Percorsi di traduzione nell'era digitale: la collaborazione tra uomo e macchina

 

Percorsi di traduzione nell'era digitale: la collaborazione tra uomo e macchina

Immagine tratta dalla locandina dell'evento

Olimpia Martinelli, traduttrice freelance professionista, parla della traduzione legata all'IT e dell'incontro tra una pratica antica e le tecnologie informatiche

 

 

 

 

 

9 aprile 2013 – Katherine E. Russo, docente di Lingua e linguistica inglese all'Orientale e organizzatrice dell'evento, ha dato inizio alla conferenza dal titolo “Machine translations: tradurre per/con l’IT” introducendo Olimpia Martinelli, traduttrice professionista freelance che opera in un settore oggi molto importante, quello della traduzione nell'ambito dell'IT (Information Technology).
Scopo dell'incontro è anche quello di favorire, secondo Russo, il confronto tra questo settore e gli studi umanistici: in questo modo è possibile contribuire a ridefinire questo campo della traduzione dal punto di vista culturale e, al tempo stesso, fare luce su alcuni pregiudizi che gravano su di esso, spesso basati su luoghi comuni piuttosto che su una conoscenza diretta dell'ambito in questione.
Ed è proprio sulla conoscenza diretta che Olimpia Martinelli ha concentrato sin dal principio l'attenzione: dopo aver sottolineato la particolarità del momento, “un ritorno alle origini” nell'Università in cui si è laureata, la traduttrice ha raccontato del proprio incontro con questo mondo e con gli strumenti che oramai adopera quotidianamente. Tredici anni fa, subito dopo la laurea in Lingue e letterature straniere, ha iniziato a lavorare per la IBM (International Business Machine) e come lei stessa ha raccontato: “Sono stata catapultata nel mondo dell'IT senza sapere di cosa si trattasse e si chiedevano competenze linguistiche ma anche informatiche. Dopo sole tre settimane sono stata inviata a Toronto, presso il centro di sviluppo locale, e all'epoca non ero nemmeno in grado di fare un file zippato!”. Sottolineando la distanza che c'è tra gli studenti di oggi e quelli di solo un decennio fa, dal punto di vista delle familiarità con le tecnologie informatiche, la traduttrice ha spiegato come l'insieme di conoscenze e di sensibilità acquisite durante il percorso di studio all'Orientale, e la capacità di mettersi in gioco, l'abbiano portata a raggiungere un traguardo professionale importante: un esempio sicuramente stimolante per gli studenti.
Il primo passo è stato quello di sottolineare la fondamentale distinzione tra quelle che Martinelli ha definito “traduzione editoriale” e “traduzione con/per l'IT”. Mentre la prima è soggetta al diritto d'autore ed è legata ad una pratica ermeneutica sempre soggettiva, la seconda è slegata sia dal diritto d'autore sia dalla soggettività dell'interpretazione perché si fonda su indicazioni rigorose fornite da chi commissiona la traduzione. Queste obbligano il traduttore a fare riferimento, costante ed esclusivo, ad una serie di strumenti: linee guida, memorie di traduzione, glossari riconosciuti dai clienti finali e altri supporti che consentano di indirizzare la traduzione su binari imprescindibili e indispensabili. Dal punto di vista informatico, gli strumenti adoperati sono diversi e sono comunemente indicati con l'acronimo CAT (Computer Assisted Translation). Tra di essi troviamo i TM tools (Translation Memory), ovvero dei database in cui è possibile trovare tutte le occorrenze testuali di segmenti che sono già stati tradotti in passato, da una lingua sorgente ad una lingua target, da altri traduttori professionisti. L'uso di questi database, inoltre, quando abbinato ad altre implementazioni come la MT (Machine Translation) consente di alleggerire in maniera notevole il lavoro del traduttore: una volta inserito il testo che si deve tradurre, infatti, la MT fornisce un output grezzo di tutte le occorrenze dei segmenti testuali per i quali sono state trovate corrispondenze, che naturalmente rappresenta una base di partenza da cui partirà il traduttore per la fondamentale fase di post-editing. Queste strategie consentono, quindi, di adoperare la macchina per una parte più o meno consistente del processo di traduzione e, in sostanza, consentono all'uomo di interagire con strumenti che ottimizzano il lavoro e con intere raccolte di dati linguistici. Appare chiaro, però, che il percorso di traduzione è sempre svolto dall'uomo ed è solo in virtù dell'elevata standardizzazione del linguaggio adoperato nell'ambito dell'IT che si rende possibile fare affidamento su tutto il lavoro già svolto da altri traduttori in carne e ossa. L'unica sostanziale differenza che si presenterebbe nel lavorare senza l'ausilio della tecnica – separando l'uomo dalla macchina – sarebbe la perdita della traccia del lavoro di altre centinaia di uomini e delle loro scelte di traduzione.
Naturalmente il pericolo è sempre in agguato, ma la responsabilità è dell'uomo e non della tecnologia. Soltanto quando l'uomo sceglie di delegare alla macchina il proprio lavoro è possibile – come accaduto pochi mesi fa – che in un bando ufficiale pubblicato sui siti Web del Ministero dell'Istruzione e della Comunità Europea un tipo particolare di alimento sia stato confuso con qualcosa di davvero molto improbabile, e il pecorino sia diventato un doggy-style.
 

Azzurra Mancini - Direttore: Alberto Manco

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