Roditori e cibo per i morti: la ricca tavola del mondo antico
Roditori e cibo per i morti: la ricca tavola del mondo antico
La professoressa Simonetta Graziani e il professore Gian Pietro Basello, docenti dell'Orientale, hanno tenuto le conferenze del secondo appuntamento del ciclo dottorale “Banchetto e cerimonialità nel Vicino Oriente e Mediterraneo antichi”
La professoressa Simonetta Graziani e il professore Gian Pietro Basello, docenti dell'Orientale, hanno tenuto le conferenze del secondo appuntamento del ciclo dottorale “Banchetto e cerimonialità nel Vicino Oriente e Mediterraneo antichi”
Cosa rappresentava il banchetto per i popoli del Vicino Oriente antico? È con la risposta a questa domanda che la professoressa Simonetta Graziani ha introdotto la sua conferenza dall'originale titolo “I topi sono un cibo divino!”.
Il banchetto può essere considerato la metafora simbolica per eccellenza: emblema del mantenimento delle relazioni sociali, era un momento di celebrazione degli eventi sociali più importanti, come le vittorie in guerra, la stipula della pace o l'inaugurazione di nuove costruzioni.
Grazie alle numerosi fonti, sia testuali che figurative, possiamo oggi avere un'idea di come si svolgessero i banchetti antichi, quali rituali seguissero e quali cibi fossero consumati.
Un aspetto fondamentale della ritualità conviviale era il banchetto divino, a cui provvedeva il sovrano. Dato che il mondo degli dei era il corrispettivo della corte, anche il banchetto divino riproduceva quello del re; gli alimenti serviti erano praticamente gli stessi in entrambi i banchetti e non mancava mai la carne.
Molto apprezzata dagli antichi era la carne dei roditori, soprattutto gerboa, topi di canneto e ghiri. Diverse fonti testuali ne testimoniano l'ottimo sapore.
Per la loro prelibatezza, i topi erano considerati cibo da Re, venivano anche allevati e messi all'ingrasso. Ed essendo cibo da re, non potevano mancare sulla tavola degli dei: tra le fonti letterarie ritrovate, non poche erano le liste degli alimenti che costituivano i banchetti e, tra le carni più pregiate destinate alle divinità, i topi erano sempre presenti. Considerati beni di lusso, erano elencati tra uova di struzzo e volativi di pregio e, in ordine d'importanza, seguivano solo le carni bovine ed ovine.
Dato l'alto gradimento nel mondo antico ed il loro numero – ad oggi i roditori coprono il 43% delle specie dei mammiferi esistenti – magari i topi saranno il cibo del futuro, in fondo è solo una questione di gusto e “l'organo del gusto non è la lingua, ma è il cervello, che è un organo culturalmente, dunque storicamente, determinato attraverso il quale si imparano e si trasmettono i criteri di valutazione”.
Dopo aver pranzato con gli dei, il professore Gian Pietro Basello – con la conferenza “L'appetito vien morendo: cibo per i morti e memoriale per i vivi in Elam, 1500-500 a.C. ca” – ci ha invitato al kispu.
Il kispu era il rituale delle offerte per i defunti. Probabilmente l'origine del termine deriva dal verbo “spezzare”: spezzare vuol dire dar da mangiare, quindi il cibo, prima di essere lasciato in offerta nelle tombe, andava spezzato. Nella città di Susa sono state trovate diverse testimonianze di questo rito; un esempio è un testo legale del II millennio a.C. nel quale un padre, lasciando i suoi possedimenti in eredità alla figlia, le chiede in cambio di procurargli il cibo sia in vita che dopo la sua morte. Questo ci fa capire che il kispu era un'usanza non solo dei nobili, ma di tutta la popolazione. Alcuni testi, scritti su tavolette, sono stati ritrovati in pozzi all'interno delle stesse tombe: questi riportano i cibi e le bevande che, probabilmente, venivano offerti al defunto.
Poco lontano da Susa si trova il sito di Haft Tappeh. Qui, al centro del cortile di un tempio tomba, fu trovata una stele su cui è inciso un lungo testo. Questo reperto è importante perché, oltre ad un elenco di generi alimentari, è presente una menzione scritta del kispu.
A Choga Zanbil invece è stato possibile studiare l'aspetto più ricco del kispu. Vicino lo Ziggurat è stata trovata una serie di palazzi con delle tombe sotterranee; all'esterno di queste camere sono stati ritrovati bacini in pietra, una serie di tavole – usate forse per mangiare – cucchiai in terracotta smaltata, pentole ed un forno. Questo sito riapre degli interrogativi riguardo al kispu perché non è chiaro ancora se queste offerte fossero solo per i defunti o anche per i vivi e se il banchetto veniva consumato a parte o con numerosi invitati rendendo così il kispu più conviviale.
Purtroppo le fonti trovate sul kispu sono poche e frammentarie, da queste però si può capire che l'aspetto più importante del rito era quello della memoria: offrire cibo, mangiare e chiamare il nome del defunto per tenerne sempre vivo il ricordo.
Francesca Ferrara
It look's like you don't have Adobe Flash Player installed. Get it now.
Audio intervista - Ibadi Theology. Rereading Sources and Scholarly Works