Raffaella Bombi: “Oggi indubbiamente il contatto è favorito: le parole viaggiano veloci”
Raffaella Bombi: “Oggi indubbiamente il contatto è favorito: le parole viaggiano veloci”
“Il mondo, oggi, da un punto di vista linguistico, è dinamico. Le forze in gioco sono molte e numerose lingue possono acquisire statuti differenti”
Professoressa Bombi, una definizione di ecolinguistica.
“L’ecolinguistica è lo studio del rapporto tra le lingue e l’ambiente in cui vengono parlate, un settore recente ma molto importante considerando la biodiversità linguistica e, in particolare, in riferimento alle lingue che scompaiono, lingue deboli se paragonate a lingue potenti come l'inglese, ad esempio.”
Quali sono a suo avviso le aree di indagine più stimolanti e quali le prospettive future per questo ambito disciplinare?
“Questa disciplina apre ampie prospettive: uno dei temi sui quali la linguistica dovrebbe concentrarsi, anche attraverso la politica linguistica, è la salvaguardia delle lingue che si trovano in posizione debole; ciò che è necessario fare per salvaguardare la biodiversità potrebbe e dovrebbe essere un obiettivo della disciplina.”
Negli ultimi decenni il modo di rapportarsi degli individui all'ambiente che li circonda è cambiato. Come si riflette questo cambiamento nel panorama degli studi linguistici?
“È cambiato molto ed è cambiata l'attenzione dei linguisti verso queste tematiche. Basta pensare che fino agli anni Cinquanta e Sessanta uno dei principali temi era la diffusione delle lingue standard, come accadeva ad esempio con l'italiano. A partire dagli anni Ottanta e Novanta è cambiato l'atteggiamento della linguistica ufficiale verso le lingue locali che si trovavano in una posizione debole: un cambiamento di paradigma non solo in relazione alle lingue standard ma anche a quelle minoritarie.”
Lei ha affrontato il tema del linguaggio in relazione alle nuove tecnologie, in particolare in riferimento all'e-learning e a quella che lei ha definito “la sua lingua speciale”. Quali sono le particolarità di questa lingua?
“Innanzitutto la lingua speciale dell'e-learning è una nuovissima varietà perché altrettanto nuova è la tecnologia su cui si basa, per fare un esempio basta pensare al linguaggio informatico. È necessario un insieme di termini tecnici che servono per ridefinire questi contesti, le figure professionali che vi operano, gli strumenti della didattica, e così via.”
Quali sono le maggiori difficoltà che si presentano nel fare didattica in ambiente virtuale?
“Difficoltà non ce ne sono! Le nuove tecnologie sono user-friendly e gli studenti imparano in fretta, mentre i docenti sono digital migrants: la difficoltà sta quindi nel formare questi ultimi affinché si adeguino alle nuove tecnologie, ma ogni innovazione comporta delle difficoltà. Una volta formati i docenti l’e-learning si dimostra uno strumento facile, veloce e soprattutto flessibile: le videoconferenze, gli esercizi interattivi, le bacheche virtuali, le chat, e gli altri strumenti, permettono di raggiungere un target particolare, indipendentemente dalla distanza e dal tempo; noi, ad esempio, oggi abbiamo studenti anche negli States e in Australia.”
Uno degli ambiti di studio di cui si è occupata è quello delle lingue in contatto. In che misura la Rete ha modificato il panorama generale del contatto linguistico, e in quale senso?
“I contatti linguistici avvengono attraverso i mezzi di comunicazione: la stampa e la tv, ma certamente la Rete e Internet che rendono questi contatti sempre più facili e frequenti. La Rete ha rappresentato una spinta in questo senso: la comunicazione online è ricca di anglicismi, abbreviazioni che lasciano tracce anche sulla lingua quotidiana, favorendo lo sviluppo di lingue più sintetiche. Oggi indubbiamente il contatto è favorito: le parole viaggiano veloci.”
Un altro dei temi centrali nella prospettiva ecolinguistica: la biodiversità. Quanto è importante preservare particolari “ecosistemi” linguistici a rischio, e quali sforzi vengono fatti in tale senso?
“Come si sente ripetere spesso, ogni lingua è una finestra sul mondo e – per quanto minoritaria o debole che sia, anche se parlata da un numero esiguo di persone, magari sulle Ande peruviane – ogni volta che muore una lingua muore un pezzo di cultura e di civiltà. Cercare di favorire la diffusione di queste lingue minoritarie può aiutare a mantenerle in vita, ma ciò che conta è lo spirito di appartenenza ad una comunità, perché è solo grazie ai parlanti che una lingua può essere realmente preservata.”
Lei sarà ospite in occasione delle Giornate di studio che si terranno dal 24 al 26 marzo all’Orientale. Le Giornate sono dedicate a “Comunicazione e Ambiente”. Su che cosa verte il suo intervento?
“Il mondo, oggi, da un punto di vista linguistico, è dinamico. Le forze in gioco sono molte e numerose lingue possono acquisire statuti differenti, ad esempio passando da uno status di dialetto a varietà; basta pensare al caso dell’inglese, che oggi può essere definita una lingua globale. Il mio intervento verterà su questi temi: la diversità delle lingue e della loro funzione. Tratterò del rapporto tra lingue di potere e lingue minoritarie, concentrandomi sulla diversità ma anche sugli aspetti metalinguistici: è importante pensare a come vengono denominati questi processi e queste lingue nella linguistica, perché ci sono problemi anche di definizione.”
Come considera il rapporto tra la quantità e la qualità delle informazioni che circolano su comunicazione e ambiente?
“La quantità è eccessiva, mentre la qualità manca: sarebbe necessaria maggiore chiarezza, perché sono tematiche di cui si parla tanto e che meritano attenzione.”
Ci fa un esempio, a suo avviso, molto efficace di comunicazione ambientale?
“Il titolo delle Giornate di studio, in questo senso, oserei dire purtroppo, è quanto mai indicato. La guerra, lo tsunami, il problema del nucleare… c’è bisogno di chiarezza, una comunicazione, anche istituzionale, più chiara aiuterebbe a far capire quali e quanti sono gli aspetti problematici, favorendo una maggiore diffusione di questi contenuti sui media.”
Come è rappresentato in Italia sul piano della comunicazione il quadro europeo delle reali emergenze ambientali?
“In maniera non efficace. La comunicazione ambientale dovrebbe avere un ruolo maggiore nei processi comunicativi in generale. Recentemente ho assistito ad una relazione in cui si parlava dell’Italia e dell’Europa e delle rispettive comunicazioni istituzionali: in Europa è più diretta, a volte anche forte, ma raggiunge il target; qui in Italia invece è più edulcorata, non solo sul piano dei contenuti ma anche dal punto di vista visivo. È vero che un certo tipo di comunicazione, qui da noi, potrebbe sembrare addirittura scioccante, ma sarebbe certamente necessario un passo in avanti, per una comunicazione più chiara, diretta, mirata.”
Azzurra Mancini
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