Tra diritto carta straccia e rivoluzione del fare
Tra diritto carta straccia e rivoluzione del fare
Gli autori di Carta straccia. Economia dei diritti sospesi presentano il volume collettaneo presso la libreria Ubik
Napoli, 30 giugno 2011. Un pubblico numeroso assiste alla presentazione di Carta straccia (Ad est dell’equatore, Napoli, 2011), testo a cura della professoressa Luigia Melillo, docente di Storia della medicina e Bioetica interculturale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, e del dottor Antonio Esposito.
Il titolo, come del resto il sottotitolo, appena visibile sulla copertina solo per i più attenti, si riferisce a svariate situazioni in cui anche i più elementari diritti umani, sanciti dalla Costituzione stessa, vengono completamente accantonati a discapito di chi è più comodo stereotipare come “altro” o “diverso”: i detenuti come gli immigrati, le donne come i malati, i “pazzi” come gli animali, ma anche i giovani post-laureati e potenzialmente tutti noi.
Più autori, ciascuno con competenze e background diversi, da studiosi a studenti a giornalisti, forniscono il loro contributo in saggi che rendano il valore testimoniale di esistenze mancate, ora denunciandone le circostanze, ora offrendo speranza e fiducia nell’idea di poter resistere e riuscire a realizzare in pieno l’incontro con l’altro, che non è altro-da-sé ma parte integrante della stessa identità di ciascuno.
Ad aprire e moderare l’evento il dottor Dario Stefano Dell’Aquila, anch’egli coautore del testo, il quale sottolinea come si tratti di “un libro di persone che si vogliono bene e che tramite esso si impegnano per riunire vari affetti, anche geograficamente distanti”.
Introduce, quindi, al senso stesso del volume, precisando come l’incontro verterà solo su parte del testo, quella relativa alla negazione dei diritti umani rispetto al tema del lavoro, inteso da punti di vista differenti.
Il primo ad intervenire è Giovanni Carbone, il quale, partendo dal referendum indetto dalla Fiat nel maggio del 2010 a Pomigliano, nota come lo strumento di democrazia diretta per eccellenza fosse in realtà un paradosso giuridico, e lo stesso votare per il sì un ricatto bello e buono. Il tutto perfettamente rispondente ad un’era della sottrazione in cui il corpo operaio, proprio quella forza cui non si può rinunciare a dispetto del progresso tecnologico, è ridotto a zero ed automatizzato solo in virtù della competizione finanziaria e del reddito da capitale.
Segue, poi, la giovanissima Rossella Arpino, la quale, visibilmente emozionata, confessa le sue paure di recente laureata costretta ad un’inevitabile condizione di precariato. Call center? Stage? Scappare? No. Sebbene “non so più chi sono, a quale categoria appartengo” preferisce non lasciarsi sopraffare dalla paura, e lottare ogni giorno contro la difficoltà che si aprano le porte di un possibile futuro.
Significativa è, inoltre, la testimonianza di Paola Perretta e Simmaco Perillo, coniugi che gestiscono la cooperativa sociale Al di là dei sogni a Maiano di Sessa Aurunca, Caserta. Il loro tentativo è quello di restituire ad esistenze mancate la possibilità di realizzare il proprio progetto di mondo, anziché restare sospesi in una sorta di epoché husserliana: contro le catalogazioni imposte dai sistemi socio-sanitari attraverso le etichette di pazzi o pericolosi, lo scopo è quello di riabilitare individualmente persone con disagi fisici o psichici grazie ad un welfare di comunità che renda il senso vero del prendersi cura come avere a cuore.
Lo stesso che è riuscito a fare Peppe Pagano nella sua terra, San Cipriano D’Aversa, dove ha riunito in una terra confiscata alla camorra una comunità di persone letteralmente strappate a cliniche private o case di cura. Difficile vincere la diffidenza delle istituzioni, ancor più quella degli abitanti del luogo, eppure la NCO (Nuova Cucina Organizzata) è a tutti gli effetti un’attività in cui persone inizialmente destinate al rango di non-persone sono state reinserite nella società e nella loro vita stessa.
Il lieto fine sembra utopico, testimonianze agghiaccianti di amare sconfitte non mancano, eppure il lavoro e la tenacia di gente come questa pone degli interrogativi notevoli, e soprattutto infonde la speranza nell’abbattimento di barriere identitarie affinché l’essere-per-l’altro trovi nell’azione la sua forza maggiore.
Luisa Lupoli
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