Luca Cerullo: “Per chi viene dal Liceo linguistico l’Orientale è il naturale approdo”

 

Luca Cerullo: “Per chi viene dal Liceo linguistico l’Orientale è il naturale approdo”

Luca Cerullo

“La tesi di laurea rappresenta ancora oggi, in molti casi, la prima vera prova di scrittura”

Luca Cerullo, come mai si è iscritto all'Orientale? Come ne conosceva l'esistenza?

“Ho frequentato il Liceo linguistico e posso dire che, almeno per la mia generazione, l’Orientale resta un punto fermo, il naturale approdo. Per me è stata, appunto, la ovvia prosecuzione dei miei studi superiori. Altre opzioni non ne avevo: sapevo che avrei studiato Lingue e sapevo che lo avrei fatto all’Orientale. Avevo sentito parlare molto male, a dire il vero, di questa università. Oggi posso dire di essere contento di aver dato retta solo al mio cuore.”

Qual è la Sua laurea triennale e quale quella specialistica? Quali considerazioni Le hanno fatto scegliere questi Corsi di studi?

“Il corso di laurea si chiamava “Lingue e culture comparate” (presso la Facoltà di Lettere e Filosofia), mentre ho seguito i Corsi di una specialistica della Facoltà di Lingue: “Lingue e Letterature romanze e latino-americane”. Non credo si sia trattata di una vera e propria scelta. Se ricordo bene, rappresentava l’unico corso col quale avrei potuto unire lo studio di una lingua “orientale” [dell’Europa Orientale, n.d.r.] con quello dello spagnolo.”

Quali lingue ha deciso di studiare?

“Ho una laurea triennale in Spagnolo e Romeno. La Specialistica invece è solo in spagnolo. Ho sempre provato una grande attrazione verso le lingue romanze (al Liceo, ho studiato anche il portoghese e il francese). A distanza di anni credo di poter dire di aver fatto una buona scelta. Per lo spagnolo non avevo dubbi. La Spagna resta per me un paese fantastico e lo spagnolo una lingua meravigliosa. Quanto al romeno e alla Romania, si è trattato di un salto nel vuoto, ma sono rimasto piacevolmente sorpreso. Rifarei tutto.”

Il Suo scrittore spagnolo preferito? Lo scrittore romeno preferito?

“Mi piace molto la letteratura spagnola e ci sono diversi scrittori che, a seconda del momento in cui me lo si chiede, diventano i miei preferiti. Tra tutti, credo, Juan José Millás, scrittore abilissimo nell’intercettare temi che riguardano la Spagna e la “nuova società” e svilupparli, forse fino all’estremo e all’esagerazione. Clara Sánchez, dalla scrittura fine e disciplinata, narratrice anch’essa della nuova immagine del Paese all’indomani della transizione e del rapido processo di modernizzazione, senza trascurare gli affetti e i legami umani, e Alvaro Pombo, audace e istintivo. Adoro anche i primi romanzi di Carmen Laforet, Ester Tusquets e Soledad Puértolas, esponenti di una generazione di scrittrici a mio parere impareggiabile. Tra i classici meritano un posto di primo ordine, almeno nella mia biblioteca personale, Pio Baroja, Galdós e, ovviamente, Cervantes. Per i sudamericani, forse, sarebbe opportuna un’altra intervista.
Tra i romeni che più mi hanno colpito vi è invece Geo Boza, autore di romanzi e storie che incarnano bene la malinconia e la desolazione dei villaggi romeni dopo la seconda guerra mondiale. Ma adoro anche i poeti: Eminescu su tutti, con la sua inimitabile opera romantica, e Bacovia, poeta simbolista di inizio Novecento. Devo riconoscere, invece, di non leggere molta letteratura romena contemporanea. Non posso non citare i grandi nomi, anche se nel loro caso specifico si tratta di autori che escono dai confini della Romania sia dal punto di vista territoriale che linguistico. Sto parlando di Mircea Eliade e Eugene Ionescu.”

Su quale tema ha fatto la tesi? L'argomento Le fu suggerito o fu una Sua scelta personale?

“La tesi con cui ho concluso la mia carriera riguardava una scrittrice spagnola dell’età barocca, María de Zayas y Sotomayor. La scelta è caduta su di lei dopo alcune opzioni scartate. Si è trattato dell’unione di una mia passione personale, il racconto breve, con il periodo suggeritomi dal correlatore. Una scelta personale a metà, direi.”

La tesi è stata, per Lei, stimolante intellettualmente o si è trattato di un lavoro lontano dai Suoi reali interessi?

“La tesi di laurea è un lavoro che per molti rappresenta la prima vera prova con la scrittura. È un peccato che uno studente arrivi a questa prova senza alcun strumento né indicazione su come fare una ricerca o stendere capitoli più o meno legati tra loro. Per me, la tesi è stato soprattutto imparare questo genere di cose, una tappa che mi ha permesso di sperimentarmi con una scrittura molto diversa da quella di un racconto o un romanzo. Credo che sia stato un passo fondamentale per capire bene quali fossero le mie capacità rispetto a quanto avevo studiato e appreso fino a quel momento.
Un piccolo consiglio, che mi permetterei di dare. Credo sia più giusto abolire la tesi triennale, a cui lo studente arriva troppo presto, e sostituirla con un esame integrativo, dove si potrebbero fornire gli elementi necessari poi alla stesura della tesi specialistica.”

Lei è anche scrittore e ha pubblicato due volumi.

“Scrivo da quando ho quattordici anni, soprattutto racconti brevi. Adoro scrivere e iniziare a immaginare storie, mi piace utilizzare quelli che in una giornata possono sembrare momenti morti, un’attesa, un viaggio in autobus, una coda al supermercato, per sviluppare una idea. Scrivo di frequente e anche se ormai è passato un po’ di tempo dalla prima volta, sento di avere ancora molto da imparare, ma è giusto così.
Per quanto riguarda i due volumi, sono entrambi raccolte di racconti brevi. Pubblicare è stato per me molto emozionante, soprattutto per il mio secondo libro, dove il gruppo editoriale di Oxp mi è stato molto vicino durante la dolorosa fase di editing. Ripeto, comunque, mi considero ancora in una fase di apprendistato, e per ora la pubblicazione di un libro deve lasciare spazio all’esercizio, al lavoro e –perché no? – alla sperimentazione.”

Lei si definisce “flegreo” piuttosto che napoletano. Che cosa intende per “flegreo”?

“Detto in maniera schietta, non significa nulla, se non appartenere alla zona dei Campi Flegrei. Ma dentro questa definizione, vi è tutto. Per me i Campi Flegrei sono un luogo meraviglioso, senza tempo, che riesce a sorprendermi anche se ci vivo ogni giorno. Un luogo che nonostante l’incuria dell’uomo, sopravvive grazie alla bellezza, che è eterna, va al di là del tempo. Essere flegreo, per me, vuol dire ribadire un marcato senso di appartenenza a questi luoghi. Un legame con la mia terra, tutto qui. Dalla collina di Posillipo, sontuosa criniera verdeggiante che domina la costa napoletana, allo squallore a cui sono ridotte le spiagge di Licola e Lago Patria, amo ogni centimetro. È triste contemplare gli scempi a cui questa terra è sottoposta, ma io ho ancora speranza di vederla rifiorire. Pensi, ancora mi emoziono, quasi come un turista che è qui per la prima volta, quando passeggio lungo il Lungomare di Pozzuoli o mi avvicino all’incanto del Lago d’Averno.”

Dopo la laurea ha conservato rapporti d’amicizia e di scambio con docenti e laureati dell'Ateneo?

“Con alcuni docenti ho conservato un rapporto di amicizia e affetto. Con i miei colleghi studenti, ora sparsi un po’ in tutto il mondo, resto in contatto. È un arrivederci continuo, ma del resto questa Università ti dà l’occasione di viaggiare molto, e sarebbe da stupidi non sfruttarla.”

Ritiene che l'Orientale sia l’Ateneo adatto per chi intenda fare lo scrittore?

“Non credo esistano Facoltà adatte o meno adatte a fare gli scrittori. Credo esistano gli scrittori, punto.”

È stato in Spagna per parecchio tempo. Vi lavorava? Perché ama la Spagna? Gi spagnoli le sembrano, per alcuni aspetti, simili ai napoletani?

“Sì, sono stato lettore per un anno in un Liceo della provincia di Albacete, in piena Mancha. Un’esperienza della quale conservo ottimi ricordi. Il mio amore per la Spagna dura ormai da quindici anni, più o meno. Credo nella Spagna perché è una nazione giovane, che ha saputo rinascere con orgoglio dopo trentacinque anni di dittatura che l’hanno messa in ginocchio.
Per quanto riguarda la somiglianza tra spagnoli e italiani, è probabilmente una diceria. Sì, ci sono alcuni aspetti che li legano, quali, ad esempio, la passione per la conversazione o per la vita notturna, ma resto convinto dell’idea che tra le due popolazioni vi siano differenze profonde.”

Lavora o studia adesso? Ha tentato la via del Dottorato di ricerca? Se sì, quale? E qual è l’oggetto della sua tesi di Dottorato?

“Per il momento sono iscritto al secondo anno di Dottorato in Letterature Romanze. Il mio progetto riguarda la letteratura romena d’espressione spagnola, ossia la letteratura in lingua spagnola che alcuni esuli romeni hanno prodotto in Spagna e nei paesi sudamericani.”

Se fosse possibile, andrebbe via dall’Italia?

“Per il momento, no. Sono stato all’estero in diverse occasioni, ma non sono mai fuggito. L’Italia sta attraversando un periodo difficile, soprattutto per noi giovani. Ma se la domanda allude a una fuga, appena possibile, da questo Paese, io dico che in questo Paese ci resto e con orgoglio. Bisogna lottare, almeno per il momento questa è la mia opinione.
Questa Università riesce ad aprire i tuoi orizzonti e offrirti la calma necessaria per capire che non si è mai in trappola e il mondo, là fuori, è sempre dietro l’angolo. I mezzi per andare via ce li abbiamo, ma anche per tornare.”

Francesco Messapi

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