Max Pfister a Napoli per un seminario sul LEI

 

Max Pfister a Napoli per un seminario sul LEI

Abbiamo intervistato Pfister, direttore del LEI (Lessico Etimologico Italiano), in occasione di alcuni seminari ai quali ha partecipato a Napoli








 

Napoli, L'Orientale, martedì 21 maggio 2013

Professore Pfister, cosa significa essere a capo di un progetto così ampio come quello del Lessico Etimologico Italiano e a che punto sono i lavori oggi? 


“Essere a capo di questo progetto significa essere innanzitutto capace di dirigere e in questo molto ha influito la mia esperienza militare, in quanto in passato sono stato comandante di un battaglione di più di settecento uomini. Avere una cinquantina di redattori richiede non solo l’essere direttore di un’impresa ma anche il capire queste persone, non sempre facili da gestire, tutte persone estremamente intelligenti, alcuni in parte anche bizzarri, ma in tutti i casi colleghi che stimo moltissimo. In realtà bisogna anche capire i problemi che hanno: non è semplice infatti essere redattore di un dizionario senza avere per esempio una cattedra. Redigere per tutta la vita è un sacrificio e un mestiere duro. Come direttore di una tale impresa conta anche il lato umano, poter capire questi collaboratori, stimare il lavoro che fanno, lasciare anche spazio alla loro opinione. Insomma, dirigere tale impresa non è cosa facile. Quanto allo stato dei lavori, ad oggi abbiamo il fascicolo numero 114 e siamo giunti alla lettera Cu, ma abbiamo anche avviato i lavori per la lettera D e E, e per i germanismi, di cui si occupa nello specifico Elda Morlicchio. La fine dell’opera è prevista per il 2032, ma dovremo diventare molto più brevi: alcuni si lamentano del fatto che il LEI della fine non sarà più come il LEI del principio ma dobbiamo adattarci alla situazione economica attuale, soprattutto perché l’Italia al momento non può sostenerci come vorrebbe”.

Cosa vuol dire per lei essere un etimologo?

“Oggi sono poche le nuove etimologie ancora da scoprire. Più del 90 % delle etimologie sono state già trovate, per questo io dico sempre che noi siamo come nani sulle spalle dei giganti, perché approfittiamo di ciò che i nostri predecessori hanno fatto, tutti grandi come Wartburg, Salvioni, Cortelazzo, Pellegrini. Io ho imparato molto da loro e sono molto cauto nel criticare quelli che ci hanno preceduti. Stimo moltissimo il lavoro enorme che hanno fatto e se possiamo trovare ancora dei tasselli da aggiungere a quel mosaico è già qualcosa”.

Nelle due giornate dedicate al Lessico Etimologico Italiano ci saranno dei momenti dedicati al processo di creazione di un articolo del LEI: ce ne parla?

“Ho cercato di riprodurre il materiale che riceve un redattore e i problemi che deve risolvere come ad esempio orientarsi in uno schema semantico per riordinare schede lessicografiche. E poi ancora i bolli da controllare e così via: da quando ho cominciato i lavori nel 1970, ormai più di 40 anni fa, sono cambiati i materiali, i bolli, e questo significa adattarsi. Ad esempio nella bibliografia, che pubblichiamo ogni dieci anni ci sono più di 10000 titoli. Il materiale cresce e questo è un problema!”

Come guarda agli sviluppi sempre più spesso “informatici” che riguardano la lessicografia?

“Naturalmente questi nuovi strumenti sono magnifici. Mi dispiace solo che quando ho cominciato non potevo ancora disporne. Oggi, naturalmente, lavorerei senza dubbio con una banca dati ma cambiare il sistema manuale di fotocopie iniziato 40 anni fa porterebbe delle difficoltà. Abbiamo ancora tante banche dati ma il problema è integrarle: direi che ho quasi troppo materiale! Non possiamo più considerare tutto ma non vorrei arrivare al punto in cui è arrivato il Trésor de la Langue Française per cui, come mi ha confessato il direttore, si disponeva di più di 20 milioni di schede ma non si poteva più guardare ogni scheda. A questo punto mi chiedo a cosa servono questi milioni di schede se non si possono guardare tutte?”

Che futuro vede, quindi, per gli studi lessicografici?

“Su questo sono molto ottimista. Molti vogliono conoscere l’origine della propria lingua e il LEI in questo senso punta anche a permettere una conoscenza più profonda dell’italiano e dei dialetti italiani. Ad ogni modo l’interesse per questo ambito è grande: oggi, ad esempio, il numero di richieste di partecipazione al Workshop dedicato al LEI superava quello relativo ai posti disponibili. In Italia poi sono molti i giovani qualificati che vogliono fare esperienza in questo settore, ma devo sempre invitare questa generazione a non perdere la pazienza! Verrà un giorno in cui i giovani riceveranno una ricompensa ma è necessario perdurare, avere pazienza e sperare in un futuro migliore”.

Francesca De Rosa - Direttore: Alberto Manco

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