Il romantico: tradurre l’infinito

 

Il romantico: tradurre l’infinito

Regio Conservatorio di Musica San Pietro a Majella

Giampiero Moretti delinea un suggestivo percorso che passa attraverso la filosofia, la poesia e la musica della Germania Romantica

Traduzione e Romanticismo, è possibile un connubio? Giampiero Moretti, professore di Estetica ed Estetica Musicale presso l’Università L’Orientale, in un incontro durante il Festival Tradurre (in) Europa, spiega che è possibile trovare un fil rouge tra i due momenti.
Nella bellissima Sala Martucci del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, Moretti ha delineato un suggestivo percorso che passa attraverso la filosofia, la poesia e la musica della Germania Romantica.

Tutto il Romanticismo si gioca nel tentativo tragico, perché destinato al fallimento, di tradurre l’infinito nel finito. Momento decisivo è il 1790, data della pubblicazione della Critica del Giudizio di Kant: uno dei punti centrali dell’opera è la riflessione sulla singolarità e sul rapporto universale - particolare. Questo rapporto è sempre stato presente in tutta la tradizione occidentale, ma a fine Settecento, quando Kant tenta di offrire un nuovo tipo di interconnessione, ne emergono le difficoltà. In questi anni, e soprattutto con Schelling, l’elemento della sensazione si distacca dal mondo empirico puro e semplice, trasformandosi in “sentimento”: è nel sentimento che viene trattenuto qualcosa dell’infinito.

A partire da questo sfondo, l’opera d’arte accetta la sfida di mettere in comunicazione finito e infinito, ma nella consapevolezza di offrire un frammento. L’artista è costretto a tenere su di sé il peso di due parti che tendono costantemente a separarsi e per questo egli sa bene che il suo sforzo è destinato, inevitabilmente, allo scacco, all’impossibilità della permanenza dell’unione tra i due momenti. Tuttavia l’arte romantica decide di correre questo rischio perché, nel superamento della forma classica e neoclassica, l’opera, benché in modo frammentario e transitorio, riesce a dire (tradurre) l’infinito nel finito.
Moretti sottolinea che il Romanticismo non crolla nell’istante in cui non riesce più a reggere il peso di questa traduzione, ma quando non si avverte più il senso dell’infinito, quando viene meno la fede che il finito possa fare esperienza dell’infinito e l’infinito, considerato una costruzione del finito, perde il suo sostrato autonomo: da qui si apre lo spazio di possibilità per l’arte del Novecento.

L’incontro è stato intervallato da due interventi musicali con brani di Chopin, eseguiti da Ludovica De Bernardo e Michele Massa, giovani allievi del Conservatorio di Napoli.

Aniello Fioccola

© RIPRODUZIONE RISERVATA