Il fascino dell’archelogia tra antichità e innovazione
Il fascino dell’archelogia tra antichità e innovazione
Intervista al professor Andrea Manzo, in partenza per la prossima missione archeologica che si svolgerà in collaborazione con il Museo di Rovereto e si terrà nell’Antico Porto d’Eritrea
Professore Manzo, dove si svolgerà la sua prossima missione?
“La nostra prossima missione si svolgerà in collaborazione con il Museo di Rovereto e si terrà nell’Antico Porto d’Eritrea, un’area di notevole interesse per lo studio dell’antichità fin dagli inizi degli anni Ottanta. Il fatto che affacci sul Mar Rosso, rende questo sito archeologico estremamente importante confermando la sua fama di crogiuolo culturale”.
L'Orientale, Africa, archeologia: quali sono i collegamenti?
“Il nostro ateneo è stato chiamato a far parte della squadra di lavoro grazie alle competenze specifiche del nostro personale e alle strumentazioni di cui siamo in possesso. L’Orientale è in grado di assicurare approfondite conoscenze in merito all’antichità del nord Africa, da sempre area privilegiata per lo studio dell’epoca antica”.
Quali sono le peculiarità dell'Orientale rispetto all'ambito archeologico?
“Sicuramente l’aspetto peculiare del nostro lavoro è la possibilità di studiare l’antichità non solo per scoprire i segreti del passato ma anche per capire come si è arrivati alla modernità per trarne ispirazione per l’innovazione. Lo sviluppo culturale può infatti contribuire in maniera significativa ad una politica di sviluppo e cambiamento”.
Oggi agli studenti archeologi sono richieste competenze tecnologiche specifiche?
“Oggi l’archeologia si avvale di strumentazioni tecnologiche di alto livello e il nostro ateneo cerca di metterle a disposizione degli studenti in modo che essi possano acquisire delle competenze professionali specifiche da poter sfruttare anche in altri ambiti. Uno degli strumenti fondamentali per il rilievo è il laser-scanner capace di analizzare e studiare il territorio in pochi minuti. La costruzione di carte territoriali è invece una fonte indispensabile di informazioni utili sul territorio. Spesso le autorità locali ne fanno tesoro per l’elaborazione di nuovi progetti di sviluppo e per le politiche di investimento in nuove infrastrutture”.
Nella sua formazione quali sono stati i riferimenti?
“Io mi sono formato all’Orientale. Lo studio dell’archeologia africana è stato anche il soggetto della mia tesi di laurea. Il professor Fattovich è stato l’iniziatore del mio percorso professionale ma anche prima che mi laureassi ho sempre partecipato alle attività di studio che mi si ponevano davanti nel corso degli anni”.
Che rapporti ha con gli studenti?
“Sono dell’idea che il contributo degli studenti rappresenti la spina dorsale di molte ricerche. Per quanto mi riguarda cerco sempre di coinvolgere gli studenti nelle mie missioni perché ritengo che sia estremamente importante la messa in pratica del sapere teorico. Solo in questo modo è infatti possibile acquisire le competenze professionali necessarie. Spesso l’occasione perfetta per questo tipo di esperienza formativa è offerta proprio dalla preparazione della tesi di laurea magistrale oppure per quelle di dottorato”.
Che cosa sta scrivendo?
“Sto preparando il rapporto della missione che l’Orientale ha svolto in Sudan. Quest’ultimo progetto di ricerca ha prodotto buoni risultati e contiamo di proseguire il percorso intrapreso in collaborazione con le Autorità locali. Contemporaneamente sto elaborando alcuni articoli correlati agli spunti offerti da quest’ultimo ritrovamento”.
Quale è lo scavo al quale ha partecipato e che le ha lasciato il segno più profondo?
“Lo scavo in Sudan mi è sicuramente rimasto nel cuore perché vi partecipai anche quando ero ancora uno studente. Il Sudan è una regione ed un’area di interesse culturale che mi ha dato tantissimo sia a livello umano che professionale e sono certo che potrà ancora offrire molto anche all’Ateneo”.
Che cosa suggerirebbe a un giovane archeologo?
“Cogliere tutte le opportunità per mettere in pratica il sapere acquisito sui libri è un passo fondamentale. Partecipare a scavi ed a una qualunque forma di tirocinio, offerta non solo dal nostro ateneo ma anche dagli altri, può essere determinante per una formazione professionale specifica e di alto livello”.
Raffaella Sbrescia
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