Imma Calabria: “Oggi insegno: il mio sogno di sempre”
Imma Calabria: “Oggi insegno: il mio sogno di sempre”
Una lucida rilettura degli anni passati all'Orientale
Dottoressa Calabria, ci parli del suo percorso di studi all’Orientale e delle lingue studiate.
“Mi sono immatricolata in Lingue e Letterature Straniere nell’anno accademico 1999/2000, quando vigeva ancora il vecchio Ordinamento. In base a questo sistema, che adesso non esiste più, all’Orientale non bisognava scegliere un corso e un curriculum specifico, bensì solamente la facoltà. Il percorso di studi consisteva in quattro anni durante i quali bisognava sostenere venti esami. Si sceglieva una prima lingua da studiare per tutti i quattro anni e una seconda lingua da studiare per tre anni. Io ho scelto come lingua quadriennale inglese e come lingua triennale francese. Ho iniziato il mio percorso di studi nell’anno in cui ho conseguito il diploma liceale e mi sono celermente laureata nell’anno accademico 2004/2005, evitando sessioni di esami fuori corso.”
Dal 3 novembre 1999 è scattato il nuovo sistema universitario del tre più due regolato dal decreto ministeriale 509. Vista la sua esperienza personale, ritiene che sia migliore o peggiore del vecchio sistema quadriennale?
“Credo ci siano aspetti positivi ed aspetti negativi nel nuovo sistema. Ritengo che il percorso di studi di lingue all’Orientale non sia eccessivamente complicato, rispetto ad altri più impegnativi. Con una forte determinazione e la voglia di studiare, insieme a buone capacità intellettive, non s'incontrano difficoltà insormontabili a portare a termine un corso di laurea del genere. Perciò quattro anni erano più che sufficienti, in modo da recuperare un anno e cercare subito un’occupazione o proseguire gli studi con Master e specializzazioni post-laurea. Inoltre il tre più due ha creato alcuni disagi agli studenti, come il dover scrivere due tesi di laurea o il ritrovarsi a studiare nel biennio della Magistrale cose già studiate alla triennale. Un altro aspetto negativo è stato l’aumento del numero di esami, mentre nel vecchio ordinamento c’era un accorpamento più efficace, anche se con programmi più vasti. In questo modo ci si poteva concentrare meglio, evitando anche lo stress di più corsi da seguire.
Di positivo nel nuovo sistema c’è la differenziazione tra corsi di Lingua e corsi di Letteratura, che non esisteva nel sistema precedente. Mentre noi dovevamo superare la parte in lingua per poi accedere a quella di letteratura, completando l’esame in un’unica seduta, adesso tale scissione ha permesso una maggiore focalizzazione sulla Lingua e la Linguistica. Ciò è fondamentale per migliorare le conoscenze linguistiche, al di là dei corsi tenuti dai docenti madrelingue, che costituivano la nostra unica vera esercitazione.”
Lei ha scelto di studiare inglese e francese, due lingue in parte già conosciute. Perché?
“Studiare inglese come prima lingua e francese come seconda lingua è stata una mia scelta. Il mio obiettivo era laurearmi nel minor tempo possibile, ragion per cui ho preferito due lingue già studiate al Liceo Scientifico Colombo di Marigliano, la mia scuola superiore. Penso che imparare a parlare una lingua sia un processo continuo e molto più lungo di quattro anni, e soprattutto che avvicinarsi ad una lingua ignota a livello universitario sia molto difficile, se non si hanno le basi grammaticali. ”
Che ricordi ha dell’Orientale, dei corsi, degli studenti e dell’ambiente che frequentava in quel periodo?
“Sinceramente ho vissuto poco il mondo universitario, poiché preferivo seguire solo i corsi che ritenevo veramente utili o quelli in cui c’era inevitabilmente bisogno della spiegazione del docente. Vivendo a Marigliano, in provincia di Napoli, preferivo preparare a casa la maggior parte degli esami, evitando di fare la pendolare ogni giorno. Non ho seguito le lezioni dei corsi in italiano, ad esempio Storia moderna, altri corsi non propedeutici, o gli stessi corsi di lingua (spesso in italiano). Cercavo, però, di non assentarmi mai alle lezioni dei lettori madrelingue. Questa è tuttora la chance migliore per migliorare e praticare la lingua. A parte questi, ho seguito in quattro anni solo il corso di Glottologia del professor Domenico Silvestri, poiché trattava una disciplina nuova e mai studiata.
Riguardo al rapporto con gli altri studenti, ci tengo a sottolineare il senso dell’aiutarsi a vicenda che c’è all’Orientale; io prendevo quasi sempre appunti da amici che seguivano le lezioni e che non si sono mai lamentati del favore chiestogli. Inoltre anche i docenti erano a disposizione durante le ore di ricevimento, pronti a fornire qualsiasi chiarimento o materiale didattico.”
Che cosa non le piaceva o le creava problemi dell’Orientale?
“In quegli anni L’Orientale aveva seri problemi di organizzazione. La sede di Palazzo del Mediterraneo non ancora era stata creata, quindi le lezioni si tenevano tra Palazzo Sforza, Palazzo Giusso, Palazzo Corigliano, Via Duomo, e addirittura un vecchio cinema di cui non ricordo il nome. Alcune volte non riuscivo neanche a spostarmi da una sede all’altra, per cui diventava difficile arrivare puntuale alle lezioni. Anche questo mi scoraggiava dal seguire, sia per problemi di tempo che di stanchezza. Forse non era un mondo universitario da vivere, mentre oggi studenti mi confermano che il livello di organizzazione è decisamente aumentato.”
Nel complesso si ritiene soddisfatta della preparazione che ha avuto e delle competenze acquisite?
“Sì, sono molto soddisfatta. Io scelsi l’Orientale per la fama che aveva in quanto Università di Lingue e Letterature straniere, sia europee che extra-europee. Statistiche e sondaggi confermano che è il top in quest’ambito. Ciò che mancava forse, era una salda preparazione linguistica. Infatti, io ebbi una preparazione principalmente letteraria, che non mi ha dato le basi per diventare interprete o traduttrice. Penso che una facoltà di lingue straniere debba dare la priorità allo studio delle lingue, alle attività di listening, speaking e pratica continua, piuttosto che alla letteratura.”
Lei non ha scelto l’Erasmus per vivere un’esperienza all’estero, ma ha preferito andare in Inghilterra e lavorare per alcuni mesi. Ci parli di questa sua esperienza.
“Io sono stata quattro mesi a Wyndham, un paesino a due ore circa da Londra. Dopo la prima settimana mi sono accorta di quanto non conoscessi la lingua. Ho capito che all’università c’è sempre un filtro diverso nel parlato, anche nelle lezioni dei lettori. Conversare in un’aula chiusa è differente e più semplice di parlare in strada con la gente, con tutti i rumori ei disturbi di una normale conversazione quotidiana. C’è lo slang, il dialetto, il linguaggio particolare, molto differente dalla lingua parlata a lezione. Mi sono resa conta delle difficoltà di comprensione che avevo, sia come listening che come speaking. Ero un po’ arrugginita e disabituata al contatto continuo e diretto con la lingua. Avevo bisogno di farmi ripetere le cose più di una volta, soprattutto quando parlavo con gli uomini, mentre non so per quale motivo riuscivo più facilmente a capire le donne. Insomma tornando al discorso precedente, In Inghilterra mi sono resa conto di quanto gli studi fatti fossero stati letterari, e distanti dalla vera pratica della lingua. Fortunatamente ho vissuto in famiglia e ho avuto la possibilità di parlare continuamente con native speaker. Inoltre ho deciso di lavorare presso un coffee-shop, un’ esperienza molto positiva perché ho avuto modo di avere rapporti e contatti con persone diverse, nonché di perfezionare il mio inglese.”
Qual è stata la sua scelta dopo la Laurea?
“Il mio obiettivo era diventare un insegnante, perciò dopo la laurea nel 2005 ho superato i test per la SSIS, scuola di specializzazione all’insegnamento secondario, la cui unica sede in Campania era all’Orientale.
Mi sono specializzata nell’insegnamento della lingua inglese, con l’obiettivo di lavorare nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. In quel momento ho capito quanto fossero stati importanti L’Orientale e lo studio fatto finora, poiché avevo effettivamente delle basi salde per portare a termine questa specializzazione. E’ stato fondamentale per me non cambiare ambiente, dare continuità, e ricordo di aver superato esami con docenti già conosciuti alla quadriennale. Inoltre ho seguito i corsi più degli anni precedenti, giacché la frequenza era obbligatoria. Quindi è stato un biennio essenzialmente diverso, più vissuto e coinvolgente.”
Perché ha scelto di fare l’insegnante?
“La mia è stata una scelta di passione, nonostante la crisi attuale. In ogni caso mi ritengo molto fortunata per esser riuscita a fare un lavoro che avevo sempre sognato di fare, sin da bambina. Forse la facoltà di Lingue dà meno sbocchi lavorativi di altre come Ingegneria, Medicina o Economia, ma ho scelto ciò che amavo fare veramente.”
Adesso dove sta insegnando?
“Al momento insegno in una scuola paritaria. Sono abilitata alla graduatoria provinciale di Napoli e fino all’anno scorso ho sempre insegnato inglese e francese in scuole statali e in particolare in scuole superiori, sfruttando la specializzazione ottenuta con la SSIS, che adesso non esiste più.”
Com’è stato passare da studente a docente? Cosa si prova a non stare più dietro i banchi ma dietro la cattedra?
“Devo ricordare che già durante la SSIS ho svolto un tirocinio accanto ad un insegnante di lingua inglese ed ho potuto vedere il suo modo di operare. Questa esperienza mi è servita molto per cercare di capire come un insegnante deve svolgere il proprio lavoro e come deve comportarsi in classe. Essere studente è totalmente diverso, la tua maggiore preoccupazione è l’interrogazione o il compito in classe. Da insegnante ti accorgi che hai tante altre responsabilità, come mettere i voti, farsi comprendere da tutti e mantenere la calma sempre. Poi ci sono i risultati e le aspettative, perché il lavoro dell’insegnante si basa molto sul rendimento degli studenti, sulle competenze acquisite, le quali rispecchiano fondamentalmente tutto il lavoro fatto.”
Se dovesse tornare indietro, sceglierebbe le stesse lingue oppure no?
“Non cambierei assolutamente la mia scelta, né la rimpiango. Volendo fare l’insegnante, la mia scelta era limitata alle lingue europee principali, cioè inglese, francese, spagnolo o tedesco. Ancora oggi sono queste le quattro lingue insegnate alla scuola primaria e secondaria.”
Quali lingue consiglierebbe a un giovane studente interessato alla Facoltà di Lingue?
“Dipende dalle aspirazioni lavorative. Se dovessi consigliare una lingua ottima da questo punto di vista, consiglierei lingue poco parlate in Italia, ad esempio il cinese o l’arabo, che sono ricercate nel mercato e nelle relazioni internazionali. Per quanto mi riguarda mi ritengo felice della mia scelta.”
Quali sono adesso i suoi progetti per il futuro?
“La speranza è di non rendere vano quanto fatto finora, visti i tanti sacrifici e gli investimenti economici che continuo a fare. Vorrei diventare nei prossimi anni un insegnante con la I maiuscola, con una mia cattedra e senza cambiare continuamente sede. Sono consapevole delle difficoltà attuali, ma anche orgogliosa di aver raggiunto il mio obiettivo.”
Giuseppe Pulente
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