Nir Baram: vi racconto le "Brave persone"...

 

Nir Baram: vi racconto le "Brave persone"...

Napoli, 25 gennaio 2012 – Lo scrittore israeliano Nir Baram ha presentato presso la libreria Ubik il suo romanzo Brave Persone. L’incontro, organizzato da Giancarlo Lacerenza in collaborazione con l'Ambasciata d'Israele a Roma, si inserisce negli eventi con cui l’Orientale celebra la Giornata della Memoria 

“Un romanzo storico dalla costruzione complessa che solleva questioni etiche fondamentali”: con queste parole Raffaele Esposito, assegnista all’Orientale, ha introdotto la presentazione del libro organizzata dal professore Lacerenza. Libro uscito in Italia da Ponte alle Grazie e tradotto da Elisa Carandina, già docente a contratto nel nostro Ateneo e ora in servizio all'università del Tennessee. Ambientato tra il novembre del 1938 e il giugno del 1941, il romanzo racconta le vicende di Thomas e Aleksandra le cui storie dopo aver proceduto parallelamente finiscono per incrociarsi. Thomas, tedesco, e Alexandra, russa, appartengono alla buona borghesia dei rispettivi paesi e sono decisamente persone dotate di talento. Entrambi non sono convinti sostenitori dei regimi instauratisi nei loro paesi ma nel corso del romanzo faranno delle scelte che li porteranno a diventare, come ha affermato Esposito, “ingranaggi nella macchina di morte operata dai due regimi”. A fare da sfondo alle loro storie sono innanzitutto le città di Berlino e Leningrado, ma anche tanti luoghi attraverso cui i personaggi passano spostandosi tra le due città. Sebbene molti recensori del libro vi abbiano letto la rappresentazione della “banalità del male”, l’autore (che Esposito, tra l’altro, ha provveduto a intervistare in ebraico) ha precisato che il suo intento è stato quello di analizzare la complessità del male. “La banalità del male”, ha detto Baram, “riguarda quelle persone che non riescono a pensare autonomamente, il libro invece parla di persone critiche”. Thomas e Aleksandra sono persone ambiziose e questo spinge loro a mettere il proprio talento al servizio del potere. “Il regime nazista e quello sovietico hanno in comune il fatto di aver permesso a persone della strada, che prima non contavano niente, di arrivare ai vertici della società mettendo in mostra il proprio talento”, ha affermato lo scrittore. I due personaggi approfittano della situazione in cui si trovano per emergere, questo implica fare tante piccole scelte quotidiane che li portano a diventare una parte importante del sistema. Nelle situazioni di genocidio”, ha spiegato Baram, “pochissimi prendono materialmente parte al genocidio. Tantissime persone continuano la loro vita regolare ma è grazie alle loro azioni e alle loro scelte quotidiane che il genocidio può continuare”. Questo è il caso delle “brave persone” protagoniste del romanzo. Nir Baram ha voluto raccontare il modo di agire delle persone normali e questo, dice, non è stato facile perché quando si narrano i regimi totalitari si tende a rappresentare personaggi folli. “I folli ci sono sempre stati, la cosa che disturba sono le persone normali che hanno permesso ai folli di arrivare dove sono arrivati”. Un romanzo storico non ha ragion d’essere se non ci induce a riflettere sul nostro tempo. Thomas e Aleksandra diventano parte di un meccanismo che non approvano. Oggi, ha detto l’autore, molti “servono un sistema capitalista in cui non credono”. Il romanzo pone anche attenzione alla relazione tra lingua e potere. L’uso linguistico consapevole è tipico dei poteri dittatoriali perché la lingua è sempre stata un mezzo fondamentale per veicolare la propaganda del regime, per celare e riscrivere la realtà dei fatti. Dal libro emerge come i regimi nascondano il male evitando di menzionarlo. Questo secondo Baram accade anche nelle nostre società : “Per ogni operazione militare in Israele vengono trovati dei nomi belli, degni di Shakespeare”. La tragedia dei due eroi borghesi, le loro scelte, le loro azioni, lungi dall’offrire una lettura univoca dei fatti, pongono il lettore di fronte alla complessità della realtà, rispetto alla quale egli stesso è invitato a riflettere.

Agostina Picerni e Daniela Vitolo

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