L’evoluzione della musica tra segni e suoni

 

L’evoluzione della musica tra segni e suoni

Targa sulla facciata del Regio Conservatorio di Musica di Napoli

Nuovo appuntamento del ciclo Musica Occidentale Orientale. Come si è evoluta la rappresentazione del pensiero musicale nel Novecento

Come definire il rapporto fra il segno musicale e il suono? È il tema che la musicista e musicologa Tiziana Pangrazi ha affrontato durante l’incontro di lunedì 23 aprile a Palazzo Corigliano. L’incontro faceva parte di Musica Occidentale Orientale, il ciclo di seminari organizzati dal professore Giovanni La Guardia in collaborazione con il Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli. Musica Occidentale Orientale, da diversi anni ormai, propone agli studenti una serie di incontri sui rapporti tra musica occidentale e orientale. L’ospite di lunedì, Tiziana Pangrazi, affianca l’attività di concertista a quella di musicologa. Diplomata in flauto e specializzata in musica elettronica ha pubblicato numerosi saggi, dedicati perlopiù alla musica del Novecento. Il titolo dell’incontro, "Segno e suono. La rappresentazione del pensiero musicale", ha permesso alla studiosa di affrontare i problemi della scrittura musicale, dei limiti di questa e degli sviluppi che essa ha avuto con l’affermarsi della musica elettronica. La scrittura musicale, basata su una corrispondenza tra segno e suono aveva servito egregiamente agli scopi dei musicisti, almeno fino alle avanguardie di fine Ottocento/inizi del Novecento. Le nuove possibilità espressive che queste ricercarono, la volontà di rinnovare un linguaggio musicale sentito ormai come usurato, spinsero i compositori di questi anni a arricchire la notazione musicale tradizionale, al fine di rendere meglio delle possibilità espressive che fino ad allora non erano state pensate. Compositori come Arnold Schönberg o Anton Webern, creatori della musica dodecafonica, misero fine a un sistema musicale basato su regole codificate da secoli e questo portò a dedicare un’attenzione particolare al suono singolo. Da ciò deriva la necessità di una nuova serie di indicazioni sulla partitura nel tentativo di rendere conto del rinnovato linguaggio musicale.
Con la musica dodecafonica gli argini della sperimentazione furono rotti e iniziò una ricerca sul linguaggio musicale che compositori come Stockhausen o Berio porteranno agli estremi. Secondo Tiziana Pangrazi, infatti, i progressi tecnologici permisero a questi autori di sciogliere completamente il legame tra il suono e il segno musicale. Da parte di questi artisti vi fu un’attenzione particolare all’aspetto fisico del suono e al modo in cui esso interagisce con l’ascoltatore e riesce a creare delle risposte in quest’ultimo. Ebbe così inizio un nuovo modo di intendere il suono stesso: questo diventa «design, si fa architettura, paesaggio». La produzione sonora può essere amplificata riprodotta a piacimento, e viene del tutto slegata dalla necessità di una scrittura musicale tradizionale, potendo essere prodotto da uno strumento elettronico.
In questo incontro Tiziana Pangrazi ha messo a frutto tutta la sua competenza di musicologa e di storica della musica, conducendo un’interessante riflessione tra filosofia, linguistica e storia della musica, che ha arricchito l’offerta formativa dell’Ateneo.

Salvatore Chiarenza

© RIPRODUZIONE RISERVATA