Salvatore Caputo: gusti ed esperienze di un Maestro d'opera
Salvatore Caputo: gusti ed esperienze di un Maestro d'opera
Salvatore Caputo, musicista italiano, attualmente Direttore del Coro del Teatro San Carlo di Napoli, in un'intervista per il Magazine dell'Università degli Studi di Napoli L'Orientale
Napoli, 28 maggio 2010, il Maestro Salvatore Caputo ha parlato brevemente della sua carriera di musicista lirico, partendo dagli inizi fino ad arrivare al ruolo che ricopre attualmente, ossia quello di Direttore del Coro del Teatro San Carlo di Napoli. L'intervista offre l'opportunità di conoscere le esperienze e i gusti di un uomo che ha consacrato la sua vita alla musica classica, mettendoci passione, impegno, dedizione, costanza e professionalità.
Maestro ci racconti brevemente dei suoi inizi e della sua carriera.
"Ho studiato a Salerno e poi ho avuto la possibilità di conoscere le persone che gestivano il Teatro Rendano di Cosenza, dove ho lavorato dal 1997 al 1999. In seguito, sono stato chiamato al Teatro Comunale di Firenze come secondo Maestro del Coro dal 2000 al 2004 e poi ho lavorato al Teatro Colón di Buenos Aires per cinque anni come Maestro del Coro. Dopo quest'ultima esperienza sono arrivato al San Carlo."
La sua è chiaramente una carriera ricca di esperienze, viaggi, collaborazioni, eventi, successi ecc. C'è tuttavia un avvenimento della sua carriera che ricorda con maggiore soddisfazione?
"Sì, due sono stati gli avvenimenti più significativi per me. Il primo è stato il primo applauso al teatro Colón che conta 2700 posti, per cui è una bella soddisfazione stare su quel palco, perché l'applauso è molto forte. Il secondo avvenimento invece si è verificato al San Carlo, perché sono arrivato proprio quando è stata fatta la riapertura a Gennaio, quindi sono stati emozionanti l'attesa, vedere tutti in fibrillazione, l'energia positiva nelle persone, le sale nuove ecc. È stato un bel momento."
Nel 2000 ha diretto il Coro nella registrazione della colonna sonora del film Hannibal. Ci racconti questa esperienza.
"Sì, è successo perché il film è stato girato a Firenze; in particolare c'è una scena dove il protagonista va a vedere un'opera del '700 in un palazzo fiorentino e c'è una musica molto dolce con le parole di Dante. Noi abbiamo registrato questa musica su richiesta del compositore per rendere anche il contrasto tra la dolcezza del motivo e l'omicidio che viene compiuto nella scena in questione. E' stata un'esperienza molto divertente, anche perché gli americani hanno una professionalità e un modo di organizzare ineccepibili."
Lei ha insegnato repertorio operistico all'Istituto superiore d'arte del Teatro Colón. Qual è il suo approccio verso i giovani che vogliono intraprendere la carriera lirica? Che consigli dà in genere?
"Questo è un mondo molto competitivo e non c'è un punto d'arrivo per cui sentirsi inattaccabili. Porto l'esempio di Pavarotti che quando si esibì per il Don Carlo alla Scala ebbe una serata sfortunata e fu fischiato. Quindi il consiglio che posso dare è prepararsi ad un mondo competitivo, feroce e con un pubblico volubile, che giustamente paga molto e quindi si aspetta il meglio, ma che comunque non capisce che a volte basta poco, un granello di polvere o un po' di saliva, e la voce si sporca. Poi il pubblico italiano in particolare è implacabile. Chi vuole fare questo mestiere deve analizzarsi e capire se può reggere la tensione. I successi possono essere dimenticati il giorno dopo."
Quale opera l'affascina in particolare?
"Le opere del repertorio russo sono per me le più interessanti, in particolare l'Evgenij Onegin di Čaikovskij. I russi mettono il coro al centro dell'opera, perché rappresenta il popolo, quindi il coro è molto importante. Si tratta di opere molto lunghe e ci vogliono mesi per prepararle e soprattutto memorizzarle. Il coro canta molte ore e quindi alla fine è una bella soddisfazione riuscire a mettere in scena un'opera del genere."
C'è un episodio esilarante o divertente che le è capitato nel corso della sua carriera?
"Sì, ricordo che nel 2003 ci fu un concerto alle 19 al Cairo, di fronte alle piramidi. Eravamo più di cinquecento artisti e prenotammo l'albergo, uno dei più famosi della città, proprio davanti al luogo dell'esibizione. C'era quindi un'atmosfera bellissima, da sogno, ogni stanza dell'hotel affacciava sulle piramidi, tutti scattavano le foto, ecc. In tutta questa bellezza si sentì urlare una componente del Coro di Firenze contro il Maestro Muti, perché si era accorta che nella sua camera non c'era il frigo bar e voleva sapere in base a quale criterio era stato scelto l'albergo. Essendo in tanti, era stata messa a disposizione anche un'altra ala dell'hotel, in genere inutilizzata, e quindi lei, non avendo trovato il frigo bar, inveiva contro Muti che la guardava senza rispondere."
Restando sempre nell'ambito della musica, ma allontanandoci solo per un attimo da quella classica, c'è invece all'interno della scena musicale leggera un artista o un gruppo che le piace?
"Adoro i Pooh, gruppo italiano storico, e mi piace anche molto Sergio Cammariere. Per quanto riguarda i gruppi stranieri preferisco i Queen. Gli Europe anche non erano male, molto anni Ottanta."
Lei dirigerà il Coro del San Carlo fino al dicembre 2011. Quali saranno i suoi impegni futuri?
"Beh, per il momento penso a questo impegno preso al San Carlo, perché sono dell'opinione che quando ci si impegna in una cosa non debbano esserci ulteriori distrazioni. La mia teoria è che in un coro ci si debba stare da un minimo di quattro a un massimo di sei, sette anni, al fine di non cambiare spesso facce e direttori. In seguito mi piacerebbe lavorare o in Francia o in Germania, però non c'è nulla di definito, non lo so ancora. Qui c'è il vantaggio che sono vicino a casa, dopo tanti anni trascorsi all'estero."
In cosa differisce la sua esperienza al San Carlo rispetto agli altri Teatri in cui ha lavorato?
"Il pubblico fiorentino è molto aristocratico, più freddo e anche il repertorio è più sofisticato e raro. Probabilmente i gusti del pubblico fiorentino sono stati anche influenzati molto dal festival che si svolge nel maggio a Firenze e che nasce proprio per proporre opere contemporanee e un repertorio più particolare. Buenos Aires è una realtà molto più grande dove ogni giorno i circa dieci giornali della città parlano del Teatro. Quando quest'ultimo è stato riaperto in piazza si contavano sessantamila persone, c'erano i maxi schermi e tutto era inebriante, ogni opera era un evento, quindi lì si concepisce il teatro più come fenomeno mediatico e pubblico. Qui siamo in un momento di passaggio dei teatri, le organizzazioni analizzano se ci sono costi più o meno elevati e lo Stato spende anche molto per il teatro in sé, ma mai quel dieci per cento in più per abbassare i prezzi dei biglietti, per cui il teatro negli anni è diventato un fenomeno elitario. Qualsiasi direttore voglia realizzare uno spettacolo non riesce a coprire le spese e c'è bisogno di mettere biglietti ad alto prezzo, quando con una cifra più modica ci sarebbe anche una maggiore promozione della musica classica."
Dopo una carriera come la sua, ha ancora "un sogno nel cassetto"?
"Alla fine di questa fase della mia carriera mi piacerebbe aprire una scuola di canto in una cittadina tranquilla, non so se in Spagna, Argentina o Italia. In Italia penso comunque alle cittadine piccole, come quelle umbre, rispetto alle metropoli di Buenos Aires e Napoli ad esempio."
Marialberta Lamberti
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