Pessoa, Mora, il neopaganesimo. E l'arabo, l'inglese, il portoghese: ce ne parla Maria Grazia Severino

 

Pessoa, Mora, il neopaganesimo. E l'arabo, l'inglese, il portoghese: ce ne parla Maria Grazia Severino

Maria Grazia Severino e Pessoa

“Avevo le idee ben chiare: volevo studiare lingue! L’Orientale è stata la mia scelta”

Maria Grazia Severino, lei si è laureata nel 2009, con voti 110 e lode. Vuole descrivere il suo percorso universitario? Come mai ha scelto la triennale di Lingue culture e istituzioni dei Paesi del Mediterraneo (indirizzo artistico) e poi la specialistica in Relazioni culturali e sociali del Mediterraneo? Era interessata ai problemi di questo mare e dei Paesi che vi si affacciano o ha prevalso una scelta ideale, legata al mito del Sud solare?

“Appena terminate le scuole superiori, avevo le idee ben chiare: volevo studiare lingue! L’Orientale è stata la mia prima scelta perché offriva, oltre allo studio delle lingue, molti altri esami interessanti che è difficile trovare in altre Università. Inoltre, ero particolarmente affascinata dalla possibilità di concentrare i miei studi su un'area come quella del Mediterraneo, ricca di cultura, arte e civiltà. Anche da un punto di vista geopolitico, rappresenta una zona molto importante per gli equilibri non solo europei, ma mondiali, come hanno dimostrato i più recenti avvenimenti nel Nord Africa (Tunisia, Egitto, ora la Libia…).
Posso dire che la scelta di quel Corso di laurea fu quasi obbligata, considerando i miei interessi di allora. Poi, avendo avuto una buona esperienza alla triennale, alla specialistica ho deciso di continuare con Relazioni culturali e sociali del Mediterraneo, che era praticamente la continuazione naturale del percorso fatto fino a quel momento.”

Le lingue che ha studiato sono inglese, arabo e portoghese (per due anni) alla triennale e arabo e inglese alla specialistica. Che cosa L’ha spinta a scegliere queste lingue?

“Sicuramente per la scelta delle lingue mi sono fatta guidare dalle emozioni. L’inglese è una lingua che studio dalle elementari e mi è sembrato naturale continuare a studiarla anche all’Università. Per quanto riguarda l'arabo, invece, è stata una sorta di sfida. Prima di iniziare gi studi universitari, avevo avuto la possibilità di frequentare un corso gratuito di lingua araba. Nonostante avessi appreso ben poco, rimasi affascinata da questa lingua complessa e antichissima. Ho deciso di studiarla per tutti e cinque gli anni universitari, anche se sono ancora lontana da una vera e propria padronanza della lingua. Chi come me ha studiato arabo sa bene che cinque anni non bastano: è necessario recarsi in un Paese arabo e restarci per alcuni anni... e questa è una delle cose che mi sono ripromessa di fare appena possibile.
Infine c’è il portoghese… Al secondo anno dovevo scegliere una terza lingua da studiare e la mia scelta è caduta automaticamente sul portoghese. Avevo già da tempo una passione per il Portogallo e per tutto ciò che lo riguarda, passione che nasce essenzialmente dall’amore per uno scrittore, Fernando Pessoa. Quindi ho scelto di studiare il portoghese al secondo anno e poi l’anno successivo, come esame a scelta. Se potessi tornare indietro, sceglierei di studiare portoghese per tutti e cinque gli anni, perché mi piacciono tantissimo la musicalità e le sfumature di questa lingua. Tuttora cerco di tenermi allenata, leggendo e guardando film in portoghese.”

Come valuta, in modo particolare, la sua esperienza nel nostro Ateneo?

“La mia esperienza all’Orientale è stata decisamente positiva. Certo, tutti coloro che hanno frequentato quest’Università sanno bene che ci vuole tanta tenacia e resistenza allo stress: correre tra le varie sedi per seguire i corsi, ad esempio, non è cosa per tutti. Ma c'è un aspetto che non cambierei mai: il rapporto con i docenti. Nei miei anni universitari ho avuto la fortuna di incontrare (tranne per pochissimi casi) docenti molto disponibili, che hanno sempre cercato di instaurare un rapporto quasi paritario con gli studenti. Ed è per questo che molti di loro hanno lasciato in me un bellissimo ricordo, che conservo con affetto. Questa, credo, non è una caratteristica molto comune in altre Università, soprattutto in quelle di tipo tecnico-scientifico.”

La tesi per la laurea specialistica ha come titolo Pessoa e il neopaganesimo. Qual è il problema a cui rinvia questo titolo?

“Per la laurea specialistica desideravo occuparmi di Fernando Pessoa, essendo il mio scrittore preferito. Tuttavia, scelsi di occuparmi di un aspetto particolare di questo autore e cioè del neopaganesimo, poiché avevo riscontrato che nella letteratura critica questo argomento era poco discusso. La mia tesi si basava su uno degli eteronimi pessoani (ovvero l'universo di scrittori ben distinti con cui lo scrittore firmava le sue opere): António Mora, il grande maestro del neopaganesimo.”

Perché e in quale senso, secondo Pessoa, riemerge il paganesimo? E quale ruolo ha, in questa rinascita, la figura (inventata) di António Mora?

“Pessoa identifica in António Mora il padre del neopaganesimo, colui che ha permesso con i suoi insegnamenti di riportare in vita il paganesimo puro, quello degli antichi greci. Secondo Pessoa, il cristianesimo ha introdotto nella società una vera e propria forma di decadenza; il passaggio dall’ideale greco a quello giudaico-cristiano ha rappresentato per lui una regressione rispetto alla perfezione dei greci che sono coloro che «maggiormente hanno legato la felicità alla cultura e alla grandezza». Il cristianesimo, o meglio il 'cristismo', è visto da Pessoa come una degenerazione delle idee e dei sentimenti, e pertanto ancora più forte diviene la necessità di ritornare a quella perfezione perduta. António Mora è proprio il portavoce di questo movimento di ritorno al paganesimo.”

È una figura affascinante, quella di Pessoa. L'argomento le fu suggerito o fu una sua scelta personale?

“Fu decisamente una scelta personale, ma che prevedevo sarebbe stata accettata volentieri dal mio relatore. Sapevo che aveva anche lui un interesse verso questo scrittore (avendo dato come testo di esame Il libro dell’inquietudine di Pessoa). E non mi sono sbagliata. Ha subito accettato con piacere la mia proposta di ricerca per la tesi.”

L’interesse per il pensiero di Pessoa si collega strettamente ad alcuni aspetti della sua visione della vita? Studiare Pessoa ha costituito un arricchimento significativo per lei?

“Ritengo che Pessoa sia una delle menti più geniali del Novecento, uno scrittore che si è occupato dei generi letterari più disparati (dal poliziesco al filosofico) attraverso le voci di tantissimi microscrittori a cui ha dato una biografia e uno stile letterario. Inoltre, ritengo che il suo modo di scrivere e il suo pensiero siano davvero interessanti, chiaramente perché condivido i suoi punti di vista, anche se a volte troppo pessimistici. I suoi libri hanno arricchito il mio bagaglio culturale e mi hanno permesso di volgere lo sguardo verso nuovi modi di pensare. Sì, lo studio di Pessoa ha costituito senza dubbio un arricchimento significativo.”

Ha conservato rapporti con docenti e laureati dell'Ateneo?

“Per quanto riguarda i docenti, ho conservato i rapporti soltanto con alcuni, che sono poi coloro che mi hanno lasciato un ottimo ricordo. Fra questi, vi è il relatore della mia tesi per la laurea specialistica, che è sempre stato molto disponibile e con il quale spesso ho scambiato opinioni e pensieri.
Ho mantenuto i rapporti anche con alcuni laureati, con cui condivido spesso i miei ricordi universitari.”

Conosce il Portogallo? Vi è andata con l’Erasmus o in altro modo?

“Ovviamente sono stata in Portogallo. Non ci sono andata con l’Erasmus, ma ho organizzato un viaggio personale, che rimarrà per sempre nel mio cuore. Ho trascorso prima alcuni giorni a Lisbona, poi in auto mi sono spinta al nord, fino a Porto. Da lì sono ritornata a Lisbona e poi ancora più a sud, nell’Algarve. È stato un viaggio meraviglioso, che ha confermato nella realtà l’idea che mi ero fatta di questo bellissimo Paese.”

Qual è esattamente il suo lavoro, adesso?

“Da circa un anno e mezzo mi occupo della traduzione di manuali e documenti tecnici, principalmente dall’inglese all’italiano. Ho avuto la fortuna di conoscere un traduttore freelance che si occupa di traduzioni già da diversi anni. Grazie al suo aiuto e con molta pazienza, ho cominciato a imparare le basi di questo lavoro. Mi piace molto la possibilità di lavorare da freelancer, comodamente da casa mia, e di poter organizzare il lavoro secondo le mie esigenze. Ovviamente ciò comporta anche qualche rischio e la possibilità che il lavoro scarseggi in alcuni periodi, ma penso che questa potrebbe essere la mia strada.”

Se fosse possibile, andrebbe a lavorare all’estero o preferirebbe restare sempre in Italia, con o senza lavoro?

“Se ne avessi la possibilità, andrei a lavorare all’estero senza esitazioni. In questi ultimi anni entrare nel mondo del lavoro è diventato molto difficile, soprattutto in Italia, mentre all'estero, nonostante la crisi, il lavoratore gode comunque di maggiori diritti. Credo che all’estero potrei trovare uno stile di vita più adatto alle mie esigenze. Se dovesse presentarsi un’opportunità interessante, senza alcun dubbio ci proverei!”

Francesco Messapi

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