Lavorare nella cooperazione: intervista a Marcello Vitale
Lavorare nella cooperazione: intervista a Marcello Vitale
Marcello Vitale, laureato in Scienze Politiche all’Orientale, lavora oggi presso il CESTAS (Centro di educazione sanitaria e tecnologie appropriate sanitarie) organizzazione non governativa impegnata in progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo ed ente accreditato per svolgere attività di alta formazione
Dottor Vitale, potrebbe descriverci la sua esperienza come studente all'Orientale?
“Quelli dell’Università sono stati anni intensi in cui i legami umani con i colleghi e il dialogo con i docenti si sono rivelati fondamentali per la mia crescita. Credo ancora che l’Orientale sia tra i pochi atenei dove è possibile avere un rapporto di scambio con molti professori non inquinato da condizionamenti gerarchici o da meccanismi baronali ma alimentato solo dalla curiosità intellettuale e da un genuino desiderio di confronto.”
La preparazione ricevuta all'Orientale le ha fornito gli strumenti e le conoscenze necessarie ad orientarsi nel campo della cooperazione?
“Il percorso di studi (Scienze Politiche) che ho seguito mi ha permesso di sviluppare quelle capacità di analisi fondamentali per interpretare realtà culturali, politiche ed economiche molto differenti tra loro. A mio avviso è questa una precondizione necessaria per avvicinarsi a un campo complesso e delicato come quello della cooperazione.”
Cosa l'ha spinta verso questo campo?
“Il profondo fascino che esercitano su di me culture differenti, i luoghi, la storia. Il poter incidere concretamente sui percorsi di sviluppo di singole comunità o persone. In fin dei conti, la cooperazione è una delle più intense esperienze di scambio che si possano avere, uno dei quei lavori dove spesso ricevi più di quel che dai.”
C'è sicuramente differenza tra teoria e pratica: una volta in Perù è stato difficile far coincidere la sua formazione con la realtà che le si è presentata?
“Non ho avuto particolari problemi grazie soprattutto a un Corso di Alta Formazione che ho seguito con CESTAS, la ONG bolognese per la quale adesso lavoro, che mi ha permesso di acquisire le competenze per poter da subito essere utile allo sviluppo dei progetti in corso.”
Ci può parlare di questo progetto?
“La rete Andina di Salute materna perinatale è il prodotto della 'Creazione di una rete regionale di centri di salute materno-perinatale' promosso dal CESTAS e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri d'Italia che prevede una partnership orizzontale con i Ministeri della Salute di Perù, Bolivia e Ecuador. La Rete mette in opera iniziative, scambi di best practices ed idee di sviluppo in 22 Ospedali da circa 10 anni con l’obiettivo di migliorare le condizioni di salute (morbilità e mortalità) materna e perinatale nei paesi coinvolti. Le azioni si sviluppano secondo 5 direttrici di esecuzione: formazione specifica, rilevamento epidemiologico, ricerca, attività comunitarie ed articolazione istituzionale incidendo su circa 136.500 destinatari diretti (centri sanitari, ricercatori, operatori del settore coinvolti nel progetto e pazienti: donne in età fertile e bambini).”
Quali sono le condizioni di salute materna-infantile nella zona andina ora?
“Dalle verifiche sul campo, l'analisi statistica delle indagini fornite dai Ministeri della Sanità e dal processo di rilevamento epidemiologico messo in opera dal progetto emerge un quadro relativamente omogeneo della salute sociale tra i tre paesi: ci sono differenze di condizioni e squilibri tra aree interne allo stesso paese ma la natura e la complessità del problema è la stessa nei tre casi studiati. È su questo livello che il progetto intende intervenire, rafforzando gli strumenti di formazione e di analisi a disposizione delle strutture sanitarie locali così da permettere poi un intervento in base alle esigenze e le peculiarità di ogni situazione. Può essere interessante visitare il sito del progetto per avere un’idea più chiara della situazione:www.redmaternoperinatal.org.”
L'iniziativa riceve appoggio concreto da parte dei governi delle nazioni coinvolte?la popolazione come risponde?
“Il progetto si muove su un doppio binario, regionale e nazionale: a livello istituzionale, l’interazione avviene con i rappresentanti dei Ministeri della Salute . Il CESTAS svolge un ruolo di facilitazione per la pianificazione, il monitoraggio e la valutazione della rete degli ospedali in ciascun paese. Responsabile designata è la dottoressa Josephine Cacciaguerra, anch’essa ex-studentessa dell’Orientale, con la quale io sto collaborando. Va sottolineato che l’interazione, tanto con i soggetti istituzionali che con i singoli ospedali, è caratterizzata da una differente efficienza tra le diverse realtà. Nel complesso possiamo dire che i contatti con la Bolivia si stanno rivelando più semplici da gestire rispetto a quelli con Perù ed Ecuador che palesano invece lacune organizzative e di gestione.”
Quale ritiene che sia la situazione della cooperazione internazionale ora? con la crisi e i tagli decisi da molti governi progetti come il suo ricevono ancora sostegno sufficiente?
“Inutile negare che i prossimi saranno anni duri per la cooperazione, che imporranno una seria riflessione di tutti gli addetti ai lavori. A mio avviso, a fronte dei tagli del Governo, bisognerà focalizzare ancor di più l’attenzione sui fondi messi a bando dalla Commissione Europea, che malgrado la crisi resta comunque un importante finanziatore a livello mondiale. Per ottenere finanziamenti, diventeranno ancor più centrali quindi le competenze nella scrittura dei progetti e la capacità di fare rete con soggetti nei paesi in cui si intende agire (istituzioni, imprese private ma anche ong locali). Sta a noi farci trovare pronti nell’affrontare la sfida.”
Parlando dei costi,uno dei problemi denunciati spesso dagli studenti per i corsi post-laurea è quello dei costi eccessivi e della penuria di coperture o borse di studio per aiutare e incentivare gli studenti; lei cosa ne pensa?
“È purtroppo questo un problema a cui non si è posta ancora una soluzione soddisfacente ed a cui si aggiunge spesso anche il fattore non trascurabile della scarsa efficacia di Master che, a fronte di costi esosi, non forniscono le competenze necessarie allo studente per il suo percorso di crescita. Come dicevo, la mia esperienza è stata positiva perché il CESTAS si è dimostrato un soggetto con competenze e serietà e mi ha garantito una formazione utile con un investimento economico ragionevole.”
Cosa le sta insegnando questa esperienza?
“È un’esperienza che richiede rigore lavorativo, capacità di adattamento e una certa flessibilità. La differenza tra ambito lavorativo e non lavorativo è molto più sfumata di quanto non lo sia per altre professioni e questo rende tutto molto intenso. Quello che colpisce più di ogni altra cosa in un contesto come quello peruviano sono le profonde disuguaglianze sociali, economiche e di possibilità di accesso ai diritti che un certo tipo di crescita economica ha creato. Credo che questo imponga una riflessione ancor più profonda sui modelli di sviluppo da perseguire in futuro per le nostre società.”
La consiglierebbe ai suoi ex-colleghi dell'Orientale?
“Assolutamente sì: in considerazione del tipo di studi che propone l’Orientale, credo sia una tappa di crescita lavorativa e personale da augurare a chiunque. Quello che consiglio è però di avvicinarsi con chiarezza di idee e consapevolezza di cosa voglia dire fare cooperazione oggi.”
Luisa Mucci - Direttore: Alberto Manco
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