La scuola: punto di partenza per la costruzione di una società multietnica
La scuola: punto di partenza per la costruzione di una società multietnica
Presentati a Palazzo Du Mesnil i testi di GEografia, SToria e Italiano destinati agli studenti cinesi e arabofoni
Palazzo Du Mesnil, 24 ottobre - È una considerazione finale del professor Wang Jun dell’Università di Pechino a riassumere il senso dell’incontro odierno “Conosci te stesso e conosci anche gli altri: sarai invincibile”. Il superamento del Gnothi seauton delfico come ideale della società multietnica e globalizzata, dunque, è il suggerimento che ci viene dall’oriente per risolvere le problematiche legate all’integrazione degli immigrati. “In Cina” spiega Wang “studiare la cultura occidentale è divenuto un obbligo da quando siamo usciti sconfitti dalla Guerra dell’Oppio e l’Occidente si è imposto come l’arbitro dei destini mondiali. La conseguenza è che ora l’imprenditore cinese è definito ‘furbo’ o ‘scaltro’, ma semplicemente ha più confidenza con la cultura occidentale di quanto l’occidente ne abbia di quella orientale”. Ecco perché, ad esempio, a Prato si sono istituiti asili bilingue italiano-cinesi visti non solo come strumento d’integrazione della comunità cinese, ma anche - per i bambini italiani - come un’opportunità di apprendimento di una lingua e cultura profondamente ‘altra’.
Una mattinata densa di spunti di riflessione quella dedicata alla presentazione del progetto GESTI , acronimo che sta per GEografia, SToria e Italiano: le materie per i quali sono stati approntati i testi per alunni cinesi e arabi. Si tratta di volumi bilingue italiano/arabo e italiano/cinese che si offrono come strumenti di supporto didattico nelle scuole elementari e medie allo scopo di colmare il gap di apprendimento degli studenti immigrati. L’idea di fondo è che se il processo d’integrazione deve partire dalla scuola, bisogna dare ai ragazzi stranieri la possibilità di mettersi al passo con quelli italiani. “Una via d’integrazione è la scuola”, spiega Anna Maria Palmieri, assessore all’istruzione del Comune di Napoli. “Perché la scuola non è quella prigione da cui si evade, da cui evadono appunto soprattutto i migranti. Ben vengano i testi approntati ma ben venga soprattutto l’idea che scuola e politica interagiscano assieme perché la scuola diventi il luogo in cui si acquistano i diritti di cittadinanza, cosa che può avvenire solo attraverso l’inclusione culturale”. In Italia, per l’anno scolastico 2011/2012, l’8,5% degli studenti è di nazionalità straniera: di essi 7 allievi su 10 presentano difficoltà di apprendimento e di prosecuzione negli studi. Di rilievo, a questo proposito, la testimonianza della professoressa Maurizia Sacchetti, docente di lingua e filologia cinese: “Quando è nata l’idea di questo progetto stavo svolgendo un’inchiesta nelle scuole campane a forte presenza cinese (IV municipalità, Terzigno, San Giuseppe vesuviano): dei bambini cinesi immigrati, la maggior parte erano in ritardo scolastico. Le materie più ostiche risultavano l’italiano e la geografia che è una disciplina che abbonda di parole tecniche la cui spiegazione risulta difficile già per un bambino italiano”. Di qui la scelta dei primi testi da approntare: lingua italiana e geografia, ma anche storia, perché una lingua non la si può comprendere se non se ne comprende la cultura. “Il progetto ha avuto una lunga gestazione” spiega la professoressa Luigia Melillo, presidente del Centro Lifelong Learning dell’Orientale, “tra gli impegni dell’Orientale c’è da sempre quello di sperimentare percorsi rivolti alla formazione continua, in particolare degli immigrati. L’elaborazione di testi adatti agli alunni cinesi e arabofoni è un risultato importante, frutto di un lavoro corale in cui le istituzioni hanno lavorato a braccetto con il mondo accademico e in cui ha giocato un ruolo non secondario l’apporto di giovani studiosi come Mauro Nobili, qui oggi a rappresentare la sezione arabofona di GESTI”. Ed è Nobili, dottore di ricerca in Africanistica e attualmente ricercatore ad Amburgo, a spiegare le problematiche anche culturali affrontate nella redazione dei manuali: “I testi approntati presentano una ricca documentazione iconografica perché l’arte figurativa è un importante veicolo culturale: ma di fronte ad una miniatura in cui veniva rappresentato il profeta si è optato per oscurarne il viso con un dischetto bianco in modo da rispettare la sensibilità religiosa dei musulmani”.
Che il progetto venga esteso anche alle esigenze linguistiche di altre comunità di migranti, ad esempio quelle senegalesi, che pur avendo nel francese una delle lingue ufficiali, si esprimono però quasi esclusivamente in wolof, è poi l’auspicio di Pierre Preira - coinvolto in progetti di integrazione culturale nelle scuole tramite l’ong CISS - intervenuto a portare la sua testimonianza di ex-studente universitario alle prese con ovvie difficoltà linguistiche nell’approccio a testi ad elevata specializzazione.
Concetta Carotenuto
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