Le donne di Saman: quando la letteratura profuma di libertà

 

Le donne di Saman: quando la letteratura profuma di libertà

Antonia Soriente

“In un Indonesia sulla strada della modernità, quattro donne e un ex sacerdote lottano per i diritti fondamentali di ogni essere umano…”

La libreria Ubik di via Benedetto Croce 28 ha ospitato i membri del Centro Archivio delle Donne per un viaggio appassionante ed appassionato attraverso l’Indonesia: le parole di Ayu Utami, scrittrice indonesiana divenuta celebre con Le donne di Saman (Metropoli d’Asia, 2010, pp.224), romanzo pubblicato nel 1998 a Jakarta, ci portano immediatamente a quattro donne, amiche dai tempi del liceo, le cui storie si intrecciano anche e soprattutto intorno alla figura di Saman, ex prete gesuita costretto a cambiare identità – e quindi vita – a causa dell’impegno politico investito nell’aiuto dei più deboli, in un momento come quello che sanciva, o meglio anticipava, la caduta del regime dittatoriale di Suharto, durato ben 32 anni.

L’incontro, definito da Marina De Chiara, presidente del CAD, “un’ottima occasione di unione trasversale”, si è aperto con l’intervento della professoressa Antonia Soriente, traduttrice del testo Le donne di Saman, che ha subito inquadrato il romanzo come un netto spartiacque all’interno della letteratura indonesiana: si è parlato infatti di un nuovo tipo di scrittura, a cui anni or sono è stato affibbiata una molto discussa etichetta quale quella di “letteratura profumata”, che appartenesse e che parlasse di donne, non più tuttavia in quanto madri, sorelle o figlie, bensì come donne a tutto tondo con esigenze e desideri propri, soprattutto – e non a caso – sessuali.    

Ersilia Francesca, docente di Gender Politics in contesto islamico, si è invece detta colpita da alcuni aspetti in qualche modo legati alla cultura e alla letteratura indonesiana, uno fra tutti il sincretismo religioso che caratterizza la nazione, e che tra l’altro emerge anche nel libro presentato, grazie al quale l’Indonesia, malgrado un 90% di popolazione musulmana, non ama definirsi un paese islamico. Interessante inoltre l’analisi dei personaggi che secondo la Francesca ricordano un po’ quelli della nota serie televisiva statunitense Sex & the City: Laila, musulmana ossessionata dal tema della verginità che ha una relazione, “non vissuta” quindi, con un uomo già sposato; Shakuntale, ballerina ultralibera che ha conosciuto molti uomini così come Cok, donna manager; Yasmine, avvocato cattolico, impegnata da sempre con lo stesso fidanzato, che riuscirà però a scoprire un amore nuovo, quello per Saman, anch’egli assolutamente estraneo, anzi appena iniziato alla sessualità.

Ciò che è importante, ha ricordato la Soriente, è che il sesso viene utilizzato dall’autrice come massima possibilità d’espressione di libertà di cui le donne possano disporre: si tratta chiaramente di un pretesto e se la Utami ha calcato un po’ troppo la mano nel trattare l’argomento lo ha fatto con coscienza, per opporsi alle regole e alle ingiustizie patriarcali imposte dalla società e per trasformare finalmente quello che veniva immaginato come un problema in una semplice realtà.         

Francesca De Rosa

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