfondita”.
Fumetto, graphic novel, graphic journalism: quali le differenze?
“Sebbene tutti e tre rientrino nella categoria del fumetto in quanto tale, il graphic journalism consiste in racconti di eventi che sono già stati cronicizzati. Ne sono un esempio i lavori del Becco Giallo. Il graphic novel invece è sganciato dall’attività di stampo giornalistico”.
Ci sono casi di attenzione all’ambiente in campo fumettistico?
“Sì, il nostro. L’ambiente è una delle tematiche principali che abbiamo scelto di trattare nelle nostre storie. Un anno fa abbiamo pubblicato proprio uno speciale sulla crisi dei rifiuti in Campania”.
Ci fa un esempio di comunicazione, a suo parere ben riuscita, attraverso il fumetto?
“Il fumetto ha i suoi eroi. Ce ne sarebbero tanti… Un esempio di invenzione efficace che mi viene in mente è Dylan Dog: una creazione di successo che è stata capace di raccontare il mondo a cavallo tra il fantastico e la cronaca”.
Come è cambiata la percezione del fumetto negli ultimi cinquant'anni? E i suoi contenuti?
“Il fumetto nasce un po’ come racconto per immagini. All’epoca era molto spettacolare poi con l’avvento dei nuovi media è diventato uno strumento di riflessione”.
Qual è il lettore ideale di fumetti?
“Non c’è assolutamente un lettore ideale, tutti possono leggerlo”.
Ci sono temi che si prestano meglio o peggio al racconto tramite il fumetto? Se sì quali?
“Non specificamente. Più che di temi, si tratta di storie. C’è un eroe individuale, una vicenda da leggere, una storia personale”.
La costruzione dell'immaginario del lettore è “guidata” nel fumetto dalle immagini (anche sonore) che fanno da contesto alla scena. In questo senso, rispetto ad un romanzo o racconto scritto “tradizionale”, nella trasposizione da una lingua ad un altra c'è una parte del racconto (una parte fondamentale) che resta immutata. Rispetto all'immediatezza delle immagini, quanto contano le parole nel fumetto?
“Le immagini contano più o meno come il parlato in un film, esse sono importanti per il completamento dell’immagine e dello story-board”.
Quali sono secondo lei le motivazioni della minore (o tarda) attenzione rivolta a questo genere nell'ambito degli studi letterari e accademici in generale?
“Il fumetto è stato considerato a lungo come un genere di intrattenimento minore, uno strumento di riflessione leggera. In seguito però esso ha conquistato una considerazione diversa ed è diventato uno strumento di intrattenimento colto, un modo per suscitare nel lettore un’attenzione maggiore alla cultura letteraria ma anche ad altre tematiche assolutamente eterogenee”.
Qual è il suo fumetto preferito?
“È difficile dare una risposta unica. Sicuramente mi interessa molto Dylan Dog”.
Quale ruolo ha o può avere il fumetto nella mediazione interculturale, anche considerando la sua vasta circolazione?
“Il fumetto può sicuramente svolgere un ruolo di primo piano nella mediazione interculturale. A tal proposito credo che l’idea di insegnare l’italiano agli stranieri usando il fumetto può essere sicuramente molto valida”.
Quale ruolo può avere il fumetto nella formazione ed educazione dell'individuo, considerata la sua diffusione in fasce d'età molto giovani?
“Il fumetto è ampiamente usato come strumento di formazione. Esiste un filone di vicende storiche raccontate a fumetti che è stato riconosciuto come assolutamente valido ai fini dell’apprendimento”.
Cosa consiglierebbe di fare a un giovane che aspira a diventare un fumettista?
“A prescindere dal fatto che ci sono tantissime figure professionali dietro la creazione di un fumetto, credo che bisogna innanzitutto conoscere a fondo il tipo di linguaggio da usare, saper sintetizzare un soggetto e svilupparlo secondo i ritmi e le necessità del racconto. Quello che consiglio è di fare tante esperienze, di provare, esercitarsi, sperimentarsi, capire ciò in cui si riesce meglio”.
Raffaella Sbrescia
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