Libeccio d’Oltremare: il vento delle rivoluzioni arabe si estende all’Occidente
Libeccio d’Oltremare: il vento delle rivoluzioni arabe si estende all’Occidente
Il vento delle rivoluzioni arabe si estenderà all’Occidente? Presentato nell'aula Matteo Ripa il libro che tenta di spiegare come e perché
8 dicembre 2011, Università L'Orientale – Nel pomeriggio del 30 novembre è stato presentato nell’aula Matteo Ripa il libro a cura di Ambra Pirri Libeccio d’Oltremare: il vento delle rivoluzioni arabe si estende all’Occidente, raccolta di saggi scritti da numerose autrici Anna Curcio, Francesca De Masi, Francesca Esposito, Renata Pepicelli, Carla R. Quinto, Annamaria Rivera, Alessandra Sciurba e Giuliana Serra e dagli autori Miguel A. Mellino e Sandro Mezzadra. Presenti in sala la stessa curatrice, Tiziana Terranova, Monica Massari, Armando Salvatore, Iain Chambers e il moderatore Mellino, che si è occupato di chiarire sin da subito l’intento del libro: capire cosa portano con sé le rivoluzioni del Nord Africa, in che modo ci interpellano e come porsi dinanzi ad esse per la costruzione di uno spazio comune. Tiziana Terranova, docente di Sociologia delle Comunicazioni, ha evidenziato come l’analisi effettuata non sia stata dello stesso stampo dei media-occidentali, ma quanto piuttosto sia stata finalizzata alla rottura del silenzio del subalterno; lontano da un discorso di neo-orientalismo classico. Per Terranova, che ha citato la Pirri, si è trattato di rivolte che hanno guardato a un ordine globale di tipo biopolitico e che si sono inserite nel vortice anti-liberista, contro il deterioramento delle condizioni di vita portato dall’egemonia dell’economico, che non ha interessato soltanto l’Europa: in Tunisia, ad esempio, all’alto grado di formazione corrispondeva, secondo un rapporto di proporzionalità diretta a noi tristemente noto, un alto tasso di disoccupazione giovanile. Elemento preponderate è stato certo l’irruzione fortissima dei social network, che ha segnato un profondo gap fra il metodo d’utilizzo occidentale e la freschezza con cui sono stati invece adottati nel continente africano a partire dal Senegal, con la creazione di una nuova capacità di comunicazione occidentale. Da qui la definizione delle rivoluzioni arabe come rivoluzioni post-moderne, ma anche come prodotti post-coloniali, secondo Mellino, in quando scatenate da corti circuiti del colonialismo capitalista. Iain Chambers, titolare dell'insegnamento di Studi culturali mediterranei, ha parlato della necessità di guardare al Sud del mondo come una sfida per restituire la vista ai nostri dispositivi critici rimasti troppo a lungo ciechi, sponsorizzando l’idea di Mare Nostrum come Archivio Vivente. Un “ambiente” nel quale voci, storie, culture rimosse e negate possono sorgere per mettere in discussione la storia elaborata dai vincitori e punto di partenza per una nuova analisi dei fenomeni di migrazione. Per Monica Massari questi ultimi sono definibili come “la follia della storia che si salda sulla sofferenza individuale”, con oltre duemila morti nel corso degli ultimi mesi stando ai dati di Fortress Europe. Una storia di dolore dalla quale è però possibile ricostruire le soggettività perdute, senza passare esclusivamente fra le mani degli storici, e che svelano le politiche di confinamento dell’altro portate avanti nel nostro continente. È tempo di smantellare questo sistema di rapporti fondato su potere e violenza, eredità delle crociate, assieme al termine Oltremare; titolo del volume, la cui scelta è stata spiegata da Armando Salvatore, il quale ha rimarcato senza peli sulla lingua come a suo modo di vedere l’Occidente continui a nascondersi dietro il mito politico del dispotismo orientale. Un dispotismo per la caduta del quale gioisce, sebbene ne abbia permesso ipocritamente per anni la sopravvivenza. Lo stesso Occidente che tuttora mostra di non essere in grado di comprendere del tutto la portata degli eventi di piazza Tahrir.
Annamaria Bianco
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