La sera della prima

 

La sera della prima

Locandina definitiva del film La sera della prima

Il film vincitore del Napoli Film Festival, sezione Schermo Napoli, raccontato dal suo protagonista

“Non fosse stato per la giuria universitaria, non avrei partecipato”. E si sa, l’importante è partecipare, ma vincere è meglio. A parlare è Francesco Tripodi, il produttore-sceneggiatore-attore protagonista de La sera della prima, film presentato al concorso Cinema al Castello: Schermo Napoli, dal 2004 vetrina dei giovani registi campani emergenti del Napoli Film Festival. La rassegna, tenutasi a Castel Sant’Elmo lo scorso 16-21 settembre e promossa dell’Associazione Napolicinema e dalla Soprintendenza Speciale per il PSAE , nasce nell’intendo di valorizzare opere prime con al centro la Campania e lo spazio pro-scenico partenopeo.
Dei cinque film in gara, la giuria ha decretato La sera della prima come il lungometraggio che più di tutti ha saputo parlare di Napoli nelle forme e nelle espressioni meno stereotipate possibili, e se tali comunque sapendo ridurre quegli artificiosi attacchi alla naturale predisposizione alla rappresentazione dell’odiosamata città, così da lasciarla immagine e non protagonista ingombrante.
A questo proposito abbiamo incontrato Marino, personaggio principale della commedia con la regia di Loretta Cavallaro, a detta dell’interprete stesso dal nome forse poco affascinante, dall’agire volutamente a tinte pastello ma oltre modo necessario e funzionale affinché il suo fosse il punto di vista, gli occhi – meno marcatamente filtranti – d’ogni spettatore. Marino è un conduttore di pullman che od ogni fermata fa salire una persona e la sua storia. Ognuno diventa, in questo modo, co-protagonista essenziale all’intero intreccio.
In fin dei conti, è la storia di un viaggio. Il viaggio di Marino a Napoli, nel passato della madre, nel suo presente.
Francesco Tripodi si dice un ragazzo che ha imparato a fare quanti più mestieri possibili per essere più libero che poteva. Ha tutta l’aria di muoversi nel mondo del cinema con la sicurezza e l’agilità di chi dalla sua ha doti organizzative e valige d’intraprendenza.
Il primo amore non si scorda mai, e Marino il teatro non se lo scorda. Steady-cam, fotografia, luci, fonica, costumi, e maestranza varia (ricordiamo le musiche di Fausto Mesolella) raccontano di un cinema per il teatro, ove anche iniezioni romantiche e romanzate si rivelano portatrici sane di una profonda verità.
“Il film è un’occasione”, ci dice. L’occasione di raccontare una favola; scrivere di un uomo che si riscopre figlio di un altro padre (geneticamente) ma anche di un’altra madre che in realtà non conosceva affatto, e che lo aiuterà, più di quanto avrebbe potuto fare in presentia, a vivere di arte e parole.
A questo proposito, abbiamo incontrato Francesco Tripodi, sceneggiatore, attore e produttore de La sera della prima.
Come si presenterebbe? Con quale di questi tre ruoli si identifica maggiormente?

"Io sono un attore, produttore e sceneggiatore. Non potrei mai riconoscermi in un unico ruolo. Se facessi solo l’attore sarei sempre vincolato agli altri; mi ritroverei a recitare in film che non mi piacciono e ciò non mi darebbe molte soddisfazioni. Per questo sono anche produttore, posso decidere io cosa fare. E la sceneggiatura non nasce altro che dall’enorme passione verso la scrittura. Fin quando c’è qualcosa da dire, fin quando c’è un significato, un’idea, ci sarà sempre un successo. Solo la regia credo debba essere di un altro. In fondo, un film è come un bambino che metti al mondo, che fai crescere ma che ad un certo punto va affidato agli altri."

Com’è nata l’idea della sceneggiatura di La sera della prima?

"Avevo il bisogno di raccontare la mia vera passione, il teatro. Il teatro non vive di grosse fortune e non si vive col teatro, quindi ho pensato di raccontarlo attraverso un mezzo più forte che potesse arrivare di sicuro a più persone, il cinema. Per fare ciò ho avuto la fortuna di poter lavorare con grandi maestranze che hanno messo la loro esperienza a disposizione di questa opera prima.
Il titolo ha un chiaro riferimento a La sera della prima (The Opening Night), di John Cassavetes. Quanto c’è del legame teatro-cinema-famiglia già denunciato dal film americano ?
Non c’è assolutamente alcun riferimento. E poi, come già avete detto, il titolo del grande Cassavetes, a cui non voglio e non posso assolutamente paragonarmi, è The Opening Night, La sera della prima per quel film rappresenta solo la traduzione in italiano. Per quanto riguarda il mio film, infatti, la traduzione in inglese è This is my mum. In effetti mi è stato chiesto di depositare i diritti per questo titolo, ma non trovo corretto avere dei diritti su un titolo, su un’idea. Non si ha alcun diritto di proprietà sulla parola. Non si può privare di questa un altro. E soprattutto quando la frase in questione è una espressione tipica, una situazione così comune nel mondo dello spettacolo."

Cosa rappresenta la sera della prima per un attore, un produttore, un regista?

"La sera della prima è la più emozionante. È la prima, ci deve essere e deve passare. È il primo incontro col pubblico ed il primo riscontro che si ha del proprio lavoro. Soprattutto nel teatro, a volte, scrivendo ti aspetti che ad una determinata battuta ci sia una certa reazione, una risata per esempio. Quando sei lì sul palco per la prima volta e vedi che quella reazione non c’è, questa rimette in gioco sia l’attore che l’opera. È comunque il coronamento di un sogno, anche se non sarà la performance migliore, sai che fino ad allora la strada è tutta in salita, dopo la prima non potrà che essere in discesa."

Nel film lei riscopre sua madre, il cui passato è legato alla città di Napoli – scenario a volte ironico ma spesso fedele alle realtà della città. Che parte ha Napoli? E dove avete girato?"

"Napoli è la mia città, non avrei potuto avere rapporto più viscerale con nessun’altra terra. E poi il cinema è per Napoli come la finanza a New York! Napoli è un bacino inesauribile di luoghi, attori e maestranza di qualsiasi tipo. È una fonte di energia infinita, non può morire. Va solo ripulita e l’arte può farlo. Per questo sono intenzionato a girare i miei film a Napoli, almeno fin quando questa città non sarà ripulita!
Ho girato per tutta la città. La casa sgarrupata per esempio si trova a Forcella. Era una casa che abbiamo dovuto ripulire noi per intero, ma la cosa più interessante è stato l’aiuto e la collaborazione da parte di tutto il quartiere. Per una scena c’era troppo rumore, erano le quattro del pomeriggio e avevamo pensato per questo di rimandare la ripresa ad un orario più tranquillo. Appena i residenti hanno intuito questa cosa hanno creato un silenzio impensabile per quell’ora.
Anche la scelta dei mestieri degli attori del film non è stata casuale. Ho scelto l’eccellenza dei mestieri napoletani che magari passano in sordina; c’era il pediatra, l’artigiano, la restauratrice, l’imprenditore. L’unica aspirante attrice, fidanzata di Marino, finisce in un reality...".

A proposito del concorso, il verdetto che l’ha vista vincitore è stato emesso da una giuria universitaria composta da studenti dei diversi Atenei napoletani. Come ha vissuto l’ essere giudicati da dei "non addetti ai lavori"?

"Se non fosse stato così non avrei partecipato. In genere ai concorsi in cui ci sono le solite giurie di esperti, purtroppo chi passa avanti sono sempre i soliti nomi. Questo film per esempio ha avuto una menzione speciale al Festival Internazionale di Cinema e Fiction, dove però ha vinto Capuano.
L’idea di una giuria universitaria, di giovani finalmente, mi ha spinto a partecipare. Mi interessava il parere di una giuria che fosse critica ma senza interessi, che valutava il prodotto per quello che era. Anzi, sono rimasto particolarmente contento del fatto che proprio una giuria di giovani l’abbia fatto vincere. Credevo che fosse un film che non potesse interessare a questa fascia d’età."

L’unica critica apportata al film dalla giuria è stata quella di mostrare Napoli in modo stereotipata. Come ha vissuto questa critica?

"Sono stato felice perché è stata l’unica critica che veramente non mi poteva toccare in nessun modo. Sarebbe stato molto peggio ricevere critiche sulla bravura degli attori, sulla non originalità dell’idea o sulla pessima regia. Per esempio, la scena in cui Marino paga il biglietto per l’ascensore al portinaio io la ripropongo nel momento in cui ad un’altra portinaia lui chiede il biglietto per salire e lei simpaticamente risponde: «Platea o palco?», mostrando in questo modo anche l’altra faccia di Napoli."

Cosa bolle in pentola per il futuro? Sta già lavorando ad un altro film?

"Sì! Ma non posso anticipare niente. Sarà una storia molto diversa da questa, molto forte. L’unica cosa che vi dico è che sarà girato nuovamente a Napoli.
Cosa voleva lasciasse il suo film agli spettatori?
Volevo produrre qualcosa di piacevole da vedere, che riuscisse a strappare alla gente un sorriso, che facesse anche ridere, ma soprattutto pensare. Le persone dovevano uscire dalla sala con la sensazione di aver visto qualcosa di bello ma non banale, sul cui contenuto si sarebbero ritrovati a pensare anche il giorno successivo.
E così è stato, La sera della prima è un bel film ponderato in ogni sua sfaccettatura che grazie a Marino, protagonista mai invasivo e predominante sugli altri, ti conduce piano piano alla scoperta e riscoperta della sua vita e di quella di tutti gli altri protagonisti. Un viaggio personale di svolta dove, alla fine di tutto, a vincere è l’arte. L’amore per l’arte e la sua bellezza come via per trasmettere qualcosa e lasciarla agli altri. L’arte, l’unica vera immortale."

Claudia Cacace, Maria Antonietta Rossi

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