I limiti e le contraddizioni della giustizia
I limiti e le contraddizioni della giustizia
A palazzo Giusso presentazione del volume Borders of Justice
La legge e la giustizia sono uguali per tutti? Oppure il concetto di giustizia dipende dalla prospettiva da cui la si guarda e dalla condizione materiale in cui ci si trova? È questa la domanda che pone il volume Borders of Justice (Temple University Press, € 89,50). Il libro è stato presentato venerdì 16 marzo a palazzo Giusso da Sandro Mezzadra, Iain Chambers e Giso Amendola. L’incontro è stato moderato dalla professoressa Tiziana Terranova che ne è stata anche l’organizzatrice nell’ambito del Dottorato in Studi Culturali e Postcoloniali del Mondo Anglofono.
Mezzadra, docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Bologna e curatore del volume insieme a Etienne Balibar e Ranabir Samaddar, ha introdotto così il lavoro: «questo libro si propone di intervenire nei dibattiti globali sulla giustizia mettendo in luce da un lato la sua irriducibile materialità e il suo radicamento sociale e dall’altro il momento di eccedenza che caratterizza la giustizia rispetto a qualsiasi ordinamento che intende realizzarla».
Come ha ricordato lo studioso si tratta di tematiche affrontate nelle discussioni delle Critical Studies Conferences, dei convegni organizzati dal Calcutta Research Group, un centro studi indiano di cui Ranabir Samaddar è il direttore. Di tali discussioni Borders of Justice si può considerare la tappa finale.
In effetti il volume è il frutto della collaborazione di Mezzadra col gruppo di ricerca indiano che coinvolge studiosi di tutta l’Asia Meridionale e che affronta dal punto di vista del subalterno tematiche come quella della giustizia.
Particolare oggetto di critica sono tutti quei tentativi di fai coincidere la giustizia con la sua realizzazione positiva, la legge. Il problema di fondo di questa corrente giurisprudenziale è che, nel momento in cui si compie questa identificazione della giustizia con un sistema giuridico si pongono anche dei limiti su chi possa avere accesso a questa giustizia e soprattutto quali siano i suoi confini. Tematiche che emergono con particolare urgenza soprattutto di fronte agli spostamenti migratori e alla condizione dei migranti. In effetti la concezione occidentale della giustizia subordina quest’ultima all’appartenenza o meno a una determinata società civile.
Il professore Chambers ha tradotto così la questione del libro: «Giustizia per chi? Come dove e quando?» intendendo con questo ogni indagine critica sulla giustizia e sulla sua realizzazione concreta che è la legge, debba sempre metterne in luce il suo carattere prospettico e interessato, ed è di questo che cerca di dare conto Borders of Justice.
Insomma la giustizia trascende sempre qualsiasi dispositivo legale o, se si vuole, coincide con esso e per questo è subordinata ai soggetti che producono le leggi e alla loro visione del mondo. Ed è qui che hanno origine le lotte per la giustizia. Come ha detto Giso Amendola, che insegna filosofia del diritto e condivide con Mezzadra il progetto Uninomade (http://www.uninomade.org), «la lotta per la giustizia significa insoddisfazione verso le soggettività e i dispositivi governamentali attuali». Le lotte delle classi subalterne per la giustizia, insomma, trarrebbero origine da questo continuo sfuggire degli ordinamenti positivi alla realizzazione concreta della giustizia e sarebbero il tentativo di proporre la propria visione del mondo a quella dominante.
Ed è questo forse il contributo più importante offerto da questo libro ovvero il mettere in luce da una prospettiva diversa dati che sembrano acquisiti per la società occidentale come appunto la coincidenza fra la giustizia e la legge. Mostrando come questa identità sia solo una questione di prospettiva e come le lotte per la giustizia facciano emergere un confine che separa la giustizia stessa dalla sua realizzazione concreta, un confine fatto soprattutto di persone reali e della loro possibilità di accesso a una condizione di vita migliore.
Salvatore Chiarenza
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