Identità nell’interdisciplinarietà: lo spazio della geografia sociale

 

Identità nell’interdisciplinarietà: lo spazio della geografia sociale

È uscito dall'editore Guida il volume “Spazio e società. Geografie, pratiche, interazioni” a cura di Fabio Amato.

 

Di fronte ad una riforma che impone l’accorpamento dei dipartimenti, tre sono le reazioni possibili: storcere il naso e proteggere il proprio particulare, tentare maldestramente di fare buon viso a cattivo gioco oppure vedere, nell’interazione forzata tra diverse persone e discipline, un’opportunità di crescita. Di certo, il volume Spazio e Società: geografie, pratiche, interazioni a cura di Fabio Amato (edito da Guida, nella collana “Studi e ricerche”, che accoglie pubblicazioni del dipartimento Scienze Umane e Sociali dell’ università “L’Orientale”) va proprio in quest’ultima direzione. A sottolinearlo, nell’introduzione, è il direttore del dipartimento, Rosario Sommella, che indica il volume –e, ancor prima, il convegno  che l’ha originato - come un costruttivo esempio di dialogo interdisciplinare. Il libro di Amato raccoglie gli atti del convegno “La società tra spazio e territorio: il ruolo della geografia sociale”, organizzato dall’università L’Orientale (Napoli, 6 - 7 aprile 2009) e si propone di fare il punto  sulle innumerevoli domande riguardo ruolo, competenze, metodologia,  sviluppo della geografia sociale. Il convegno prima ed il volume poi, nascono, infatti,  dalla necessità di proseguire un dialogo – interdisciplinare, appunto – aperto nel 2008 dal seminario italo-francese “Aiutare a capire il mondo: la posta in gioco della geografia sociale oggi” e che ancora oggi continua.  Un dibattito le cui istanze possono essere sintetizzate – come Amato fa nella sua introduzione – nella presa d’atto che la questione dello spazio necessiti di un’analisi non solo geografica ma anche, se non soprattutto, sociale. Spazio, luogo, territorio sono categorie usate (ed abusate) da molte (troppe?) discipline e troppo spesso ridotte a vessilli issati contro la marginalizzazione. È per questo che il volume di Amato parte proprio da una ridefinizione dello spazio  e del suo ruolo nella geografia; una geografia intesa soprattutto come umana e sociale.

La struttura del volume ricalca quella del convegno, diviso in tre sezioni, via via più specifiche, pregnanti, pratiche. La prima sezione, “Spazio e territorio nelle scienze sociali”, rispecchia l’esigenza di aprire un tavolo informale di discussione e, quindi, propone uno sguardo d’insieme sul rapporto società-spazio e società-territorio così come letto dalle diverse discipline: dagli studi culturali e post-coloniali (Iain Chambers), alla storia (Giuseppe Civile), alla sociologia (Paolo Jedlowski, Vanna Ianni), all’antropologia (Carla Pasquinelli).

La seconda sezione, “la geografia sociale tra Italia e Francia” ricalca l’origine italo-francese del dibattito, mettendo appunto a confronto riflessioni e pratiche che si originano ai due lati delle Alpi e che non possono prescindere dalle scuole  di Robert Hérin e di Pasquale Coppola. In questa sezione, sono raccolti gli interventi di Guy Di Méo, Isabelle Dumont, Vincenzo Guarrasi, Mirella Loda, Paolo Pegorer, Michel Lussault. Tutti i contributi, dalle diverse prospettive d’analisi, sono volti a fornire strumenti, metodologie, definizioni alla geografia sociale, una disciplina dai tratti ancora sfumati e dalla costituzione magmatica, in continua trasformazione ed evoluzione. Appare chiaro, però, l’intento di trovare un’unità d’azione e di operazione (si vedano, in particolare, gli interventi di Loda e Lussault).

La terza sezione costituisce un passaggio dalla teoria alla pratica, prendendo in esame esperienze di studio relative a contesti urbani. Il titolo, non a caso, è “Città in trasformazione e aspetti sociali”. In questa sezione si rimarca ancora una volta il legame imprescindibile tra indagine geografica ed indagine sociale, tra analisi ed interpretazione dello spazio, tra riflessione sul degrado delle città e analisi delle istanze di riscatto. Anche in questo caso, l’approccio interdisciplinare e multi-prospettico è palese: si va dalla ‘nozione’ di quartiere (Pascale Froment), alla riflessione sulla periferia (Nicolas Bautès, Francesca Governa, Marco Picone, Marina Marengo, Benoit Raoulx). Un cenno a sé merita l’intervento di Robert Hérin, nel quale egli mette in pratica l’indirizzo di fondo della geografia sociale, che egli stesso ha teorizzato, ossia l’idea che il geografo debba definire «le dimensioni spaziali dei problemi sociali». 

Mariangela Barretta

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