Il mostruoso, l’osceno e il terrifico: dalla Bibbia ai Davâlpâ persiani

 

Il mostruoso, l’osceno e il terrifico: dalla Bibbia ai Davâlpâ persiani

Isaac Luria, Tree of Life

Terzo incontro del seminario interdisciplinare Il Mostruoso, L’Osceno, Il Terrifico nella Dimensione del Sacro organizzato dal Centro Studi sul Buddhismo

Mercoledì 30 marzo presso l’ex asilo Filangieri in vico Maffei 4 a Napoli si è svolto il terzo incontro del seminario interdisciplinare Il Mostruoso, L’Osceno, Il Terrifico nella Dimensione del Sacro, promosso dal Centro Studi sul Buddhismo dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale.
Il professore Lacerenza – docente di Lingua e letteratura ebraica biblica e medievale – ha dato il via ai lavori illustrando le prime testimonianze presenti nella Bibbia della presenza di indovini e di negromanti in grado di evocare gli spiriti ed entrare in contatto con i defunti. Per citare un esempio, Re Saul, dopo aver bandito chiunque praticasse arti occulte si trovò costretto a contattare segretamente un’indovina per conoscere il futuro del proprio regno. Il professore ha poi spiegato come nella cultura ebraica esistano due tipi diversi di possessione da parte degli spiriti dei defunti: il Dybbuk e l’Ibbur. Il Dybbuk è uno spirito al quale viene data una seconda possibilità perché non è riuscito a portare a termine un compito nel corso della vita, per cui prende possesso di un uomo occupandone il corpo finché non raggiunge il suo obiettivo. L’Ibbur invece fa riferimento ad una forma di possessione benevola, infatti lo spirito si incarna per rispettare un obbligo religioso o una promessa che può essere mantenuta solo nel mondo terreno. A questo proposito, il professor Lacerenza ha spiegato come la cultura ebraica divida l’anima in tre elementi: Nefesh che entra nel corpo al momento della nascita, Ruach alla fine del tredicesimo anno di età e Neshama dopo il ventesimo anno di età. Queste ultime due, però, si uniscono alla prima solo se è stato raggiunto un determinato livello di maturità spirituale; da qui il concetto di Gilgul descritto dal famoso cabalista Isaac Luria e che esprime l’eterno migrare delle anime verso la perfezione, attraverso vari cicli di reincarnazione.
Nella seconda parte dell'incontro la professoressa Lia Tornesello – docente di Lingua e letteratura persiana – ha anticipato il suo intervento [precedentemente previsto per il 6 aprile, N.d.R.] dedicato ai Davâlpâ, mostri presenti principalmente nella cultura persiana dei quali tuttavia si trovano testimonianze anche nel mondo occidentale, pur se con nomi diversi. I Davâlpâ sono esseri principalmente antropomorfi che al posto delle gambe hanno due lunghe strisce di cuoio con le quali, come con delle cinghie, legano uno sventurato costringendolo a fare da cavalcatura. Questi  mostri infatti assalgono gli ingenui viandanti che – mossi a compassione alla vista di questi esseri dalle sembianze umane che si trascinano lungo i margini della strada apparentemente senza gambe – offrono aiuto caricandoseli sulle spalle e diventano in questo modo inconsapevoli prede dei malvagi Davâlpâ per l'eternità.
Il terzo incontro del seminario Il Mostruoso, L’Osceno, Il Terrifico nella Dimensione del Sacro non tradisce le aspettative: il numero dei partecipanti rimane altissimo e la qualità degli interventi riesce a mantenere sempre alta l’attenzione. In poco più di due ore gli interventi dei relatori riescono a trasportare il pubblico dalle coste del Mediterraneo all’antica Persia immergendolo in un intreccio di leggende, testimonianze storiche e tradizioni ai più sconosciute ma sempre vivissime tra le mura dell’Orientale.

Davide Aliberti

© RIPRODUZIONE RISERVATA