Tra Salerno e il Giappone: storia di un legame

 

Tra Salerno e il Giappone: storia di un legame

Annalaura Valitutti, laureata all'Orientale di Napoli

 

Annalaura Valitutti lavora per il Dipartimento culturale dello Yomiuri Shinbun e collabora con il Servizio Didattico del Museo Nazionale d'Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ di Roma

 

Annalaura Valitutti, Lei, laureata all’Orientale, è stata nominata ambasciatrice del gemellaggio Tōno-Salerno. Come mai le due città sono gemellate?

Ho ricevuto il titolo di ambasciatrice del gemellaggio Tōno-Salernonel 2005 dal Sindaco di TōnoHonda Toshiaki in occasione della cerimonia ufficiale per il 20esimo anniversario del gemellaggio.
In realtà le due città sono molto diverse tra loro: Tōno è una cittadina di circa 30.000 abitanti nella Prefettura di Iwate nel nord-est dell’Honshū e si trova in una zona immersa nel verde circondata da montagne e risaie; Salerno con i suoi 130.000 abitanti si affaccia sul Mar Tirreno e si estende tra la Costiera amalfitana e la Piana del Sele ed il Cilento. L’occasione di questo gemellaggio nacque dalla proiezione del film Tōno monogatari − tratto dall’omonima opera letteraria di Yanagita Kunio − che vinse il 35esimo Festival Internazionale del Cinema di Salerno. Dopo aver visto il film, l’allora Sindaco di Salerno affidò al regista Murano Tetsutarō una lettera per il Sindaco di Tōno proponendo così il gemellaggio. Nel 1983 il Consiglio municipale approvò la proposta all’unanimità e dall’8 agosto 1984 la città di Salerno e quella di Tōno sono ufficialmente gemellate. Da allora sono numerose le visite reciproche tra le delegazioni delle due città. Personalmente dal1999come sostenitrice volontaria svolgo attività di collaborazione con la città di Tōno al fine di promuovere la mutua comprensione e l’amicizia tra la miacittà e quella giapponese.

Lei si è laureata nel 2003 in “Studi comparatistici” (indirizzo linguistico-letterario), la forma sperimentale di quello che è poi diventato il Corso di laurea in “Lingue e culture comparate”. È contenta della scelta che compì allora? Quali lingue ha studiato? Ha trovato buona l’idea dell’abbinamento di una lingua occidentale e di una orientale?

Dopo essermi diplomata al Liceo linguistico, dove avevo studiato inglese, tedesco e spagnolo, avevo le idee ben chiare sul nuovo percorso da intraprendere: volevo imparare il giapponese! Sin da piccola il Giappone mi aveva affascinato e già nell’ultimo anno di Liceo avevo dedicato gran parte del mio tempo libero alla lettura di romanzi di scrittori giapponesi. Nonostante la mia risolutezza ero spaventata dalle difficoltà che avrei potuto incontrare nell’apprendere una lingua così difficile e perciòiniziai a valutare seriamente il Corso di Laurea in “Studi comparatistici” che permetteva di acquisire una buona preparazione linguistica, letteraria e culturale relativa a un Paese orientale, ma di abbinare a questa un uguale percorso in ambito occidentale. La lingua inglese fu la mia successiva scelta. Ho sempre amato la letteratura di questo Paese e l’inglese è la “lingua internazionale” per eccellenza. Questo fu il motivo principale. Successivamente, quando ho apprezzato e compreso meglio l’importanza di un’impostazione comparatistica per lo studio dei testi letterari ho realizzato che per me quella era stata la scelta giusta. Accanto all’attitudine per la lettura che sottintende la scelta di un simile indirizzo e alla capacità di interpretazione e critica che si affina durante il percorso universitario, una formazione volta alla comparazione, al confronto tra forme di civiltà lontane nel tempo e nello spazio – che non necessariamente presuppongono dei “paralleli” – è secondo me indispensabile per la comprensione di contesti culturali diversi e per educare se stessi alla multiculturalità.

Lei discusse la tesi col prof. Giorgio Amitrano, con voti 110 e lodee dignità di pubblicazione. L’argomento era «Alla scoperta di Oshirasama: il culto di una divinità popolare del Tōhoku». Di che cosa si trattava? Vuol darci una breve sintesi del Suo lavoro?

Oshirasama è il nome di una divinità popolare venerata nel Tōhoku ed è anche un racconto contenuto nel Tōno monogatari pubblicato nel 1910 da Yanagita Kunio, considerato il fondatore degli studi sul folclore giapponese. Si tratta di una storia d’amore tra la figlia di un contadino e un cavallo che termina tragicamente con la morte dell’animale e la sua divinizzazione. Le origini del racconto sembrano essere cinesi e risalire al Sōshinki di Kan Pō. Ho cercato di rintracciare il motivo della storia dei due amanti e dell’origine della sericoltura legata ad essa negli antichi testi letterari del Giappone e nella tradizione orale di Tōno mettendo in evidenza le sostanziali differenze con la versione continentale. Inoltre, l’esistenza in Giappone di un testo dal simile contenuto recitato dalle itako durante le cerimonie per celebrare la divinità −che in alcuni luoghi è rappresentata figurativamente da due bastoncini in legno di gelso raffiguranti nella parte alta il volto di una fanciulla e la testa di un cavallo − farebbe pensare a uno stretto legame tra il racconto e la venerazione della divinità, ma la scarsa e frammentaria documentazione rende tuttora assai difficile chiarire il problema delle origini e dell’evoluzione del culto. In Italia questo argomento non era mai stato trattato prima e perciòla ricerca che ho effettuato è stata principalmente su testi giapponesi −oltretutto di limitata diffusione −che sono riuscita a reperire solo trascorrendo un periodo a Tōno.

Il prof. Amitrano è uno studioso di prestigio. Certamente è stato un relatore molto attento.

Certo. Il prof. Amitrano è uno studioso di grande prestigio; è conosciuto per le sue eccezionali doti di traduttore e credo che la maggior parte degli studenti di lingua giapponese si sia avvicinata a questa cultura grazie alle sue traduzioni. Personalmente nutro verso di lui sentimenti di profonda stima e riconoscenza sia per la sua professionalità sia per la grande sensibilità e umanità. Ogni studente desidera essere indirizzato, ascoltato e consigliato durante la preparazione della tesi e ricordo che nonostante fossimo in molti a laurearci con lui, a ricevimento ci dedicava il tempo che necessitavamo e ci accoglieva sempre con il sorriso.

Ricorda, in modo particolare, qualche altro docente?

Ricordo con grande stima il prof. Tamburello che è stato anche il correlatore della mia tesi di laurea. È un grande studioso e umanista. Durante la preparazione della tesi, specialmente nel difficile problema della ricerca delle origini dell’oggetto del culto della divinità, le osservazioni del prof. Tamburello stimolavano in me nuove riflessioni e mi portavano continuamente a mettere in discussione aspetti già trattati e a prenderne in considerazione altri. Ho un caro ricordo anche del prof. Calvetti e del prof. Vita che ho ritrovato a Tokyoqualche anno dopo la laurea.

È stata spesso in Giappone? Per la tesi, o non solo per la tesi?

Durante il percorso universitario mi sono recata piùvolte a Tokyoper seguire dei corsi di lingua. Per la tesi di laurea ho trascorso a Tōno un lungo periodo di ricerca sia per la registrazione e per le interviste sia per reperire il materiale bibliografico inerente all’argomento.
Dopo la laurea ho seguito un corso di lingua di un anno alla Naganuma Japanese School. Al mio rientro in Italia ho seguito un Master in Comunicazione e Relazioni pubbliche de IlSole 24ore, che mi ha poi portato a svolgere uno stage all’ICE di Osaka.

Dal 2006 al 2008 Lei ha lavorato presso il Dipartimento Culturale del quotidiano giapponese Yomiuri Shinbun di Tokyo(il quotidiano con maggiore diffusione al mondo con oltre 14 milioni di copie al giorno).

Nel 2005 ho fatto una breve esperienza lavorativa al Padiglione Italia del Commissariato Generale per l’Esposizione Universale di Aichi. In quell’occasione ho conosciuto i rappresentanti del Dipartimento Culturale dello Yomiuri Shinbun di Tokyo. Lo Yomiuri aveva organizzato l’esposizione del Satiro danzante di Mazara del Vallo al Tokyo National Museum prima che il bronzo venisse esposto all’interno del Padiglione Italia e si apprestava a realizzare nuovi progetti concernenti la cultura italiana in Giappone. Nel luglio 2006 ho cominciato a lavorare presso il Dipartimento Culturale e mi sono occupata principalmente dell’organizzazione di mostre d’arte in tutte le fasi: dal progetto alla trattativa dei prestiti, alla pianificazione e organizzazione delle attività. Sin da subito mi hanno affidato compiti di grande responsabilità e questo mi ha fatto riflettere su quanta poca fiducia e possibilità in termini di crescita si ricevano in contesti lavorativi italiani.
È vero, le aziende giapponesi pretendono molto dai loro impiegati ma allo stesso tempo investono tanto su di loro, specialmente se si tratta di giovani. L’azienda è come una famiglia, con i suoi pro e contro. Il Dipartimento Culturale dello Yomiuri è per metà costituito da donne giovani e in gamba. Non ho respirato un’aria di competitività ma di grande collaborazione. Un obiettivo raggiunto non è un successo del singolo ma del gruppo, di tutto il Dipartimento.
Tuttavia, non posso dire di non essermi imbattuta in qualche difficoltà. Ero l’unica straniera non solo del mio Dipartimento ma di tutta la sezione e non avevo la possibilità di confrontarmi con un occidentale. I primi due, tre mesi sono trascorsi nel cercare di capire l’organizzazione dell’azienda, la gerarchia all’interno del dipartimento, la distribuzione dei compiti. Ero lì per mia scelta e volevo adeguarmi al loro sistema. Più ricevevo nuovi incarichi e più cercavo di dare il meglio di me per ripagare della fiducia ricevuta.
Prima dell’inaugurazione delle mostre il tempo sembrava non bastare mai. A causa del fuso orario potevo contattare i musei italiani solo dalle ore pomeridiane perciòspesso capitava di lavorare fino a tardi. Essere il tramite tra la parte italiana e quella giapponese, cercare di trasmettere le intenzioni e le volontà altrui traducendole nei giusti modi per far sì che vengano recepite senza possibilità di incomprensioni o fraintendimenti è un compito davvero difficile e non semplicemente per motivi linguistici. Talvolta, anche se si organizza una mostra su uno dei grandi maestri dell’arte italiana, non bisogna dare per scontato che tutti i giapponesi lo conoscano né bisogna sopravvalutare la sua forza attrattiva perché i giapponesi hanno una sensibilità diversa rispetto alla nostra e questo aspetto deve essere tenuto in considerazione in tutti i momenti, dalla trattativa alla definizione della campagna pubblicitaria. Ma organizzare una mostra d’arte è davvero un lavoro affascinante. Dopo che le opere arrivavano nel museo giapponese, all’apertura delle casse c’era sempre una grande emozione e le difficoltà svanivano. Vedere come il pubblico giapponese ammira e apprezza il nostro patrimonio artistico e culturale mi ha fatto sentire orgogliosa di essere italiana.

Di che cosa si occupa attualmente?

Attualmente vivo a Roma ma lavoro sempre per il Dipartimento culturale dello Yomiuri Shinbun continuando ad occuparmi dell’organizzazione di mostre d’arte. Dal 2010collaboro anche con il Servizio Didattico del Museo Nazionale d'Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ di Roma in progetti volti all’educazione interculturale.

A Salerno si sta organizzando qualche manifestazione di solidarietà col Giappone, dopo il disastroso terremoto?

Sì. Dopo aver appreso la notizia del terremoto e del devastante tsunami ho contattato il sindaco Honda e il  Sig. Ishida Hisao, funzionario dell’Ufficio Culturale del Comune di Tōno, i quali mi hanno informata che la città −grazie alla sua interna posizione geografica −non ha subito ingenti danni e non ci sono state perdite umane. Tuttavia, data l'entità del tragico evento, le strutture pubbliche sono state adibite a luogo di accoglienza dei numerosissimi sfollati provenienti dalle zone limitrofe. Infatti, proprio tra le città sulla costa completamente rase al suolo vi è quella di Kamaishi che dista solo pochi kilometri da Tōno. 
Credo che ogni patto di gemellaggio non sia solo un formale accordo di relazioni reciproche volte all’intensificazione dei rapporti culturali, sociali, politici ed economici tra le città ma anche e soprattutto un impegno morale al mantenimento della pace, alla solidarietà e all’incontro tra i popoli. Ho reputato perciòdoveroso far sentire alla città giapponese gemellata il sostegno e l’affetto dei salernitani. 
Ho inviato al Sindaco di Salerno una lettera per chiedere la sua collabrazione al fine di organizzare una raccolta di fondi da inviare al Comune di Tōno. La Giunta municipale di Salerno ha aperto un conto corrente apposito ed ha stanziato la somma di Euro 10.000,00 a favore del Comune di Tōno. Inoltre,grazie alla collaborazione di due fotografi romani che hanno visitato Tōno qualche anno fa, sto organizzando una mostra fotografica sulla più grande festività che si tiene annualmente nella città giapponese. L'esposizione si svolgerà a Salerno nel mese di giugno. Le stampe fotografiche saranno messe in vendita e l’intero ricavato sarà versato sul conto corrente attivato dal Comune di Salerno e devoluto al Comune di Tōno.

Per chiudere: che ricordo ha dell’Orientale?

Ho un ricordo bellissimo! Specialmente dell’atmosfera della Biblioteca di Studi Asiatici e degli splendidi affreschi delle sue sale.

Francesco Messapi