L’Oasi di Bukhara: profilo di un crocevia culturale sulle Vie della Seta
L’Oasi di Bukhara: profilo di un crocevia culturale sulle Vie della Seta
Quinta conferenza del ciclo di conferenze dal titolo “Archeologia delle Vie della Seta: Percorsi, Immagini e Cultura Materiale”, organizzato da Bruno Genito e Lucia Caterina con le Scuole Dottorali di Studi Orientali e Africani (Dottorati: Turchia, Iran e Asia Centrale, Asia orientale e meridionale) e di Studi Interculturali (Dottorato: Archeologia: Rapporti tra Oriente e Occidente) e con il CISA (Centro Interdipartimentale di Servizi per l’Archeologia)
Seguendo il percorso delle Vie della Seta verso occidente insieme Ciro Lo Muzio, dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, abbiamo raggiunto l'oasi di Bukhara. Parte della regione storica pre-islamica della Sogdiana, Bukhara è ancora oggi una delle principali città dell’Uzbekistan. L’intera regione dipendeva dalla presenza del fiume Zeravshan che, partendo dalle pendici del Pamir, attraversava la Sogdiana da est a ovest disperdendosi poi nel deserto; il delta di questo fiume corrispondeva all'oasi di Bukhara. Intorno alla fine del IV secolo a.C. nelle regioni limitrofe si insediarono i greci. Questi si spinsero nella Sogdiana almeno fino a Samarcanda, ma non ci sono elementi che ci permettono di stabilire se arrivarono anche a Bukhara. Certa invece è l’esistenza di reperti numismatici d'imitazione – prova forse dell’assenza dei greci nell’oasi dato che difficilmente avrebbero consentito la circolazione di monete greche false. Le monete, che sono state trovate in grande numero, si basavano su un unico modello: un tetradrammo di Eutidemo I, re greco-battriano che regnò nel 230 a.C. Lo stile iconografico delle imitazioni subì diversi cambiamenti nel corso dei secoli. All’inizio i versi delle monete rispecchiavano le fattezze originali del profilo di Eutidemo da un lato, e di Eracle dall'altro; già tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. la fisionomia del re si imbarbarì e la leggenda di Eracle diventò quasi illeggibile, sostituita, in parte, dal tamgha – tipico marchio che contraddistingueva le monete delle diverse città – e da una leggenda in sogdiano. Nel terzo stadio, l’iconografia di Eutidemo cambiò totalmente, mentre la leggenda di Eracle diventò un insieme di linee spezzate accompagnate da un’iscrizione sogdiana purtroppo illeggibile. Oltre ai reperti numismatici, grande attenzione è stata data alle necropoli nomadiche ritrovate intorno all’oasi. Sono stati catalogati tre tipi di tombe. Il primo, più arcaico, aveva forma quadrata e presentava diversi fori che richiamavano antiche tombe dove i fori servivano da sostegno per la struttura lignea della camera funeraria. Il secondo tipo era a catacomba, con un corridoio pendente che terminava in un vano dove veniva deposta la salma. L'ultimo tipo era quello a podboj, un pozzo in fondo al quale, su di un lato, si apriva una nicchia in cui veniva deposto il defunto, poi murata da legna o mattoni. Questi due tipi erano molto frequenti in tutta l'Asia Centrale. Lo sviluppo urbanistico ed economico dell’area iniziò nel V secolo d.C., quando le città iniziarono ad assumere la fisionomia che le caratterizzerà in epoca islamica – epoca che ha reso noto il centro di Bukhara. Un sito fondamentale è quello di Varakhsha, il villaggio più grande dell'oasi, nel quale sono stati rinvenuti i primi dipinti murali dell’area centroasiatica. Queste pitture, tra le più antiche della Sogdiana, ritrovate anche in residenze aristocratiche (un esempio è la residenza extranucleare del castello di Uch Kulakh), permettono di identificare Bukhara come uno dei centri di fusione delle tradizioni euro-asiatica e persiana che diedero vita alla pittura centroasiatica.
Francesca Ferrara
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